S. Messa in preparazione alla Pasqua
Cattedrale di S. Pietro, 18 marzo 2010
1. La pagina evangelica ha alcune "parole chiavi", parole cioè che ci aprono la via ad una comprensione profonda di ciò che Gesù questa sera vi dice.
La prima parola chiave è "TESTIMONIANZA". È Gesù che è testimone, ma la sua testimonianza è confermata e da un uomo, Giovanni Battista, e da Dio-Padre stesso. Che cosa testimonia Gesù? La risposta è data nel Prologo: "Dio nessuno lo ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato" [1,18]. Gesù testimonia il mistero di Dio, rivelandone la paternità.
Ma è singolare il modo con cui Gesù rivela il mistero di Dio. Certamente Egli testimonia colle parole; ma sono soprattutto "le opere che il Padre [gli] ha dato da compiere" il mezzo della sua testimonianza. È il suo agire, il suo modo di agire che testimoniano, rivelano che Dio stesso è all’opera in Lui. La rivelazione pertanto del volto di Dio è compiuta nella parola, nell’agire, nella vita di Gesù. A tal punto, Egli dice, che chi crede nella parola di Gesù ode la voce del Padre; nel volto di Gesù vede il volto del Padre; nella parola di Gesù giunge a noi la parola stessa del Padre.
La seconda parola chiave quindi è "FEDE". Una testimonianza è – lo si dice usualmente – credibile o non credibile. E ciò in base a due criteri: in base a ciò che è testimoniato; in base alla credibilità o meno del testimone.
Chi crede alla testimonianza di Gesù, istituisce un rapporto personale con Lui e ha la vita; chi non crede alla testimonianza di Gesù, non giunge alla conoscenza del Dio vivo e vero.
Cari amici, quale è la ragione per cui fra gli uomini si opera questa differenziazione fra chi crede e chi non crede? Che cosa ultimamente impedisce ad una persona di credere? Gesù Cristo risponde nel modo seguente: "E come potete credere, voi che prendete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene da Dio solo?". Chi ricerca una gloria puramente umana non giungerà mai alla fede nella testimonianza di Gesù.
2. Il punto merita un’attenzione particolare. Che cosa significa cercare solo una gloria umana?
L’attitudine esistenziale che impedisce di giungere alla fede è il ritenere che l’uomo possa confidare, fondarsi solamente su se stesso. L’uomo glorifica se stesso, ed è glorificato dagli altri, quando può dimostrare che tutto dipende da lui; che non deve niente a nessuno; che egli è la misura ultima della realtà. La contrapposizione fra chi cerca gloria umana solamente e chi cerca la sua gloria da Dio, coincide colla contrapposizione fra chi intende costruire una vita umana sia personale sia sociale come se Dio non ci fosse, e chi ritiene e vive la relazione a Dio come relazione costitutiva del suo vivere personale e sociale.
Ora, cari amici, comprendete facilmente che la prima attitudine non rende più difficile la fede, la rende impossibile. È questa LA questione, oggi: con Dio o senza Dio non cambia nulla?
Ritroveremo, e concludo, la parola "gloria" nella preghiera conclusiva. Essa domanda che "sollevati dalla umiliazione del peccato possiamo gloriarci della pienezza del tuo dono".
Porre Dio come fondamentale referente della propria vita non diminuisce la nostra umanità, non la umilia. Ma al contrario la nostra persona raggiunge una pienezza di cui possiamo pienamente godere: è la pienezza del dono.
|