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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


Domenica Quinta di Quaresima
Poggio Grande, 21 marzo 2010


1. "Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, faccio una cosa nuova". Cari fratelli e sorelle, queste parole il Signore le ha dette al suo popolo in esilio a Babilonia, e le dice oggi a ciascuno di noi.

Dopo la distruzione di Gerusalemme, il popolo ebreo fu portato in esilio. Si ripeteva la stessa esperienza dell’esilio in Egitto: era ricaduto nella stessa condizione di schiavitù. Era dunque spontaneo che il popolo riandasse colla memoria al grande evento di liberazione compiuto dal Signore, "che offrì una strada nel mare e un sentiero in mezzo ad acque possenti, che fece uscire carri e cavalli, esercito ed eroi insieme; essi giacciono morti". La speranza era che si ripetessero quei fatti.

È a questo popolo che viene detto: "non ricordate più…". Il Signore non si ripete mai; Egli ha progettato un intervento che non ha precedenti: "Ecco, faccio una cosa nuova". Egli ricostruirà il suo popolo in una condizione perfino migliore di quella in cui si trovava prima dell’esilio.

Ma il Signore dice anche a noi queste parole; anche a noi assicura che compirà a nostro favore un gesto che non ha uguali. Quale gesto? Ci è narrato nel Vangelo.

I nemici di Gesù lo avevano messo, o per lo meno pensavano di averlo messo, in una condizione senza via di uscita. Se avesse detto di non lapidare l’adultera, avrebbe violato la legge di Mosè; se avesse chiesto di applicare la legge, avrebbe smentito tutta la sua predicazione precedente. O si salvava la persona violando la legge, o si osservava la legge distruggendo la persona. Non c’era via di uscita. Ed invece una via di uscita, divina, esisteva. Quale? Prestatemi ben attenzione.

La legge di Mosè esprimeva le esigenze della santità divina partecipata ad Israele; diceva la verità circa il bene. Ciò che essa si proponeva era che le persone vivessero nella giustizia di Dio. C’è un modo di eliminare il male, e quindi di riconoscere le esigenze della legge di Dio, senza eliminare chi lo ha commesso? Esiste ed è il perdono che Dio in Cristo dona al peccatore che si converte.

Dire che Dio perdona non significa infatti che Dio "fa come se non avessimo peccato". Significa che Dio rigenera la persona umana nella giustizia e nella santità. "Ecco faccio una cosa nuova", dice il Signore. E quale è, Signore, la cosa nuova che fai? "È l’uomo perdonato". Cari fratelli e sorelle: l’atto di perdonare è l’atto divino per eminenza: è più grande che l’atto di creare l’intero universo.

Ma come ci raggiunge il perdono di Dio in Cristo? Mediante i santi sacramenti della fede: il battesimo, e per chi anche dopo il battesimo ha peccato, la confessione. Sono queste le sorgenti del perdono, che "immettono fiumi nella steppa", nella steppa e nel deserto dei nostri peccati.

2. Cari amici, la Visita pastorale avviene nella prossimità della celebrazione pasquale.

Questa è la grande festa del perdono, poiché celebra il fatto che "Dio ha prestabilito [Gesù] come strumento di espiazione per mezzo della fede, nel suo sangue" [cfr. Rom 3,25] "ha fatto la cosa nuova" nella morte e risurrezione del Signore Gesù. Il Vescovo è venuto in mezzo a voi: per dirvi ancora una volta questo; per confermarvi nella fede, mediante la quale siamo perdonati gratuitamente in forza della redenzione realizzata da Gesù.

Ma sono venuto in mezzo a voi per esortarvi nel nome del Signore a ricorrere nei giorni pasquali alle sorgenti della salvezza, per essere rigenerati nella vostra umanità.

"Non ricordate più le cose passate; non pensate più alle cose antiche: ecco faccio una cosa nuova: proprio ora essa germoglia": nei giorni ormai vicini della Pasqua.