S. Messa con i sacerdoti della Diocesi in suffragio di tutti i sacerdoti vittime della violenza e della guerra.
Santuario della Beata Vergine del Soccorso, 15 aprile 2010
Cari fratelli, abbiamo desiderato e voluto fare memoria solenne, durante questo Anno sacerdotale, di tutti i nostri sacerdoti vittime dopo la liberazione di una violenza stolta e piena di odio, quando ormai si poteva sperare nella pacificazione degli animi.
È compito degli storici studiare quei fatti cogli strumenti propri della ricerca scientifica, sempre preziosa; cercare dei medesimi fatti le cause intramondane. Noi disponiamo anche di un’altra luce ben più potente: una luce capace di condurci ad una comprensione più profonda del sacrificio di quelle vittime. È la Parola di Dio appena ascoltata la chiave di lettura che noi abbiamo.
1. "Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini". È la risposta di Pietro al potere religioso che voleva sopprimere la testimonianza cristiana.
Cari fratelli, queste parole dell’apostolo sono sempre risuonate nella coscienza di chi, lungo i secoli, ha voluto affermare la libertà della predicazione evangelica. Non lasciamoci né turbare né ingannare. Se predichiamo il Vangelo; se siamo testimoni della risurrezione di Gesù come fatto storico che ha cambiato la condizione umana, avremo sempre contro i potenti di questo mondo. Essi possono ricorrere alla violenza fisica – di solito i più intelligenti non lo fanno – oppure, più frequentemente, alla delegittimazione della persona dell’apostolo.
Noi questa mattina facciamo memoria dei nostri fratelli che si sono trovati dentro a questo scontro, e sono stati uccisi. Custodire la loro memoria nella coscienza del nostro presbiterio significa essere sempre vigilanti perché al primato del Cristo risorto non sia anteposto nulla, e alla testimonianza della sua presenza nella Chiesa: della sua presenza come Redentore dell’uomo.
Essi sono rimasti dentro al dramma della storia umana; non sono fuggiti; hanno condiviso le sorti del loro popolo. Questa è sempre stata la vera grandezza del clero bolognese. Un clero che ama l’uomo; sa interpretare i bisogni della sua umanità, e vi corrisponde. Ma un clero che si nutre continuamente del Mistero mediante una liturgia amata e ben celebrata. Altre "spiritualità" gli sono, gli devono essere estranee. È anche questo un obbligo che abbiamo verso i nostri fratelli uccisi.
"Dio lo ha innalzato con la sua destra " dice Pietro " facendolo capo e salvatore, per dare a Israele la grazia della conversione e il perdono dei peccati".
Solo un superficiale può negare la potenza del male che opera nella persona umana e nella storia. Questa potenza hanno sperimentato numerosi sacerdoti della nostra terra emiliano-romagnola negli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale. E in una misura che non ha avuto l’uguale in altre regioni. Nessuna giustificazione di nessun genere può legittimare l’uccisione di un innocente. Ed appare ancora più ignobile diversificare il giudizio morale a seconda dell’appartenenza politica di chi compiva l’uccisione dell’innocente, esponendosi anche al rischio di istituire una "gerarchia di valore" nel ricordo fra gli innocenti uccisi.
I nostri fratelli sacerdoti, di cui oggi facciamo memoria, hanno affrontato la potenza del male, e sono stati uccisi. Apparentemente sconfitti, in realtà essi hanno seguito l’Agnello, ed hanno tolto il male del mondo nel modo che è proprio di Cristo: ponendolo e portandolo sulle proprie spalle.
È questo il significato profondo delle parole di Pietro. Esiste un limite contro il quale il male si infrange; esiste nella storia, dentro la storia, "qualcosa" che è capace di annientare la smisurata presenza del male: "la grazia della conversione e il perdono dei peccati". "Alla violenza, all’ostentazione del male si oppone nella storia – come il totalmente altro di Dio, come la potenza propria di Dio – la divina misericordia" [Benedetto XVI]. Il testamento spirituale che i nostri fratelli ci hanno lasciato, è di considerare come uno dei nostri principali doveri, di introdurre dentro la vita e la storia degli uomini il mistero della misericordia rivelatoci in sommo grado nella Pasqua del Signore.
"E di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo, che Dio ha dato a coloro che si sottomettono a Lui".
In questo momento così carico di commozione, mi piace rivolgere soprattutto a voi giovani sacerdoti, le parole del Servo di Dio Giovanni Paolo II dette ad Argenta nel settembre 1990, ricordando assieme a don Minzoni i 92 sacerdoti uccisi nella nostra Regione: "Tenete viva la memoria di questi vostri eroici sacerdoti, testimoni dei diritti dell’uomo, oltre che dei diritti di Dio. Riconoscete in loro il frutto ed il segno inconfondibile della presenza operante di Cristo Risorto nella sua Chiesa. Una generazione che si misura su coloro che han dato la vita per Cristo e per i fratelli difficilmente finirà nell’abitudine o nel compromesso".
2. "Colui che viene dall’alto è al di sopra di tutti; ma chi viene dalla terra, appartiene alla terra e parla della terra". Queste parole di Gesù ci danno la spiegazione ultima e più profonda delle cose che stiamo meditando.
Il Verbo incarnato non è uno dei profeti, sia pure il più grande. Egli non trasmette un messaggio che ha semplicemente ricevuto: "Egli attesta ciò che ha visto ed udito". Gesù non parla "per sentito dire". Parla del Mistero perché Lo ha visto e Lo ha udito, dal momento che "viene dall’alto".
La vera ragione dello scontro che accade nella storia è che "nessuno accetta la sua testimonianza". L’uomo non vuole adeguarsi alla misura divina secondo la quale è stato pensato, ma preferisce costruirsi secondo la propria misura. L’uomo non vuole la verità di Dio ma solo quella dei suoi progetti tecnici. L’uomo non accetta che esista una distinzione fra bene e male che non sia stabilita autonomamente dalla sua ragione. Per questo "colui che Dio ha mandato" e "proferisce le parole di Dio", non è accettato.
Il rifiuto in quegli anni aveva assunto o stava assumendo proporzioni gigantesche perché si erigeva a sistema, nelle due forme: il nazismo ed il marxismo comunista.
"Chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita", dice Gesù. I nostri fratelli sono la conferma drammatica di questa parola: a causa di quel rifiuto, quei due sistemi hanno seminato solo morte. Sono stati i due sistemi più omicidi che la storia ha conosciuto.
Cari fratelli, ci è stata consegnata una testimonianza – la testimonianza di Gesù - "che viene dall’alto", e quindi non può non scontrarsi con chi "appartiene alla terra e parla della terra". Ma non consideriamoci mai agenti di un’impresa in via di fallimento: l’Agnello è più forte del drago. Niente e nessuno ha la capacità di impedire la vittoria della Parola di Dio, della Santa Chiesa, del nostro Signore Risorto, il Leone di Giuda. La nostra forza è la potenza della testimonianza di Gesù, che continuiamo a far risuonare. La nostra sapienza è la stoltezza della nostra predicazione. La nostra nobiltà è l’ultimo posto, servi della dignità dell’uomo. Il resto non ci appartiene.
La Chiesa – la nostra Chiesa – non deve fare altro che continuare a fare ciò che deve fare, nella fiducia e nella pace, stare tranquilla e attendere la salvezza di Dio: "molte sono le sventure del giusto, ma lo libera da tutte il Signore". Amen.
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