IV DOMENICA DI AVVENTO
Cattedrale di Ferrara
21 dicembre 1997
Nelle tre settimane appena trascorse, abbiamo imparato alla scuola
di Giovanni il Battista come vivere nel tempo presente in attesa: “in attesa
che si compia la beata speranza e venga il nostro Salvatore Gesù
Cristo”. Grande lezione quella che abbiamo imparato durante queste settimane
di Avvento! Viviamo lo scorrere delle nostre giornate non come fossimo
trascinati da una corrente invincibile verso la morte, ma “con giustizia
e pietà”, ben sapendo che colle scelte compiute in questa vita noi
decidiamo la nostra eternità. L’Avvento ci ha insegnato che ogni
momento è un’opportunità offerta alla nostra libertà
che deve fare la scelta per ‘eternità, davanti a Dio.
In questa domenica, ultima di Avvento, la parola di Dio ci invita
per così dire a guardare, a contemplare quell’avvenimento che accaduto
dentro il tempo, ci ha consentito di vivere nel tempo nel modo insegnatoci
da Giovanni Battista. Ascoltiamo la seconda lettura.
1. “Entrando nel mondo, Cristo dice: tu non hai voluto né sacrifico
né offerta, ma un corpo invece mi hai preparato”. Ecco l’istante
che ha cambiato tutto: l’istante in cui l’eternità ha fatto irruzione
dentro al tempo, “il Verbo si è fatto carne ed ha posto la sua dimora
fra noi”. E’ a causa di questo “ingresso” (entrando nel mondo) che “noi
siamo stati santificati, per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù
Cristo, fatta una volta per sempre”. Viene così indicato il motivo
per cui il Cristo è venuto nel mondo: sacrificare se stesso per
la salvezza del l’uomo dal peccato. Questo ingresso di Gesù nel
mondo che cosa cioè ha di fatto reso possibile a ciascuno di noi?
Riascoltiamo attentamente la Parola di Dio: “Dopo aver detto … per stabilirne
uno nuovo”. E’ nel Cristo, Dio venuto ad abitare dentro al tempo, che noi
possiamo avere accesso alla vera vita. Entrando nel mondo, il Verbo che
è Dio, pone ciascuno di noi di fronte ad un fatto unico: un fatto
accaduto dentro la nostra storia che vale più che la storia e ti
provoca ad una scelta, quella della fede, che ti fa vivere una vita nuova.
2. “Entrata nella casa di Zaccaria, (Maria) salutò Elisabetta.
Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò
nel grembo”. Il racconto del Vangelo è il racconto di come ciascuno
di noi può avvertire, sentire, percepire la presenza di Dio fattosi
uomo, in mezzo a noi. Il racconto della visitazione di Maria a sua cugina
Elisabetta è come l’anticipazione di ciò che dovrà
verificarsi in ciascuno di noi: la visita che Dio ci fa. E’ per questo
che è una pagine di straordinaria importanza, di cui non ci deve
sfuggire nessun particolare.
Dio è già entrato nel mondo: è già
stato concepito da Maria e si trova ancora in Lei come in un tempio santo.
Elisabetta non ne sa nulla: ella ha in se, nel suo cuore, solo il desiderio,
l’attesa. Un desiderio ed un’attesa che si è come incarnato in quella
persona che pure Elisabetta porta in seno: Giovanni Battista.
Uomo e Dio sono di fronte, nella carne: il desiderio e il desiderato,
l’attesa e l’atteso. E’ da notare che Dio è di fatto cugino di Giovanni
battista. Ormai “entrando nel mondo”, Dio si è fatto parente dell’uomo:
sono nella e della stessa carne.
Come avviene il riconoscimento? “Appena ebbe udito il saluto
di Maria, il bambino le sussultò nel grembo”. L’uomo sente in quella
voce che augurava pace che l’attesa è compiuta, il desiderio realizzato.
E quale è l’effetto? sussultò. La presenza di Dio ci fa trasalire
nel profondo: da questo lo riconosciamo (“appena la voce del tuo saluto
è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia”). E’
un incontro vero: perché è atteso, perché è
accolto.
Beata colei che ha creduto: il principio del riconoscimento di ogni
visita del Signore è la fede.
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