home
biografia
video
audio
english
español
français
Deutsch
polski
한 국 어
1976/90
1991/95
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
2014
2015
2016
2017
Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


SECONDA DOMENICA DI NATALE
5 gennaio 1997

Fratelli e sorelle: continua la nostra umile contemplazione, piena di stupore e di adorazione, del mistero natalizio. In che cosa consiste questo mistero. E’ ancora una volta, Giovanni l’Evangelista che ce lo svela: “Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”. Ecco in queste poche parole è racchiuso tutto: l’eternità non ci basterà a scoprirne l’intero significato! Esse racchiudono un Amore che non si può misurare.
Chi è il Verbo che si fece carne? Ascoltate: “in principio era il Verbo e il Verbo era Dio”. E’ Dio stesso che si fece carne. E che cosa significa “si fece carne”? significa che, senza cessare di essere Dio (senza subire mutazioni nella sua condizione divina) assunse la nostra stessa natura umana: un corpo ed un’anima in tutto simile alla nostra. In questo modo Egli, Dio, diventa partecipe della nostra condizione umana, interamente e ne vive tutta la vicenda. E’ concepito nel seno di Maria e da Lei partorito; è passato attraverso tutte le età dell’uomo: fu bambino, adolescente, giovane ed adulto; ha vissuto tutte quelle esperienze umane che costituiscono la trama della nostra storia quotidiana: ha sofferto e gioito; ha lavorato e faticato; è morto. E così il Verbo veramente “venne ad abitare fra noi”. “Il cielo non rimase privo di colui che lo conteneva, e la terra accolse nel suo seno colui che dal cielo scendeva” (S. Basilio di Cesarea).
 Ecco questa è la fede della Chiesa: resta saldo in essa, in essa radicato e fondato, perché solo chi riconosce che Gesù è Dio fattosi carne, è salvo.
 Ma nello stupore della nostra contemplazione, siamo quasi istintivamente portati a chiederci: perché Dio si è fatto uomo (Cur Deus homo?). La risposta ci viene data dall’Apostolo Paolo (nella seconda lettura): “In Lui ci ha scelti ...”. Il Padre, per un’impenetrabile decisione del suo Amore, ha voluto chiamarci all’esistenza, perché noi potessimo godere del suo stesso amore di Padre, come suoi veri figli. Per questo il Verbo suo Figlio unigenito si fa uomo perché l’uomo potesse divenire figlio di Dio. Ascolta ancora il S. Vangelo: “Diede loro il potere. Quale potere? Non certo quello di cui gli uomini vanno orgogliosi, di giudicare delle vite umane, di emettere sentenze discriminando innocenti da colpevoli. Il potere - ha detto - di diventare figli di Dio. Infatti figli non erano, ma lo diventano, perché Colui, per il cui mezzo si diventa figli di Dio, prima era Figlio di Dio e poi si è fatto figlio dell’uomo. Essi erano figli di uomini e diventarono figli di Dio. Si è abbassato ad essere ciò che non era, lui che ben altro era e ha innalzato te ad essere ciò che non eri, te che ben altro eri.” (S. Agostino).

 Nel mistero del Natale allora si svela la nostra intera verità e il nostro stupore di fronte alla bontà del Padre che invia il suo Figlio, diventa stupore di fronte alla nostra dignità. Noi oggi scopriamo a che cosa siamo destinati, che cosa abbiamo il diritto di sperare della vita. L’Apostolo dice: “Possa Egli davvero...” Quale tesoro sei chiamato ad ereditare? di essere divinizzato nel Figlio che si è umanizzato. Che cosa hai il diritto di sperare? “Ciò che ha mostrato nella sua carne, questo devi sperare nella tua carne”. Hai il diritto di sperare di partecipare alla sua stessa sorte. “Solleva dunque la tua speranza. E’ cosa grande ciò che ti è stato promesso, ma ben grande è colui che te l’ha promesso. E’ una cosa grandiosa, sembra incredibile, si riterrebbe impossibile che figli di uomini possano diventare figli di Dio. ma in loro favore fu fatto ancor di più, perché il Figlio di Dio si è fatto figlio dell’uomo. Solleva dunque la tua speranza, o uomo. Scaccia dal tuo animo l’incredulità. E’ avvenuto qualcosa ancora più incredibile di ciò che ti è stato promesso” (S. Agostino).

 Non rifiutarti di credere e sperare. Né per debolezza: sono troppo piccolo per essere destinato ad una tale grandezza; né per ostinazione: non voglio essere così grande, mi accontento di meno.
 Semplicemente, acconsenti ad essere amato da un amore tale che spinse il Verbo a farsi carne ed ad abitare fra noi.