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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


CORPUS DOMINI
1 giugno 1997

1. “Prese il pane e, pronunciata la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: prendete, questo è il mio corpo”. Fratelli, sorelle: in queste parole è racchiuso tutto il mistero eucaristico e tutta la storia della salvezza trova in esse il suo compimento, così come tutta la vita della Chiesa ha da esse il suo inizio.
 Esse ci rivelano che l’Eucarestia è il Corpo di Cristo donato (“lo diede loro”); è il Sangue di Cristo effuso (“versato per molto”). Più precisamente, l’Eucarestia è la persona di Cristo che dona se stessa in sacrificio: è il sacramento del sacrifico di Cristo. In che senso? non perché essa è solo un ricordo del dono di Cristo sulla Croce; non perché essa è solo la  lode e gratitudine al Cristo per il suo sacrificio. Ma attraverso i santi segni del pane e del vino consacrati, a noi è dato di essere presenti a ciò che è accaduto sulla Croce. Celebrando l’Eucarestia, noi diventiamo contemporanei al sacrifico di Cristo sulla Croce.
 Come è possibile questa contemporaneità ad un avvenimento passato? E’ possibile perché lo Spirito Santo, attraverso le parole del sacerdote, trasforma il pane ed il vino, presentati al Signore Dio del cielo e della terra, nel Corpo offerto e nel Sangue sparso. Dopo quelle parole, ciò che tu contempli è solo apparentemente pane; è solo apparentemente vino: in realtà, in verità essi sono il Corpo ed il Sangue di Cristo: sono Cristo che offre se stesso. Scrive un Padre della Chiesa: “Non ritenerli come semplici e naturali quel pane e quel vino: sono invece, secondo la dichiarazione del Signore, il corpo e il sangue. Anche se i sensi ti inducono a questo, la fede però ti sia salda. Non giudicare la cosa dal gusto, ma per fede abbi la piena convinzione che tu sei giudicato degno del corpo e del sangue di Cristo” (Cirillo e Giovanni di Gerusalemme, Le catechesi ai misteri, Città Nuova ed. Roma 1983, pag. 75). Pertanto, quando noi celebriamo l’Eucarestia , noi annunciamo la morte di Cristo: non come annuncio vuoto di un evento del passato, ma come obiettiva predicazione della morte del Signore, essendo il pane ed il vino divenuti - veramente, realmente, sostanzialmente - il Corpo ed il Sangue di Cristo.
 Nella seconda lettura, lo Spirito Santo ci ha detto: “Egli è mediatore di una Nuova Alleanza, perché, essendo ormai intervenuta la sua morte per la redenzione delle colpe, coloro che sono chiamati ricevano l’eredità eterna che è stata promessa”. Ogni volta che celebriamo l’Eucarestia si compie l’opera della nostra redenzione, ed in essa si realizza la nostra chiamata a partecipare all’eredità eterna che il Padre ci ha promesso. Infatti, come continua ad istruirci lo Spirito Santo, se il sangue di capri e vitelli aveva nell’antica alleanza una qualche forza salvifica, in quanto Dio si compiaceva in essi per la fede nella passione futura di Cristo in essi prelusa (cfr. S. Tommaso Super Ep. Ad Hebr 10,5), quanto più ora noi saremo salvati dalla celebrazione eucaristica, che ci dà modo di partecipare realmente a quella passione.
 Ed allora, fratelli e sorelle, non lasciamoci mai prendere dallo scoraggiamento! Non abbiate paura! Fino a quando nella nostra città si celebrerà l’Eucarestia, il male è già stato vinto, ogni peccato può essere perdonato. Ed a voi fratelli sacerdoti dico: celebrate con fede profonda l’Eucarestia, consapevoli che con essa voi fate il più grande beneficio ai vostri fedeli, fate ad essi il dono più grande.

2. Ma nelle parole di Cristo è contenuto un invito pressante a “mangiare” il pane, che è il Suo Corpo e a “bere” al Calice del vino, che è il Suo Sangue. L’intenzione profonda, ultima, che ha spinto Cristo ad istituire l’Eucarestia, è che il Sacrificio della Croce, compiuto una volta per tutte, venga partecipato da ognuno di noi. E’ che quello stesso Spirito eterno che spinse Cristo ad offrire se stesso sulla Croce, sia comunicato ad ognuno di noi, perché la nostra coscienza sia purificata dalle nostre opere morte e possiamo servire al Dio vivente.
 Penetrando in noi colla sua carità, Cristo ci libera dalla nostra incapacità di amare e ci fa il dono della vera libertà: quella di donare noi stessi. E così nel momento in cui noi riceviamo con fede e devozione l’Eucarestia, si realizza in noi perfettamente la volontà del Padre, quel disegno di amore che Egli ha progettato fin dall’eternità. Dice un grande vescovo della Chiesa antica: “Dio nel suo manifestarsi si è congiunto alla natura mortale perché l’umanità fosse insieme a lui divinizzata con la partecipazione alla divinità. Per questo egli dona come una semente, secondo il piano salvifico della grazia, a tutti i credenti, mediante la carne che si compone di vino e di pane, e si unisce al corpo dei credenti, perché attraverso l’unione con l’immortale anche l’uomo diventi partecipe dell’incorruttibilità.” (Gregorio di Nissa, La grande Catechesi, Città Nuova ed. Roma 1982, pag. 136).
Ed allora non mi resta che concludere collo stesso invito che S. Ambrogio rivolgeva ai suoi fedeli: “Accostatevi a Lui e saziatevi: Egli è pane. Accostatevi a Lui e bevete: Egli è sorgente. Accostatevi a Lui e rischiaratevi: Egli è luce. Accostatevi a Lui e diventate liberi: Dove c’è lo spirito del Signore, là c’è la libertà. Accostatevi a Lui e liberatevi dai lacci: Egli è perdono dei peccati. Vi domandate chi Egli sia? Ascolta quello che dice Egli stesso: Io sono il pane della vita. Chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete.” (Sant’Ambrogio, Commento al salmo 118/2, ed. Biblioteca Ambrosiana Milano e Città Nuova Editrice 1987, pagg. 268-269).