COMMEMORAZIONE DEI FEDELI DEFUNTI
2 novembre 1997
1. Ogni volta che celebriamo l’Eucarestia, noi preghiamo perché
siamo accolti nel Regno del Padre “i nostri fratelli defunti e tutti i
giusti che in pace” con Dio “hanno lasciato questo mondo”. Compiamo in
questo modo un supremo atto di carità. Infatti, “coloro che muoiono
nella grazia e nell’amicizia di Dio, ma sono imperfettamente purificati
... vengono sottoposti, dopo la loro morte, ad una purificazione, al fine
di ottenere la santità necessaria per entrare nella gioia del cielo”
(CChC 1030). La fede della Chiesa ci insegna che noi possiamo aiutarli
in questa intima purificazione della loro persona, con le nostre preghiere,
con le elemosine e con le indulgenze affinché possano giungere alla
visione del Volto di Dio. “Rechiamo loro soccorso” ci ammonisce S. Giovanni
Crisostomo “e ricordiamoli ... Non esitiamo a soccorrere coloro che sono
morti ed ad offrire per loro le nostre preghiere” (cfr. ibid. 1032). Siamo
richiamati a questo dovere soprattutto oggi e durante questi giorni: da
noi aiutati, i nostri fratelli defunti non dimenticheranno il bene loro
fatto.
2. Ma l’annuale commemorazione di tutti i defunti, non può non
porre ciascuno di noi di fronte al mistero della morte, alla morte come
esperienza che svela la verità ed il significato della vita. Ed
è questa verità che ci viene rivelata dalla parola di Dio,
questa sera.
La nostra esistenza, la nostra persona è stata donata
fin dalla sua origine al Cristo come ci viene insegnato dal Vangelo: “Tutto
ciò che il Padre mi dà, verrà a me”. Ciascuno di noi
infatti non è venuto all’esistenza per caso, ma è stato personalmente
pensato e voluto dal Padre fin dall’Eternità. E’ stato pensato e
voluto in ordine a Cristo, nel senso che ciascuno di noi è stato
pre-destinato a d essere figlio del Padre ad immagine del Figlio unigenito.
Nel fondo del nostro essere dimora questa relazione a Cristo, questa vocazione
ad essere conformi a Lui. Il Padre ci ha pensati, ci ha voluti in Lui;
ci ha dato a Lui.
Questa nostra appartenenza radicale a Cristo, che esprime la
volontà del Padre su di noi, fa sì che ciascuno di noi sia
immensamente prezioso agli occhi suoi. Se il pastore lascia le novantanove
pecore nell’ovile per andare a cercare l’unica che era rimasta fuori e
si era perduta, quanto più è volontà del Padre che
non si perda nulla di ciò che è stato affidato al Cristo.
Se la donna mette a soqquadro tutta la casa per ritrovare quell’unica moneta
che delle dieci che possedeva, aveva perduto, quanto più il Padre
metterà a soqquadro l’intero ordine dell’universo per ritrovare
anche uno solo dei suoi piccoli.
Proprio così! L’intero ordine delle cose è stato messo
a soqquadro. Ascoltate S. Paolo: “a stento si trova chi sia disposto a
morire per un giusto; forse ci può essere chi ha il coraggio di
morire per una persona dabbene. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi
perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per
noi” (Rom. 5,7-8). E’ il Figlio che va a cercare chi si era perduto nella
morte, e che per questo entra egli stesso nella morte, per ricondurci alla
vita. Egli infatti è sceso dal cielo non per fare la sua volontà,
ma la volontà di Colui che lo ha mandato. “E questa è la
volontà di Colui che mi ha mandato, che io non perda nulla di quanto
egli mi ha dato”, ma anzi la volontà del Padre è che chiunque
crede in Cristo abbia la vita eterna. La leggerezza del nostro essere è
solo apparente, alla fine. Tutto finirà; tutto andrà perduto:
ma nessuno di noi finirà. Tutto il nostro essere è fondato
su una incredibile disposizione divina; è sostenuto da una forza
che è più forte di ogni potere avverso: l’Amore di Dio-Padre
che si manifesta in Cristo.
“Spera nel Signore, sii forte, si rinfranchi il tuo cuore e spera nel
Signore”: sii infatti persuaso che né morte né vita, né
angeli né altre potenze celesti, né il presente né
l’avvenire, né forze del cielo né forze della terra, niente
e nessuno ti potrà strappare da quell’amore che Dio ci ha rivelato
in Cristo Gesù, nostro Signore (cfr. Rom 8,38-39).
Con ben più profonda consapevolezza, tu puoi ripetere
quanto il giusto della vecchia alleanza disse: “Io so che il mio Redentore
è vivo...; dopo che questa mia pelle sarà distrutta, senza
la mia carne, vedrò Dio. Io lo vedrò, io stesso e i miei
occhi lo contempleranno non da straniero”.
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