S. TERESA DI GESU’ BAMBINO
Chiesa di S. Girolamo
1 ottobre 1997
“In verità vi dico: se non vi convertirete ...”. La parola di
Gesù è incredibilmente forte: l’ingresso nel Regno è
condizionato da una conversione, cioè da un cambiamento della nostra
esistenza, che consiste nel “diventare come i bambini”. Mentre la predicazione
profetica e la predicazione di Giovanni il Battista fanno consistere la
conversione necessaria nel compimento di opere ben precise, Gesù
definisce la conversione un’ inversione di marcia per ritornare ad una
disposizione d’animo originaria, una disposizione che Gesù indica
essere presente in modo simbolico nel bambino. Fratelli e sorelle: Teresa
ha capito profondamente questo e lo ha insegnato alla Chiesa, riportandola
così al suo centro. E la Chiesa la riconoscerà Dottore.
A che cosa si riferisce Gesù quando pone la struttura
del bambino come condizione necessaria per entrare nel Regno? Senza voler
idealizzare il bambino (Gesù chiama a sé il primo venuto)
attribuendogli virtù che il bambino, privo ancora di un vero esercizio
di libertà, non può avere, esiste tuttavia per ciascuno di
noi una specie di “modo/forma originaria di essere”, che esprime la nostra
verità intera davanti a Dio. La grandezza di Teresa è stata
quella di averla riscoperta. Quale è questa “forma originaria” nella
quale siamo stati plasmati e che si esprime meglio nell’infanzia che in
ogni altro stato di vita? Essa mi sembra che sia caratterizzata da almeno
tre elementi o dimensioni. Sono i tratti essenziali dell’uomo che, benché
adulto, vive nell’unione filiale con Dio.
La prima è il sapere che tutto ciò che esiste,
che il nostro stesso io è puro dono, è solamente grazia immeritata
ricevuti dall’Amore e dall’assoluta Libertà del Padre: davanti al
Padre siamo pura aspettativa di doni mai meritati. Teresa è il dottore
della pura grazia: ella ha visto che tutto dipende dall’Amore libero del
Padre. L’esperienza fondamentale, originaria che ciascuno di noi fa nell’infanzia
è precisamente questa: il sentirci dipendenti dalla libertà
di un Altro. Ma questa stessa esperienza può essere rifiutata, costruendo
tutta la propria vita nel tentativo di raggiungere una totale autonomia,
volendo dipendere solo da se stessi ed appartenere solo a se stessi. E’
stata questa l’origine dell’immane tragedia spirituale dell’ateismo moderno
che ha generato l’attuale indifferentismo. Non a caso i suoi protagonisti
hanno presentato l’intera vicenda come una uscita dall’infanzia dell’umanità,
come raggiungimento dell’età adulta. Vedete: la direzione esattamente
opposta a quella richiesta da Gesù. Teresa ha capito che questo
è l’errore più tragico in cui una persona possa cadere; davanti
a Dio si è tanto grandi quanto si riconosce che a noi nulla è
dovuto.
Da ciò deriva, come seconda dimensione, che l’attitudine
fondamentale della vita cristiana è la gratitudine. La gratitudine
è la quintessenza dell’esistenza cristiana. Il bambino è
destinato in tutto e per tutto alla libera dedizione dei terzi. Poiché
è bisognoso, è anche originalmente grato. Del resto, una
delle prime cose che si insegna al bambino non è “dì, per
favore”, “dì, grazie”? da qui scaturisce quell’impasto, se così
possiamo chiamarlo, proprio della vita cristiana, fatto di confidenza,
di abbandono, di effusione del cuore nella preghiera, di libertà:
“chiedete e vi sarà dato: cercate e troverete; bussate e vi sarà
aperto”. Scrive Teresa nel famoso Man. B: “Gesù non chiede grandi
azioni, ma soltanto l’abbandono e la riconoscenza ... Egli non ha affatto
bisogno delle nostre opere, ma solamente del nostro amore” (in Opere complete,
ed. LEV, Roma 1997, pag. 218). E in una lettera ad una consorella scriverà
di lasciar perdere “il timore sterile di essere infedele (timore che non
si addice a un bambino)” (L. 204, ibid. pag. 550).
La terza dimensione, che mantiene desta la natura infantile della
vita cristiana, è la partecipazione necessaria per ciascuno di noi
alla vita intima della Chiesa. Teresa ha vissuto questa partecipazione
nel modo più totale e totalizzante: ha voluto dimorare nel cuore
della Chiesa. Ed il cuore della Chiesa è l’amore della sposa che
riceve dal suo Sposo tutto, per essere strumento di salvezza per tutti
i peccatori. Da Lui riceve il dono eucaristico del Corpo offerto in sacrificio
e del Sangue effuso per la remissione di peccati. Da Lui riceve il dono
della Parola che dona la vita. Da Lui riceve la guida dei pastori che la
conducono sulla via della vita. E’ per questo che la Chiesa si riconosce
pienamente in Maria, nel suo consenso all’opera dello Spirito: “avvenga
in me secondo la tua parola”. Posta nel cuore (mariano-eucaristico) della
Chiesa, Teresa ha potuto ricevere tutto, come desiderava.
Ecco, fratelli e sorelle, quale è la condizione ultima
per entrare nel Regno. Diventare come bambini: riconoscerci di fronte al
Padre solo bisognosi della sua grazia, del suo gratuito amore: della sola
sua misericordia.
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