OMELIA OGNISANTI ALLA CERTOSA
1 novembre 1997
1. “Oggi ci dai la gioia di contemplare la città del cielo, la
santa Gerusalemme che è nostra madre”. Comincia così oggi
la grande preghiera eucaristica e mai come nella festività odierna
di tutti i Santi siamo invitati a vivere la celebrazione dell’Eucarestia
come partecipazione momentanea alla liturgia di lode della vita eterna.
Ma ciò che sconcerta è che siamo invitati a vivere questa
esperienza di passaggio “da questa mensa eucaristica ... al festoso banchetto
del cielo” in un cimitero. Quale contrasto! Siamo invitati a contemplare
la dimora della vita nella dimora della morte.
Ma questo primo “impatto” fra la festosa celebrazione eucaristica
in onore di tutti i Santi e questa “città della morte” ci aiuta
a penetrare fino in fondo nel mistero che stiamo celebrando.
L’apostolo Giovanni ci invita di fatto a porre il nostro sguardo
contemplativo sul centro stesso di tutto: “vedete quale grande amore ...”.
Ecco questo è la chiave interpretativa dell’intero: questo grande
amore con cui il Padre ci ha amati. E l’amore del Padre ha un preciso contenuto:
la nostra eterna predestinazione ad essere figli nel Figlio unigenito mediante
il dono dello Spirito Santo. Siamo partecipi della stessa divina figliazione
del Verbo che facendosi uomo, si è fatto primogenito di molti fratelli.
Tuttavia il medesimo apostolo Giovanni non ci nasconde che la realizzazione
in noi di questo progetto che il Padre ha disegnato per ciascuno, ha come
due momenti o tappe. “Ciò che saremo non è stato ancora rivelato”:
è il primo momento, nel quale il nostro destino e la nostra dignità
è come oscurata, non ancora rivelata. Anzi guardando questo luogo
in cui ci troviamo, negata da un altro destino e dall’indegnità
della corruzione del sepolcro. Ma l’apostolo continua: “Quando egli si
sarà manifestato, noi saremo simili a Lui”: è il secondo
momento, nel quale il nostro destino si compirà definitivamente.
“Poiché quelli che egli da sempre ha conosciuto li ha anche predestinati
ad essere conformi all’immagine del Figlio suo” (Rom. 8,29a): il secondo
momento, nel quale la nostra dignità sarà pienamente rivendicata.
Questo contrasto che appare ai nostri occhi fra una dimora di morte in
cui ci troviamo e la città del cielo che ci è dato la gioia
di contemplare per qualche momento, esprime compiutamente il nostro intero
cammino, l’intera verità della nostra persona, ancora una volta
mirabilmente descritto dalla preghiera liturgica: “verso la patria comune,
noi pellegrini sulla terra”. Qui, come in nessun altro luogo siamo confrontati
con l’enigma supremo della nostra esistenza: è questa nostra vita
una breve parentesi fra un nulla che ci precedeva ed un nulla eterno che
ci aspetta oppure è un pellegrinaggio verso la nostra vera e definitiva
dimora? “Noi saremo simili a Lui, perché lo vedremo così
come Egli è”. E’ questa la risposta cristiana: sei destinato a vivere
la stessa vita di Dio nella visione del suo Volto. Il sepolcro non è
la nostra dimora definitiva, dal momento che “noi saremo simili a Lui,
perché lo vedremo così come Egli è”.
2. Ma oggi ed in questo luogo questa contemplazione dell’amore del Padre
e nella sua luce, della verità della nostra persona, ha due particolari
dimensioni.
- Nel nostro pellegrinaggio ci sentiamo oggi accompagnati dai
nostri amici più cari, i santi. “Nella vita spirituale cristiana
i santi sono i fratelli maggiori che ci portano per mano, sono gli amici
che ci accompagnano nel cammino. Non ci manca mai il loro amore. Conoscono
le nostre debolezze, non si scandalizzano di noi, non si stancano, sono
sempre pronti ad aiutarci, ci confortano, ci danno fiducia. Se li conosceremo,
non potremo più dimenticarli” (D. Barsotti).
- In questo luogo ci sentiamo chiamati ad aiutare colla nostra
preghiera del cristiano suffragio chi ancora attende di vedere il Volto
del Padre.
Questa è la mirabile esperienza di essere Chiesa! Né
tempo, né spazio, né morte ci separa poiché Cristo,
nel quale viviamo, è ormai presente ovunque e sempre!
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