MEDITAZIONE VEGLIA DELLA PACE
Santuario del Crocefisso
31 dicembre 1997
Carissimi,
ogni incontro sulla pace può essere insidiato dal pericolo
che la pace sia opera di chi ha responsabilità “grandi” nel campo
economico o politico e che a noi competa solamente la preghiera rivolta
al Signore perché precisamente Egli illumini e guidi “loro” alla
costruzione della pace. Uno dei meriti non ultimi del messaggio del S.
Padre è di averci insegnato, ricordato che la pace è opera
di ciascuno in quanto nasce dall’esercizio di una virtù morale,
la giustizia, che fa parte della fisionomia morale di ogni persona umana.
L’esercizio della giustizia, una delle quattro virtù cardinali,
non è qualcosa di super-erogativo: è semplicemente un’esigenza
dell’umano o, come dice S. Paolo, è valore insito nel cuore di ogni
persona. E la pace per tutti nasce dalla giustizia di ciascuno. Vorrei
richiamare brevemente la portata fortemente innovativa di questa fondazione
etica che il S. Padre fa della pace: quanto comporti di conversione (meta-noia,
cambiamento di mentalità) il porre basi etiche della pace. “Nessuno
può dispensarsi da questa responsabilità”.
1. Il porre la pace su basi etiche, cioè sull’agire ragionevole
e libero della persona in rapporto con altre persone, ci ricorda subito
che la pace non è e non sarà mai il risultato naturale, cioè
automatico, dei meccanismi degli scambi di mercato o di una scienza e di
una tecnologia efficace. Essa è una costruzione difficile e sempre
precaria che delle libere persone umane sono chiamate a compiere: è
un compito appunto etico. La qualificazione etica di questo compito denota
il suo contenuto (compito di fare che cosa?) e i suoi attori (compito di
chi?).
1.1. Il compito di costruire la pace è compito di “fare qualcosa”:
che cosa? “La risposta dell’Occidente è stata: il benessere. Ma
noi sappiamo oggi che, per quanto fondamentale sia, il mero benessere materiale
non può essere lo scopo – o, sotto un altro aspetto, il mezzo –
della pace. Tantomeno lo può essere il mero rispetto dell’ambiente
ecologico biologicamente inteso. La pace non è soltanto – ossia
non può ridursi a – uno strumento per assicurare condizioni di benessere
materiale in un eco-sistema ‘pulito’” (P. Donati, Pensiero sociale cristiano
e società post-moderna, ed. AVE, Roma 1997, pag. 312). Questa visione
della pace, che si nutre di una visione materialista dell’uomo, deve essere
abbandonata.
Ci sono due passaggi nel testo pontificio sui quali vorrei attirare
la vostra attenzione in modo speciale. Il primo dice: “Il rispetto dei
diritti umani non comporta solo la loro protezione sul piano giuridico,
ma deve tener conto di tutti gli aspetti scaturenti dalla nozione di dignità
umana, che è alla base di ogni diritto” (2,5). Il secondo dice “…è
necessario non perdere mai di vista la persona umana, che deve essere posta
al centro di ogni progetto sociale” (3,2). Ecco: tocchiamo il “nodo” della
risposta alla domanda: “che fare, per costruire la pace?”. Si tratta di
vivere intensamente, continuamente, interiormente (in interiore homine
habitat veritas) una intuizione spirituale: l’intuizione della dignità
di ogni persona umana in quanto tale; del valore assoluto ed incondizionato
di ogni persona umana, dal momento del suo concepimento al momento della
sua morte naturale.
E’ sulla base di questa intuizione, e non su altre (come vedremo),
che si ha un “corretto fondamento antropologico” dei diritto umani e la
possibilità di vederne la loro “intrinseca correlazione”, e quindi
la loro universalità ed indivisibilità (cfr. 2,1 e 4). Che
cosa infatti significa l’espressione “diritto umano fondamentale”? Significa
ciò che la persona umana esige per poter essere pienamente se stessa;
è la relazione fra la persona e i beni sostanziali di cui ha bisogno
per essere pienamente persona; è l’indivisibile correlazione fra
persona, sviluppo di tutta la persona e di ogni persona, e i beni umani.
I beni umani, cioè quel “complesso ordinato dei «beni per
la persona» che si pongono al servizio del «bene della persona»,
di quel bene che è essa stessa e la sua perfezione” (Lett. Enc.
Veritatis Splendor 79,2). In questa prospettiva è vero quanto dice
Rosmini, che “la persona è il diritto sussistente”. Non sarebbe
difficile mostrare come solo in una corretta fondazione personalista della
pace, si salvaguardia l’universalità dei diritti umani (ogni persona
concreta è il diritto sussistente) e la loro indivisibilità
(tutta la persona concreta è il diritto sussistente).
Ci eravamo chiesti che cosa significa costruire la pace. In sintesi,
abbiamo risposto: non significa costruire una coesistenza priva di conflitti
fra opposto egoismi, ma una convivenza nella quale le persone non solo
si sopportano vicendevolmente a causa delle loro differenze, ma si valorizzano
continuamente a vicenda, si comprendono e si arricchiscono. In una parola:
costruire la pace significa costruire una relazione di inter-dipendenza
costituita dal volere il bene di ciascuno e di tutti. E questa è
la definizione stessa di giustizia che ha la sua radice ed il suo compimento
nell’amore. Si legga il n° 1,6.
1.2. Non è difficile a questo punto rispondere all’altra domanda:
di chi è questo compito? Se il compito è questo, esso appartiene
a ciascuno di noi, solo “dalla giustizia di ciascuno nasce la pace di tutti”.
Se, come abbiamo visto meditando il documento pontificio, la
pace consiste nel riconoscere la persona umana in se stessa e per se stessa,
questo riconoscimento non può essere il frutto di buoni sentimenti,
di bei sogni, di rifiuto del pensare la verità dell’umano. Non è
sufficiente, anzi è profondamente contrario alla costruzione della
pace ritenere che sia più importante o solamente necessario il sapere
“come agire” e non piuttosto il sapere “che cosa agire”. Un sapere questo
che può nascere solo dal sapere “chi siamo”. Il primum ethicum non
è: “come devo agire?”, ma: “che cosa devo agire”; ed il primum ethicum
si fonda sul primum anthropologicum: “chi è l’uomo?”. Ma fra i vari
responsabili di questo compito vorrei rivolgermi in particolare questa
sera a due categorie di persone: i giovani e gli educatori.
- Ai primi. Vorrei richiamarvi quanto vi ho scritto nella lettera a
voi indirizzata, riguardo alla passione per la ricerca della verità
e del bene. Io vorrei che foste sempre più consapevoli di ciò
che si sta costruendo contro la pace non lontano da voi, ma attorno a voi,
anzi dentro di voi. Quando vi si insegna che non esiste la verità,
ma solo interessi; quando vi si insegna che non esiste una distinzione
assoluta fra bene/male, essendo tutto riducibile ad una questione di utilità,
che cosa vi si chiede? Vi si chiede di rinunciare alla vostra coscienza
morale, cioè al nucleo essenziale della vostra grandezza e dignità.
Si compie cioè su di voi la peggior violenza: si distrugge la pace
perché si rende impossibile la giustizia. Si legga il n° 7,5.
- Agli educatori. È un compito immane che vi aspetta, in un
certo senso la pace dipende in larga misura da voi. Essa dipende infatti
dalla realizzazione ragionevole di una società giusta che non può
non essere che il frutto di forti personalità appassionate alla
ricerca della verità, consapevoli che la dignità della propria
persona è il tesoro più prezioso, e che siamo liberi se e
quando ci sottomettiamo solo alla verità conosciuta. E che altro
è il compito educativo se non generare personalità così
fatte?
2. La visione che il S. Padre presenta nel Messaggio deve anche essere
per tutti “criterio di giudizio” o “guida al discernimento” nella cultura
in cui viviamo ed operiamo. Essa è una cultura che è ormai
incapace di dare una vera giustificazione dei diritti umani fondamentali
perché ha smarrito il “senso della persona”.
Ma non è questo il luogo per riflettere su questa situazione:
avremo altre occasione per farlo. Concludo.
In un passaggio davvero mirabile, S. Tommaso dimostra che il compimento
della giustizia si ha per opera dello Spirito Santo in quanto ispira l’uomo
mediante il dono della pietà. Questo dono si esprime in un’attitudine
di reciproco onore fra le persone umane (cfr. 2,2 p. 121, a.l. soprattutto
ad 3um).
Tutti i diritti dell’uomo sono in definitiva, fragili ed inefficaci
se alla loro base non sta l’onore che dobbiamo ad ogni persona umana.
Se manca il riconoscimento dell’uomo per il semplice fatto che è
uomo, questo uomo. E’ questo onore per l’uomo la base ultima della pace
ed il disonorare l’uomo è la vera distruzione della pace.
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