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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


Domenica XII per Annum (C)
Certosa di Bologna, 20 giugno 2010


1. Cari fratelli e sorelle, la professione di fede fatta da Pietro – come avete sentito – viene "severamente " messa a tacere dal Signore.

Questo fatto potrebbe a prima vista sorprenderci: non dobbiamo forse professare apertamente la nostra fede in Gesù? La sorpresa, tuttavia, cessa se leggiamo attentamente il seguito della narrazione evangelica.

"Il Figlio dell’uomo", disse, "deve soffrire molto, essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, essere messo a morte e risorgere il terzo giorno". La professione di fede fatta da Pietro nasceva da una comprensione del mistero di Gesù gravemente lacunosa. Essa non sapeva che il destino di Gesù era un destino di sofferenza, umiliazione, e morte. Solo attraverso questa via Egli sarebbe stato introdotto nella gloria.

Gesù non intende regnare colla forza. Egli intende attrarre tutti a Sé mediante la rivelazione di un amore che giunge fino al dono della vita. La Croce è il trono vero di Cristo, poiché è su di essa che Egli ha manifestato in pienezza il suo amore.

Ma il Signore continua dicendo: "se qualcuno vuole venire dietro di me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua". Nessuno può pensare di essere vero discepolo di Gesù – andare dietro a Lui – se non ne condivide la via da Lui seguita. La croce di Gesù, come rinuncia a vivere per se stessi e come dono di sé, è il segno che distingue il vero dal falso discepolo.

Anzi, l’apostolo Paolo nella seconda lettura ci svela a quali profondità giunge la comunione del discepolo col Signore. Ascoltiamo.

"Vi siete rivestiti di Cristo. Non c’è più Giudeo né Greco; non c’è più schiavo ne libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù".

Il rapporto che il Battesimo istituisce fra il discepolo e Cristo, è espresso dall’Apostolo con una immagine audace: "vi siete rivestiti di Cristo". Come è possibile rivestirsi di un’altra persona? S. Paolo vuol dire che la presenza di Cristo in noi, trasforma la nostra persona così profondamente da raggiungere le determinazioni più importanti dell’identità delle persone, e le ridimensiona radicalmente.

Data questa profonda unione fra Cristo ed il suo discepolo, ciò che è vero ed è accaduto in Gesù, è vero ed accade nel suo discepolo: "chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per me, la salverà".

2. Cari fratelli e sorelle, durante questa solenne celebrazione eucaristica consacrerò il nuovo altare.

Fra la parola che Gesù ci dice nel santo Vangelo e la consacrazione dell’altare esiste un legame profondo.

L’altare è in primo luogo l’altare del sacrificio di Cristo, poiché l’Eucaristia è il memoriale della morte del Signore. Quando voi vi riunirete attorno a questo altare, voi nella fede presenzierete al sacrificio di Cristo sulla Croce. Quando il sacerdote da questo altare prenderà il Corpo del Signore ed il Sangue effuso per la remissione dei peccati, perché diventino vostro nutrimento, voi sarete trasformati in Cristo.

Quanto il Signore ci ha detto nel Vangelo si realizza a causa di ciò che accade sopra ed attorno a questo altare. Ricevendo l’Eucaristia noi siamo coinvolti in quella decisione divino-umana che ha portato Cristo a donare Se stesso sulla Croce. Rivestiamo Cristo che dona Se stesso. È da questo altare che voi sarete resi capaci di "rinnegare voi stessi, di prendere la vostra croce ogni giorno di seguire Gesù".

Cari fratelli e sorelle, col salmista abbiamo detto: "nel Santuario ti ho cercato, per contemplare la tua potenza e la tua gloria". È quando su questo altare celebreremo l’Eucaristia, che noi contempleremo la potenza e la gloria del Signore, la potenza del suo amore e lo splendore della sua donazione.

Potremo così saziarci a questo altare come ad un lauto convito, e con voci di gioia lodare il Signore, "poiché eterno è il suo amore per noi".