MERCOLEDI’ DELLE CENERI
17 febbraio 1999
1. “Ricordati, o uomo, che sei polvere ed in polvere ritornerai”. Il
nostro itinerario quaresimale verso la Pasqua inizia con un richiamo alla
verità del nostro essere e con un gesto che la esprime. La verità
è la seguente: sei polvere e in polvere ritornerai; il gesto che
la esprime sarà l’imposizione sul nostro capo di un po’ di cenere.
E ci è chiesto di ricordare: la memoria della nostra verità
è la condizione perché il nostro cammino verso la Pasqua
possa cominciare e continuare. Dimenticare chi siamo ci fa vivere in un
mondo di sogni, di illusioni; ci impedisce di vivere nella verità.
E la verità è: «sei polvere ed in polvere ritornerai».
Cioè: inconsistente e fragile come la polvere; effimero, caduco
e debole.
Ma è questa l’intera verità dell’uomo? In realtà
le parole con cui il sacerdote impone sul nostro capo le ceneri, sono parole
di condanna pronunciate sull’uomo che ha peccato: “All’uomo disse: poiché…..
hai mangiato dell’albero, di cui ti avevo comandato : «non ne mangerai»…..
tornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu
sei ed in polvere ritornerai” (Gen. 3,17.19). E’ dunque il peccato che
conduce l’uomo alla distruzione di se stesso. L’uomo infatti è l’unica
creatura appartenente a questo universo visibile, chiamata al rapporto,
all’alleanza con Dio: l’unica creatura «creata ad immagine e somiglianza»
di Dio. Creato dal nulla, solo l’uomo è destinato alla pienezza
della comunione col suo Creatore, alla pienezza della vita divina. Di fronte
a questa condizione paradossale dell’uomo, un Padre della Chiesa esclama:
“Io sono piccolo e grande, umile ed alto, mortale ed immortale, terrestre
e celeste: l’uno a causa della carne, l’altro a causa dello spirito; l’uno
in comune con questo mondo, l’altro con Dio” (S.Gregorio Nazianzeno, Discorso
7,23; SCh. 405, pag. 241). Ma l’uomo, sotto l’istigazione del padre della
menzogna, si è distaccato dalla partecipazione alla vita stessa
di Dio: volendo porre in se stesso la propria salvezza, si è consegnato
alla morte, poiché la creatura senza il Creatore svanisce.
Le parole che il sacerdote pronuncerà su di noi hanno
dunque il seguente significato: ricordati, o uomo, che sei peccatore e
che a causa del tuo peccato, il tuo destino è la morte, “poichè
il salario del peccato è la morte” (Rom. 6,23).
Il fatto che noi chiniamo il capo, che riconosciamo la
verità della nostra condizione e di ciò che ci è dovuto
come peccatori, cioè la morte, costituisce l’inizio della vera conversione:
dell’itinerario che si concluderà nel dono della vita frutto
della Pasqua. Non c’è nessuna conversione sincera infatti che non
inizi dalla purificazione della propria coscienza morale. La nostra coscienza
infatti è il luogo originario, l’intimo sacrario in cui Dio ci mostra
la via della vita e ci distoglie dalla via della morte. Solo se, durante
queste sei settimane di quaresima, saremo capaci di ascoltare la voce di
Dio non solo colle orecchie, ma nella nostra coscienza, potremmo convertirci.
2. “E il Padre tuo che vede nel segreto, ti ricompenserà”. La
pagina del Vangelo esprime con queste semplici parole il «nucleo
essenziale» della conversione. Essa consiste essenzialmente nel cambiamento
della nostra intenzione, dell’orientamento fondamentale impresso alla nostra
persona e al nostro agire. Deve essere rivolto esclusivamente verso il
Padre.
“Dio è l’unico ed è il Signore, il Santo. Non si
può mettere sullo stesso piano (magari anche su piani diversi, ma
in fondo tenendoli presenti nella medesima ottica) Dio e il proprio interesse,
la propria soddisfazione, il plauso degli uomini, la stima di cui si gode,
il proprio prestigio….. Dio è il santo, Dio è il diverso,
Dio è l’unico” (U.Neri, Il discorso della montagna, ed. Ancora,
Milano 1998, pag. 80). Convertirsi significa in sostanza vivere solo per
Dio, poiché qualsiasi altra finalizzazione ultima della nostra vita
riduce l’uomo ad essere solo polvere ed a ritornare in polvere. “Due sono
infatti le passioni da cui è mossa la nostra volontà, così
diverse fra loro, come diversi ne sono i movimenti. L’anima razionale,
che non può esistere senza amare, o ama Dio o ama il mondo. L’amore
verso Dio non è mai troppo; nell’amore del mondo, invece, tutto
è pericoloso. Bisogna aver di mira così decisamente i beni
eterni, considerando invece caduchi o passeggeri quelli temporali – dal
momento che siamo di passaggio su questa terra e ci affrettiamo a ritornare
in patria – da accogliere tutto quel che di fortunato potrà
capitarci in questo mondo soltanto come viatico, e non come invito a rimanere”
(S.Leone Magno, Discorso XC, 2).
Il Signore accolga con paterna bontà il nostro desiderio
di convertirci, perché possiamo giungere completamente rinnovati
a celebrare in verità e grazia la sua Pasqua.
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