FESTA DELLA SACRA FAMIGLIA
Cattedrale di Ferrara
28 dicembre 1997
Il Figlio unigenito del Padre, “Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da
Dio vero” è entrato nella nostra storia umana: è questo il
grande mistero di grazia che celebriamo nel tempo natalizio. Ma Egli vi
è entrato nel modo con cui ogni uomo entra nel mondo attraverso
una famiglia. Nella solenne celebrazione natalizia vi dicevo che la persona
umana conosce interamente se stessa, la sua verità e dignità,
solo nel mistero del Verbo incarnato. Egli dona all’uomo questa conoscenza
cominciando dalla famiglia, nella quale ha voluto nascere e crescere. Il
mistero del Natale è dunque in stretto rapporto con la famiglia,
con ogni famiglia. Ecco perché nella prima domenica dopo la solennità
del Natale, celebriamo il mistero della S. Famiglia di Gesù di Nazareth
e, nella sua luce, di ogni famiglia umana.
1. Se confrontiamo attentamente la prima lettura ed il S. Vangelo, vediamo
che al centro stanno due ragazzi: Samuele e Gesù adolescente di
dodici anni. Ambedue poi ci sono presentati nel loro essere ed appartenere
al Signore. “Per tutti i giorni della sua vita egli è ceduto al
Signore”, dice Anna, la madre di Samuele, nel momento in cui lo dona definitivamente
al servizio di Dio.
“Non sapete che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?” dice Gesù
a sua Madre Maria, svelando per la prima volta la consapevolezza di una
missione da compiere, ricerca dal Padre. Attorno poi ai due ragazzi, Samuele
e Gesù, si muovono i genitori: Elkana e Anna, genitori di Samuele;
Giuseppe e Maria, genitori di Gesù. Nel primo caso, la S. Scrittura
non annota difficoltà particolari nel rapporto genitori-figlio.
Nel secondo caso, il Vangelo sottolinea con forza sia una difficoltà
di comprensione (“ma essi non compresero le sue parole”) sia uno sforzo
di passare, da parte dei genitori di Gesù, dal semplice rimprovero
(“figlio, perché hai fatto così?”) allo sforzo di capire
(“sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore”). Vedete che sono
due stupendi quadri di vita familiare che mettono al centro la persona
del figlio come persona che non appartiene ai genitori, ma che appartiene
al Signore. E’ un messaggio di sconvolgente attualità! Il Signore
mi ispiri a mi guidi perché le mie parole che passano vi aiutino
ad assimilare la Parola che resta in eterno.
2. la prima riflessione che vorrei affidarvi per la vostra meditazione
della Parola di Dio oggi, è la seguente. Certamente, l’amore coniugale
attraverso il quale l’uomo e la donna diventano “una sola carne” e costituiscono
un’intima comunità di vita, non ha come suo scopo unico la nascita
del figlio: esso, l’amore coniugale, è dotato di una sua propria
preziosità e santità. Tuttavia il figlio è di questo
amore il frutto più prezioso: il frutto benedetto. In un certo senso,
la persona del figlio costituisce il centro di tutta la vita familiare;
è il bene comune della comunità familiare. Descrivendo la
Parola di Dio oggi la famiglia attorno alla persona del figlio, ci richiama
a questa centralità e ci illumina circa il suo significato. Il matrimonio
non è affatto la somma di due egoismi che si mettono assieme per
raggiungere più sicuramente la propria felicità individuale.
Esso si radica nella vera natura della persona umana, la quale “in terra
è la sola creatura che Dio abbia voluto per se stessa” e che non
può “ritrovarsi pienamente se non attraverso un dono sincero di
se"”(Cost. Past. Gaudium et Spes, 24). Non dunque fragile coesistenza di
due egoismi, ma definitiva comunione di due persone che si donano interamente.
E’ a causa di questa intima verità della vita coniugale,
che gli sposi sono e devono essere aperti al dono della vita. La logica
del dono di sé all’altro in totalità comporta l’apertura
alla procreazione: il matrimonio, in questo senso, è chiamato a
realizzarsi in pienezza nel figlio; a divenire famiglia.
Gli sposi non sono i “padroni” della capacità procreativa quando
essa è presente nella loro unione, ma ne sono i responsabili: una
responsabilità che può essere compresa ed esercitata pienamente
solo se non di ricorre alla regola dell’utile e/o del piacevole, ma se
si ricorre ai valori della “persona” e del “dono”. la centralità
del figlio, sottolineata oggi dalla Parola di Dio, in sostanza ci richiama
alla seguente profonda verità: il bene degli sposi trova compimento
in un amore coniugale che sia pronto a dare e ad accogliere la nuova vita.
3. Ma le due pagine bibliche sottolineano un’altra dimensione della
vita famigliare: il figlio appartiene al Signore e deve essere aiutato,
cioè educato a capire e a vivere questa sua appartenenza. Cioè,
la sua vocazione propria. Quanto è grande, profondo e difficile
a capirsi questo mistero, se Maria stessa all’inizio non lo capì!
Il distacco del figlio dal grembo materno che coincide col momento del
parto, è il simbolo forte di una “separazione”, in un certo senso
di una “divisione” ben più profonda. Il figlio ha la dignità
della persona, in forza della quale egli non è “proprietà”
dei genitori. Nessuno ha diritto ad avere un figlio: si ha diritto alle
cose, non alle persone. E’ questa la ragione per cui il ricorso ai metodi
artificiali di procreazione è lesivo alla dignità della persona.
La generazione secondo la carne esige di continuarsi in un’altra
generazione, ben più profonda, che si realizza nel processo educativo.
Le due donne di cui parla la S. scrittura oggi, Anna madre di Samuele e
Maria madre di Gesù, comprendono che questa ulteriore generazione
deve condurre il figlio ad essere una persona libera, capace cioè
di rispondere alla sua vocazione propria. Il Vangelo termina con un’annotazione
che sembra in contrasto con quanto detto: “e stava loro sottomesso”. Il
richiamo ad un’autorità non contraddice ad un’educazione alla libertà:
le due donne ci insegnano che l’autorità in famiglia è precisamente
ciò che consente al figlio di “crescere in sapienza, in età
ed in grazia”. “ciò che caratterizza l’educazione cristiana è
questa singolare concentrazione sulla dignità dell’uomo” (Giovanni
Paolo II).
Il Signore conceda alle nostre famiglie si vivere quotidianamente
questa “singolare concentrazione sulla dignità dell’uomo”.
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