OMELIA DI PENTECOSTE
18 maggio 1997
1. “Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire ... luogo”. La narrazione
del fatto di cui oggi facciamo solennemente memoria, comincia in questo
modo, indicandoci tempo e luogo in cui quel fatto accade. E poi la narrazione
viene condotta, per così dire, andando dall’esterno all’interno:
“Un fragore che riempì tutta la casa dove si trovavano uniti i discepoli”;
le lingue di fuoco che si posavano su ciascuno di essi; ed infine, il grande
evento che allora è accaduto: “ed essi furono tutti pieni di Spirito
Santo”. Ecco: questo è il mistero che noi oggi celebriamo, il DONO
DELLO SPIRITO SANTO fatto con pienezza ai credenti. Noi oggi celebriamo
l’Eucarestia, perché di compia in ciascuno di noi, nella nostra
Chiesa, la promessa fattaci da Cristo: “quando verrà lo Spirito
di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera”.
Che cosa succede nell’umanità, nella vicenda storica dell’umanità
e nell’esistenza di ogni persona, quando lo Spirito Santo viene a dimorare
in noi? Poniamoci in umile ascolto della Parola di Dio: solo essa può
rivelarci i mirabili effetti della presenza dello Spirito.
- La prima lettura ci rivela che lo Spirito crea l’unità fra
le persone. Il parlare lingue diverse, il non capire più la lingua
dell’altro, è il segno più chiaro che l’umanità si
è come spaccata nel suo interno. Quando fra persone vissute in intima
unità subentra la divisione, non si dicono forse a vicenda: “io
non ti capisco più!”. Succede che ci si parli, ma non ci si intende
più: si diventa estranei l’uno all’altro. E l’uomo entra nella sua
malattia spirituale più grave: la solitudine, l’immensa solitudine
di chi vive nel deserto arido del proprio egoismo. “Erano stupefatti e
fuori di sé per lo stupore” Perché? che cosa fa impazzire
di stupore i primi testimoni della venuta dello Spirito Santo? “li sentiamo
ciascuno parlare la nostra lingua nativa”. Cioè: l’uomo ritrova
la gioia della comunione con le altre persone; lo stupore e la gioia dell’amore.
- Perché è lo Spirito Santo, e solo Egli, che venendo
in noi, crea fra le persone umane la vera unità? La risposta a questa
domanda la troviamo, se facciamo attenzione a come Gesù nel Vangelo
chiama lo Spirito Santo: Spirito di verità; Consolatore.
E’ lo Spirito di Verità. Non solo nel senso che Egli guida
la Chiesa ad una comprensione sempre più profonda della Rivelazione.
Nel senso che lo Spirito conduce ciascuno di noi ad un contatto sempre
più intimo con la realtà stessa di Dio. “Egli mi renderà
testimonianza”: Egli ci fa sperimentare lo stesso mistero di Dio; Egli
è la “comunione con Dio”, poiché crea “l’intimità
con Dio”. Non conosciamo Cristo non solo per sentito dire, ma personalmente.
E’ il Consolatore. Che cosa significa? Significa forse che Egli
ci consola nel modo con cui ci consolano gli uomini, cioè solo a
parole? No: Egli consola attestando al nostro spirito che siamo figli di
Dio; dandoci l’esperienza diretta che Dio è il Padre di misericordia.
Egli ci consola, perché ci introduce nella conoscenza sperimentale
della bontà, della grazia, della misericordia del Padre.
L’uomo diventa capace di comunicare veramente con l’altro, perché
è ricondotto dallo Spirito Santo nell’unico “centro” di unità:
l’amore di Dio, e reso vittorioso dall’unica vera forza disgregante: l’amore
di sé. In una parola: ci fa de-centrare da noi stessi e ri-concentrare
in Dio. Spiega S. Tommaso: “L’amore di Dio è unificante in quanto
riporta il desiderio dell’uomo dalla molteplicità ad un’unica cosa;
l’amore a sé invece disperde il desiderio umano in una molteplicità
di cose: amando se stesso infatti, l’uomo desidera per sé i beni
temporali che sono molti e diversi”.
2. “Fratelli, camminate secondo lo Spirito ... i desideri della carne”.
L’evento della Pentecoste è dunque l’evento della ricostruzione
della comunione, dell’unità inter-personale: la ricostruzione dell’unità
fra l’uomo e la donna nel matrimonio, fra i discepoli del Signore nella
Chiesa, fra le persone nelle varie comunità umane. Ma nello stesso
tempo, questo medesimo avvenimento, mette a nudo quale è la vera
forza disgregante, che S. Paolo chiama “la carne”. E così, ci mette
in guardia l’Apostolo, due sono le forze che si scontrano nel cuore di
ogni uomo, dentro alla Chiesa, dentro ad ogni comunità: lo Spirito
e la carne. La carne, nel linguaggio paolino, indica l’intera persona umana
considerata nella sua precarietà sia fisica che morale, segnata
dall’esperienza del male che la rende proclive al peccato: carne-Spirito
indicano due modi di vivere radicalmente contrarî.
La celebrazione della Pentecoste diventa allora anche una riscoperta
della grandezza della nostra libertà, chiamata a lasciarsi guidare
non dalla carne, non dalla legge, ma dallo Spirito. “Fratelli, camminate
... i desideri della carne ... non siete più sotto la legge”. E’
la festa della nostra vera liberazione, poiché oggi è stata
definitivamente siglata la nuova ed eterna Alleanza fra il Padre e l’uomo,
in Cristo, per mezzo dello Spirito Santo.
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