CENTO SECONDI PER LA VITA
OTTO BREVI INTERVENTI TRASMESSI DA TELEPACE
1997
1
LA DIGNITÀ DELLA PERSONA UMANA
“Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove
nel deserto e va dietro quella perduta, finché non la ritrova?”
E’ l’inizio di una delle più commoventi parabole del Signore.
Che cosa ci commuove e ci stupisce ogni volta che ascoltiamo queste parole?
E’ la cura che il Pastore ha di quell’una; la passione che sente per essa.
Egli non pensa: “ma di che mi preoccupo? Su cento ne ho perso una solamente:
me ne restano novantanove!”. Non solo. Il Pastore va a cercare quella sola
“finché non la ritrova”. Egli non si stanca; Egli la rivuole vicino
a sé.
Che cosa significa in fondo questo racconto? Che davanti a Dio ogni
e singola persona ha un valore assoluto, possiede una preziosità
infinita. Davanti al Signore non esiste il genere umano: esisto io, esisti
tu; non esiste una folla più o meno grande di uomini e donne: esiste
il singolo. Ecco perché pur restandogliene novantanove, si preoccupa
di quell’unica.
Approfondiamo un momento questa verità. Poiché la persona,
ogni persona, possiede un valore infinito, essa non può essere scambiata
con niente. Gesù infatti ha detto: “Che cosa vale per l’uomo, guadagnare
il mondo intero se poi perde se stesso?” Cioè: il mondo intero vale
meno di una sola persona. Il valore della persona non dipende da ciò
che ha, ma dal puro e semplice fatto di essere una persona. Allora non
ci sono persone che valgono di più di altre o meno di altre: una
persona già concepita e non ancora nata non vale meno di una persona
adulta. Ogni persona gode della stessa dignità e merita lo stesso
rispetto, la stessa venerazione.
2
IL FONDAMENTO DELLA DIGNITÀ DELLA PERSONA UMANA
“In Cristo ci ha scelti prima della creazione del mondo, predestinandoci
ad essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo”.
Sono parole che troviamo nella Lettera agli Efesini: esse hanno un
significato immenso. Ci svelano la ragione ultima, il fondamento ultimo
della dignità infinita di ogni persona.
Due domande soprattutto ci portiamo dentro al core: da dove vengo?
Dove sono indirizzato? “Da dove vengo?” cioè: che cosa spiega il
mio esserci? E’ per caso che io esisto? Il fatto della mia vita è
una pura casualità? Non esisti per caso. Tu esisti, perché
sei stato scelto: sei stato pensato e voluto dal Padre che è nei
cieli. Quando? Prima della creazione del mondo, Egli ti ha pensato, ti
ha voluto. Ha pensato proprio a te; ha voluto proprio te. I tuoi genitori
volevano, desideravano genericamente un bambino/una bambina. Il Padre che
è nei cieli ha pensato a te e voluto te, quando il mondo non esisteva
ancora. Ecco da dove vieni: tu vieni da un atto di amore del Padre.
Ma portiamo nel cuore anche un’altra domanda: dove vado? Cioè:
a che cosa sono destinato? Al nulla eterno? “Predestinandoci ad essere
suoi figli adottivi”: Egli ha voluto che tu esistessi, perché vuole
che tu sia partecipe della sua stessa Vita, come figlio adottivo. Ora possiamo
capire perché ogni e singola persona possiede una dignità
infinita: a causa dell’intimo legame che unisce ogni e singola persona
a Dio creatore e Padre. Ogni e singola persona è voluta in ogni
istante della sua vita da Dio stesso, e chiamata a partecipare alla Sua
stessa Vita divina. Anche tu, in questo momento! Ecco perché la
persona umana non appartiene, non può appartenere a nessuno se non
a Dio stesso; ecco perché Dio ha nel cuore un sorta di passione
per ogni persona: è la sua creatura in modo unico, come non lo è
nessun altra creatura.
“Che cosa è l’uomo perché te ne ricordi, il figlio dell’uomo
perché te ne prendi cura?” si chiede il salmista. Al paragone dell’immensità
dell’universo, la singola persona sembra niente. Eppure tutto l’immenso
universo vale meno di una sola persona umana, poiché solo l’uomo
è stato voluto da Dio per Se stesso.
3
L’INVIOLABILITÀ DELLA VITA UMANA
“Domanderò conto della vita dell’uomo all’uomo, a ognuno di suo
fratello, perché ad immagine di Dio Egli ha fatto l’uomo” (Gen.
9,5-6).
Queste solenni parole sono state dette dal Signore Iddio a Noè,
dopo il diluvio, ed in Noè ad ognuno di noi. Non toccare, non violare
la dignità di una persona umana, non distruggerne la vita, perché
te ne sarà chiesto conto: nessuno ha diritto di disporre della vita
di un altro.
La persona umana e la sua vita sono inviolabili, perché
sono proprietà esclusiva e dono di Dio Creatore e Padre: Egli è
l’unico Signore della persona e della vita umana. Dobbiamo pensare questa
“proprietà” che Dio Creatore e Padre esercita nei nostri confronti
non come un arbitrio minaccioso, bensì come cura e sollecitudine
di Padre per ciascuno di noi. Egli conta - dice Gesù - perfino i
capelli del nostro capo e non ne cade neppure uno, senza che Egli lo voglia.
Dobbiamo sentire profondamente, intimamente questa appartenenza al Signore,
che ci rende inviolabili di fronte a tutti, come la sentiva il salmista:
“Io sono tranquillo e sereno come bimbo svezzato in braccio a sua madre”.
Questa inviolabilità della persona nella sua vita, fondata ultimamente
sulla singolare relazione che ogni persona ha con Dio Creatore, si esprime
nel comandamento: “Non uccidere”. “La scelta deliberata di privare un essere
umano innocente della sua vita è sempre cattiva dal punto di vista
morale e non può mai essere lecita” (EV 57): anche quando una sedicente
legge umana lo giustificasse.
Questa proibizione “non uccidere” riguarda ugualmente ogni essere umano
innocente: nel diritto alla vita, ogni persona umana innocente possiede
la stessa inviolabilità. Essere padrone del mondo o l’ultimo miserabile
si questa terra, non conta nulla. Davanti alla legge di Dio “non uccidere”
siamo tutti assolutamente uguali. Anzi, se mi è consentito esprimermi
in questo modo, qualcuno è più uguale degli altri. Chi? i
più deboli, i più indifesi. Sono soprattutto due categorie
di persone: la persona già concepita e non ancora nata, e la persona
ammalata di una malattia ormai terminale. E di queste due persone e dei
due abominevoli delitti che le privano della loro vita, parleremo nei prossimi
due incontri.
4
L’ABOMINEVOLE DELITTO DELL’ABORTO
“Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo; prima che tu uscissi
alla luce, ti avevo consacrato” (Ger. 1,5).
Queste parole sono state dette dal Signore al profeta Geremia, ma sono
vere anche per ciascuno di noi. Esse, se le ascoltiamo nel cuore, suscitano
un’indescrivibile commozione. Parlano del formarsi della persona umana
nel grembo materno e ci dicono che questo avvenimento, così mirabile
e misterioso, non accade per caso: quella persona che viene concepita e
formata sotto il cuore della madre, è già conosciuta
e voluta nel cuore di Dio. ecco perché fra i delitti che l’uomo
può compiere contro la vita, l’aborto procurato è semplicemente
“abominevole”. Esso è, infatti, l’uccisione deliberata e diretta,
comunque venga attuata, di una persona umana nella fase iniziale della
sua esistenza, quella compresa tra il concepimento e la nascita. Perché
è un delitto “abominevole” più di chiunque altro? perché
uccide la persona più innocente che esista; perché uccide
la persona più debole ed incapace di difendersi che esista; perché
uccide la persona che più di ogni altra si affida alla cura degli
altri.
Esiste oggi attorno a questo abominevole delitto una vera e propria
congiura della menzogna, che mira a nascondere la realtà, anzi a
chiamare bene il male. Si chiama infatti l’aborto, una “libera decisione”
per la maternità. In realtà, la donna che ricorre all’aborto,
non decide se diventare o non madre: ella è già madre. Decide
semplicemente di uccidere il proprio figlio, che già esiste. Anzi,
ancora peggio, si cerca di far rientrare l’aborto nei programmi di “salute
riproduttiva”: come se la maternità fosse una malattia! Non solo,
ma si presentano le legislazioni abortive come scelta di rispetto delle
varie opinioni in una società sempre più pluralista: l’unica
opinione a non essere rispettata è tuttavia quella della persona
più interessata a tutta la questione, quella che vive nel grembo
materno!
“Quello che avete fatto al più piccolo di questi miei fratelli,
l’avete fatto a me!”: nel bene e nel male!
5
IL DELITTO DELL’EUTANASIA
“Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo dunque del Signore” (Rom 14,8).
Sono parole che l’apostolo Paolo scrisse ai cristiani di Roma ed attraverso
li lui lo Spirito Santo a ciascuno di noi. Sono stupende: esse ci parlano
della verità della nostra totale appartenenza al Signore, in qualsiasi
condizione noi ci troviamo. In qualsiasi condizione, in qualsiasi situazione
non cessa la nostra appartenenza al Signore, poiché niente, né
morte né vita, ci può separare dall’amore che il Padre ha
per ciascuno di noi. Proviamo allora a prendere in esame una situazione
umana molto particolare, quella della malattia. Anzi, della c.d. malattia
terminale, la malattia cioè giunta ad un tale grado di gravità
da non consentire più speranza alcuna di guarigione, ma solo l’imminenza
della morte, spesso fra sofferenze gravi.
Di fronte ad una persona umana che si trova in queste condizioni, che
cosa significa “rispetto della dignità della persona e delle vita
umana”? Non significa certamente due cose, sulle quali vorrei attirare
la vostra attenzione.
- Non significa attribuirsi il diritto di procurarsi in anticipo la
morte o di procurarla ad altri, ponendo così fine «dolcemente»
alla vita propria ed altrui. E’ l’eutanasia, cioè un’azione od omissione
che di natura sua e/o nell’intenzione procura la morte, allo scopo di eliminare
ogni dolore. L’eutanasia, dunque, può configurarsi, o come suicidio
o come omicidio. Sia in una forma sia nell’altra, l’eutanasia è,
nella sua intima natura, rifiuto di riconoscere la sovranità assoluta
di Dio sulla vita e sulla morte. Quando poi l’eutanasia assume la forma
dell’omicidio, acquista una particolare gravità: sulla base di che
cosa medici e legislatori si arrogano il diritto di decidere chi merita
di vivere e chi deve morire?
- Rispetto della vita dell’ammalato terminale non significa neppure
ciò che oggi viene chiamato accanimento terapeutico, cioè
interventi medici non più adeguati alla reale situazione dell’ammalato,
perché ormai sproporzionati ai risultati che si potrebbero sperare
e anche perché troppo gravosi per lui e la sua famiglia. Rinunciare
a questi trattamenti assolutamente sproporzionati significa semplicemente
riconoscere umilmente la nostra condizione di creature davanti a Dio.
- Non dunque eutanasia, non accanimento terapeutico, ma la via dell’amore
e della vera pietà, che aiuta il malato all’incontro definitivo
col Signore: “nessuno di noi vive per se stesso e nessuno muore per se
stesso...”.
6
LA DIGNITÀ DELL’AMORE CONIUGALE
“Dio li benedisse e disse loro: siate fecondi e moltiplicatevi, riempite
la terra” (Gen 1,28).
Queste parole ci svelano un grande mistero: all’origine di ogni persona
umana non sta solamente l’atto creativo di Dio, ma anche l’atto generativo
dell’uomo e della donna. Perché questo è un grande mistero?
perché in questo avvenimento si ha una certa partecipazione-cooperazione
dell’uomo e della donna all’opera creatrice di Dio. E’ un fatto che ci
riempie di profonda commozione. Il Padre celebra il suo Amore redentivo,
quando nei templi celebriamo la divina Eucarestia; il Padre celebra il
suo Amore creativo, quando due sposi si uniscono, divenendo due in una
sola carne, ponendo le condizioni del concepimento di una nuova persona
umana. L’atto dell’amore coniugale è il tempio santo in cui Dio
celebra la liturgia del suo Amore creatore. Se devono essere degni, santi
e pieni di bellezza i templi di pietra, nei quali Dio celebra il suo Amore
redentivo, non meno degno, santo e pervaso da intima bellezza deve essere
il tempio dell’amore coniugale in cui Dio celebra il suo Amore creativo.
Ora siamo in grado di renderci conto di tutta la dignità che
possiede e deve possedere l’atto della generazione umana. Essa non è
un evento puramente biologico, teso a dare origine ad un individuo, per
perpetuare una specie, quella umana. Come già abbiamo detto tante
volte, questo modo di pensare non rispetta la verità della persona.
Ogni persona è scelta, cioè pensata e voluta già prima
della creazione del mondo: il suo concepimento quindi non è un evento
dovuto al casuale incrociarsi di forze impersonali. Nella biologia della
generazione è inscritta la generazione della persona: è presente
l’attività creativa di Dio. L’attività generativa umana è
in un certo senso il “sacramento” dell’attività creativa di Dio:
l’amore del Creatore trova la sua adeguata cooperazione nell’amore dei
due sposi. Non era dunque un’esagerazione, quando un Padre della Chiesa
affermava che il matrimonio era stato elevato al di sopra di tutti i doni
terreni perché artefice di immagini di Dio.
Vedete: la dignità della persona e della vita umana ci ha condotti
a contemplare la dignità del matrimonio e dell’amore coniugale.
La stima dell’una sta in piedi o cade assieme alla stima dell’altro. Infatti
fra vita umana, dono della vita ed amore coniugale esiste un nesso intrinseco:
averlo spezzato è stato una delle grandi disgrazie spirituali del
nostro tempo. Ma di questo parleremo nel prossimo incontro.
7
LA PROCREAZIONE ARTIFICIALE E LA CONTRACCEZIONE
La dignità della persona umana, il rispetto assoluto che si deve
alla sua vita, esigono che la vita umana abbia origine non in un
qualsiasi modo, ma in un modo tale che colui che va ad essere concepito
sia rispettato nella sua dignità infinita. Quale è il modo
giusto, cioè adeguato alla dignità sua propria, di concepire
una persona umana? Ne esiste uno solo: l’atto proprio dell’amore coniugale,
quell’atto cioè in cui i due sposi si donano reciprocamente così
da essere “due in una carne sola”. Perché solo questo modo rispetta
la dignità della persona? Proviamo ad esaminare l’altro modo, cioè
quello artificiale. Intendo parlare della fecondazione in vitro.
Questo procedimento è tale per cui chi pone le condizioni del
concepimento non sono più gli sposi, ma un tecnico. Gli sposi offrono
solo il “materiale germinale” che poi, debitamente manipolato dal tecnico,
potrà dare origine ad una persona umana. Se riflettiamo attentamente,
noi vediamo in questo procedimento una vera e propria produzione di una
persona: ora si producono le cose, non le persone.
Che questo procedimento sia governato da una “logica produttiva” è
confermato puntualmente da molti elementi. Si producono più embrioni,
per essere sicuri del risultato. Si chiamano “embrioni sovra-numerari”:
l’espressione è terribile! Una persona può essere in sovra-numero?
In ordine a che cosa? ma la persona umana non è semplicemente numerabile!
ognuna è unica nel suo incalcolabile valore. Inoltre, ormai un bambino
non lo si rifiuta più a nessuno: alle coppie lesbiche o gay; alla
donna anziana e sola. E’ la tremenda logica del “bisogno-richiesta-offerta”.
Si dimentica semplicemente che il concepito è una persona! E nessuna
persona può essere vista solo come qualcosa di cui ho bisogno per
la mia felicità, a cui ho diritto. Ho diritto alle cose, non alle
persone.
Ma la rottura del vincolo che lega amore coniugale a dono della vita,
non va solo nel senso che si separa la vita dall’amore coniugale colla
procreazione artificiale, ma anche nel senso che si separa l’amore coniugale
dalla vita con la contraccezione. La contraccezione contraddice precisamente
l’integra verità dell’amore coniugale e della sua espressione propria.
Ricuperare pienamente il senso della dignità della vita e del
suo valore equivale in primo luogo a recuperare una profonda stima dell’amore
coniugale: una profonda stima di cui oggi sentiamo urgente bisogno.
8
GESÙ CRISTO, RIVELAZIONE DELLA NOSTRA DIGNITÀ
“Il Verbo si è fatto carne ed ha preso dimora fra noi”.
Siamo giunti alla fine di queste nostre riflessioni sul valore della
vita umana, sulla dignità della persona. Le sette riflessioni precedenti
erano come sette raggi che, pur partendo da punti di vista diversi, andavano
tutte verso un centro. Quale? Gesù Cristo, la sua persona, la sua
vita, la sua morte e risurrezione. E’ in Lui infatti che noi vediamo, noi
conosciamo la verità intera circa l’incomparabile dignità
della persona umana ed il valore della vita. Egli infatti è il Dono
che il Padre ci ha fatto, perché noi avessimo la vita e l’avessimo
in abbondanza. In Lui noi abbiamo la suprema rivelazione di quanto il Padre
sia interessato a ciascuno di noi, se per salvarci ha deciso che il suo
Unigenito Figlio morisse sulla Croce. Ed infatti, quando l’uomo scoprì,
seppe durante la notte di Natale, per la prima volta, che Dio era venuto
a visitarlo in quel modo, si accese nel suo cuore un immenso stupore: lo
stupore di fronte alla dignità della sua persona. Quello stupore
non è più cessato: è il Vangelo, è il Cristianesimo.
Ma vorrei richiamare la vostra attenzione, ammirata e stupita, su due
aspetti dei questa rivelazione della dignità dell’uomo, che risplende
in Gesù Cristo.
Egli ha percorso tutto il cammino dell’esistenza umana, anche i nove
mesi dentro al grembo di una donna. Anzi la prima volta che l’uomo riconobbe
che Dio lo aveva visitato, fu quando si trovava ancora nel grembo di Maria;
non solo, ma a riconoscerlo fu un’altra persona umana già concepita
e non ancora nata. Oh mirabile incontro, il primo, dell’uomo col Dio fatto
uomo! ambedue ancora nel grembo materno.
L’altro aspetto su cui voglio richiamare la vostra attenzione è
il seguente: il Verbo fattosi uomo si identificò coi più
piccoli! Quale meraviglia questa umiltà di Dio, e nello stesso tempo
come ora risplende la gloria della persona umana come tale, come persona
umana! Egli arrivò perfino a dire: “quello che avete fatto a uno
di questi piccoli, l’avete fatto a me”. Mai era stata annunciata una tale
identificazione: ciò che si fa al più piccolo degli uomini,
è fatto al Figlio di Dio, a Dio stesso.
Sia sempre nel nostro cuore questa certezza: la certezza che ciascuno
di noi ha davanti a Dio un valore assoluto.
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