Messa "nella cena del Signore" - Giovedì Santo
Cattedrale di San Pietro, 1 aprile 2010
1. Il santo Triduo pasquale, vertice di tutto l’anno, inizia questa sera facendo memoria della Cena nella quale il Signore ha istituito l’Eucaristia. Ed è giusto che così inizi, dal momento che l’Eucaristia è la memoria della morte e risurrezione del Signore.
Come avete sentito nel santo Vangelo, Giovanni introduce la narrazione degli eventi di cui in questi tre giorni faremo memoria, con le seguenti parole: "Gesù … dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine". Questi tre giorni sono la rivelazione suprema dell’amore infinito di Dio in Cristo Gesù. E l’Eucaristia custodisce per sempre nella memoria della Chiesa il ricordo di questo amore. Nel sacramento dell’Eucaristia Gesù continua ad amarci "fino alla fine" donandoci in cibo il suo Corpo offerto e come bevanda il suo Sangue effuso per la remissione dei peccati. Lo stupore che prese il cuore di Pietro ["Signore, tu lavi i piedi a me?"] deve questa sera occupare anche il nostro cuore di fronte al mistero eucaristico.
A tale scopo, carissimi fratelli, non sarà inutile richiamare la grande dottrina della Chiesa a riguardo dell’Eucaristia: essa è infatti "il compendio e la somma della nostra fede" [Benedetto XVI].
Secondo la fede della Chiesa, in forza delle parole consacratorie, il pane diventa il Corpo di Cristo offerto in sacrificio ed il vino il Sangue di Cristo effuso per la remissione dei peccati. In questo modo, ciascuno di noi è reso contemporaneo al sacrificio di Cristo sulla croce, al dono che di Se stesso egli fece per la remissione dei nostri peccati. La celebrazione dell’Eucaristia fa sì che i secoli che ci separano dal sacrificio della Croce siano annullati nel senso che ad ogni uomo di ogni tempo è dato di parteciparvi realmente.
Nell’Eucaristia Cristo dona lo stesso Corpo che ha consegnato per noi sulla croce, lo stesso sangue che egli ha "versato per molti, in remissione dei peccati" [Mt 26,28]. Non ci è dato di incontrare Cristo in un modo più reale, più vero, più profondo, che mediante la partecipazione all’Eucaristia. In essa infatti è "contenuto veramente, realmente, sostanzialmente il Corpo e il Sangue di nostro Signore Gesù Cristo … il Cristo tutto intero" [DS 1651].
2. Cari fratelli e sorelle, alla fine della lavanda dei piedi Gesù ci ha detto: "vi ho dato l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi".
Queste parole esprimono compiutamente la tensione che percorre tutta la vita cristiana: "come io … anche voi". La vita cristiana è la ri-presentazione della vita di Cristo. Ma questo avviene attraverso il nostro impegno? Non principalmente, miei cari. Scopriamo la dimensione esistenziale dell’Eucaristia.
Quando e se la riceviamo con fede, noi siamo attirati dentro al dono che Cristo fa di se stesso: vi siamo come inseriti ad innestati. Nel più intimo della nostra persona, nel modo di esercitare la nostra libertà viene operata una vera e propria trasformazione, in forza della quale siamo resi capaci di "fare anche noi come ha fatto Gesù". Rimanendo in Lui, diventiamo capaci di compiere le stesse opere di Gesù. L’operare "come ha fatto Gesù" viene dopo, ed è una conseguenza del nostro "rimanere in Lui" del nostro "essere in Lui". Ed è l’Eucaristia che ci fa rimanere in Cristo.
"Come io … anche voi".: queste parole di Gesù esprimono la trasformazione che l’Eucaristia opera nella nostra libertà. Queste parole ci danno la definizione cristiana della libertà, liberata dal suo isolamento.
Da ciò deriva che la vera forza trasformatrice della società è l’Eucaristia celebrata e partecipata con fede. Solo da essa, la società viene guarita dalla sua malattia mortale, l’individualismo dei suoi membri. L’Eucaristia ci fa testimoni dentro alla società in cui viviamo, dell’amore di Cristo che giunge fino a lavare i piedi dei suoi discepoli.
Facciamo dunque nostra la preghiera che la Chiesa ha messo sulle nostre labbra all’inizio di questa celebrazione: "fa’ che dalla partecipazione a così grande mistero attingiamo pienezza di carità e di vita".
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