MATRIMONIO E FAMIGLIA: dono e responsabilità
Bondeno
19 marzo 1999
L’approccio al matrimonio e alla famiglia, che cercheremo di realizzare
questa sera, è diventato oggi assai poco frequente: assolutamente
inusuale. Esso infatti nasce da una convinzione che ben pochi (anche fra
cristiani!) oggi condividono: la convinzione che il matrimonio e la famiglia
non sono invenzioni umane di cui l’uomo può disporre illimitatamente,
ma sono un dono fatto da Dio creatore, di cui l’uomo è responsabile.
Si tratta di due approcci alternativi sia a livello di pensiero, di modo
cioè di capire matrimonio e famiglia, sia a livello di comportamenti.
Cercherò quindi nel primo punto di mostrarvi che cosa significa
considerare il matrimonio e la famiglia come dono e responsabilità;
nel secondo punto della mia relazione che cosa significa considerare matrimonio
e famiglia come pura invenzione umana ed infine cercherò di dare
alcuni orientamenti pratici.
1. Dono e responsabilità
Quando diciamo «matrimonio e famiglia», ciascuno di noi
pensa immediatamente al proprio matrimonio e alla propria famiglia. E vede
come una storia, un segmento assai importante della propria vita: come
il proprio matrimonio è stato costruito; come si svolge la vita
della propria famiglia; e così via. Ma questa è per così
dire la superficie. Esiste qualcosa di più profondo? Non è
difficile vedere le cose più in profondità: quella storia
coinvolge infatti la propria persona in esperienze come «amore»,
come «paternità- maternità», come «condivisione
della vita». Matrimonio e famiglia cioè sono esperienze che
non accadono alla “periferia della persona”: spesso, quanto meno, accadono
al “centro”. La controprova. Il fallimento del matrimonio è sperimentato
spesso come il fallimento della vita ; le tragedie famigliari sono fra
le più dolorose tragedie umane.
Vorrei che ci fermassimo lungamente, serenamente a riflettere su questo
legame fra persona umana e matrimonio, facendoci una domanda molto semplice,
ma profonda: nel matrimonio la persona umana può realizzare se stessa,
oppure chiedere questo al matrimonio è chiedere troppo?
Non ci siamo dimenticati della famiglia; per il momento però
concentriamo la nostra attenzione solamente sul matrimonio, anzi - lo ripeto
- sul rapporto fra matrimonio e persona.
1.1 Dobbiamo partire da una considerazione la più perspicace
possibile della persona umana. La persona umana è la realtà
più strana e paradossale che esista nell’universo poiché
è «composta» di due elementi fra loro essenzialmente
diversi: di materia (corpo) e di spirito. L’uomo è un corpo; l’uomo
è uno spirito. Non voglio fermarmi a considerare la prima dimensione
della persona, quella corporale: di essa abbiamo un’esperienza immediata.
Mi fermo un momento a considerare la dimensione spirituale. Che cosa significa
«l’uomo è spirito»? Significa che l’uomo, che ciascuno
di noi è capace di compiere alcune azioni che nessun altro vivente
è capace di compiere. Due precisamente: pensare ed amare. In che
cosa consiste precisamente la spiritualità del pensare e dell’amare?
Pensare significa capacità di far essere in se stessi l’altro senza
farlo diventare se stessi, senza assimilarlo, ma lasciandolo nel suo proprio
essere. In questo modo, cioè pensando, io mi apro a tutto ciò
che esiste: divento in un qualche modo tutto. Amare significa riconoscere
il valore dell’altro, stimarlo secondo la preziosità sua propria:
volere il bene dell’altro in quanto è dell’altro (e non il mio bene!).
E’ facile vedere come la nostra capacità di amare sia radicata nella
nostra capacità di pensare. Ma su questo per ora non voglio fermarmi.
Dunque l’uomo, ciascuno di noi, è contemporaneamente corpo e
spirito. Come è possibile questo «prodigio»? E siamo
alla domanda più seria sull’uomo.
Comincerò a rispondere facendo un esempio. Se noi facciamo l’analisi
chimica di un pezzo della Pietà di Michelangelo e l’analisi chimica
di un pezzo di marmo di Carrara, il risultato è identico. Sono la
stessa cosa? Nessuno può dire questo. Che cosa rende quel pezzo
di marmo che è la Pietà diverso da qualsiasi pezzo di marmo?
Il fatto che il primo è «in – formato» da un’altissima
ispirazione artistica che gli dà una forma nella quale l’ispirazione
risplende. Una cosa analoga accade nell’uomo, fin dalla sua origine. Il
nostro corpo è come informato dal nostro spirito che lo plasma dal
di dentro, lo configura ed attraverso il quale si esprime. Ecco chi è
concretamente la persona umana: ciascuno di noi. Essa è questo particolare
soggetto spirituale-corporale, capace di pensare e di amare e quindi capace
di relazionarsi con ogni realtà. “L’uomo non è l’anima, ma
qualcosa di composto dal corpo e dall’anima” (S. Tommaso d’A., 1,q.75,a.4c).
1.2 Facciamo ora un passo avanti nella scoperta del mistero della persona
umana. Noi vediamo che non esiste una generica persona umana: esiste la
persona umana-uomo ed esiste la persona umana-donna. Esiste cioè
una fondamentale divaricazione o di-morfismo all’interno della stessa umanità.
E’ inevitabile, per chiunque desideri conoscere l’intera verità
sull’uomo, domandarsi: che senso ha questo dimorfismo? La prima risposta
potrebbe essere la seguente. Considerando l’intero universo dei viventi,
si vede che quanto più complesso è l’organismo tanto più
la specie si perpetua attraverso il dimorfismo sessuale: l’uomo non fa
che continuare questa costante biologica. E pertanto il dimorfismo sessuale
ha un significato biologico: è in ordine ad una buona perpetuazione
della specie.
La cosa è vera; ma non è interamente vera. Anzi detta
così rischia di farci cadere in un grave errore: quello di non percepire
la specificità umana del dimorfismo sessuale. E’ pericoloso voler
capire l’uomo partendo dal basso!
Tenendo conto che l’uomo è unità di spirito-corpo (cfr.
§ 1.1), anche il dimorfismo sessuale non può essere un fatto
puramente corporeo. Esso è un fatto che riguarda la persona. Non
è un corpo che è maschio/femmina, è la persona che
è uomo/donna. La mascolinità/femminilità appartiene
alla persona stessa. Che cosa mi dice allora circa la persona il fatto
che sia uomo/donna? Atteso che mascolinità- femminilità sono
qualità «reciproche», esse significano che la persona
umana non esiste mai come «individuo a sé ed in sé
stante», ma esiste da sempre, originariamente, come «soggetto
in relazione a….». Ogni persona umana si trova «correlata all’altra»,
poiché ogni persona nasce «uomo» o «donna».
Il di-morfismo sessuale significa il carattere relazionale della persona,
e nello stesso tempo rende la persona-uomo capace di porsi in relazione
con la persona-donna. La sessualità è il «performative
language» della relazione fra le persone.
1.3 Facciamo un ulteriore passo avanti nella scoperta del mistero della
persona. Che cosa significa «relazione fra la persona-uomo e la persona-
donna»? Più concretamente: quando esiste questa relazione?
Non esiste quando si crea una sorta di «andro-gino», un’unità
indistinta nella quale l’uomo nega ciò che è proprio della
sua mascolinità e la donna ciò che è proprio della
sua femminilità.
Non esiste relazione, quando si costituisce attraverso il dominio-uso
dell’uno nei confronti dell’altro. Questa relazione in realtà non
è più inter-personale (fra due persone), ma si costituisce
sulla base della degradazione di una delle due a cosa (di cui fare uso).
Non esiste relazione, quando si costituisce attraverso una sorta di
contrattazione nella quale due libertà originariamente interessate
solo alla felicità dell’individuo, convergono nella condizione di
una parità fra il «dare-avere». Questa relazione contrattuale
nasce da una falsificazione dell’umanità della persona, e pertanto
costruisce un’apparenza di correlazione. In realtà è la coesistenza
provvisoria di due egoismi opposti.
La relazione si costruisce solo come reciproca appartenenza, costituita
dall’auto-donazione: è la «communio personarum», nella
quale la persona-uomo e la persona-donna mutuamente si donano e si ricevono.
La frase biblica è molto profonda: “…si unirà a sua moglie
e i due saranno una sola carne” (Gen. 2,24b).
Proviamo a fermarci un momento per ripercorrere sinteticamente il cammino
fatto nel tentativo di avere una qualche intelligenza del «mistero»
della persona umana. Chi è la persona umana? E’ questo soggetto
spirituale-corporale, reso capace nella e dalla sua costituzione sessuale
di porre in essere una comunione fra uomo e donna, posta in essere dalla
reciproca donazione: donazione nella quale i due diventano una sola carne.
1.4 Ci resta ancora un passo da fare. [Prima però devo fare una
precisazione, perché tutta la riflessione precedente non sia fraintesa.
Non ho voluto dire che quando ed ogni volta che si parla di «altro»,
si deve intendere sempre e solo «altro sesso». Il concetto
di «alterità»è più comprensivo ed esteso
del concetto di «alterità sessuale». Ho voluto dire
che l’esperienza originaria dell’alterità è attestata nell’esperienza
dell’alterità sessuale.]
La comunione inter-personale uomo-donna non implica la scomparsa dei
due: fra uomo e donna non esiste complementarietà, ma reciprocità.
E questa sussiste fino a quando esistono i due nella loro dualità.
Cioè: l’unità lascia sussistere l’alterità, la dualità.
Esiste dunque un’impossibilità radicale dei due di costruire
un’unità completa? Esiste: questa unità è il figlio.
E qui recuperiamo il vero valore umano di quella visione biologica di cui
ho parlato al principio (cfr. § 1.2). La capacità procreativa
è inscritta nel momento massimamente unitivo dell’uomo e della donna
non casualmente, ma perché risponde all’intima verità dell’amore
che li unisce. La loro unità non li chiude in se stessi, ma urge
per realizzarsi nella persona del figlio. Nella biologia della generazione
è inscritta la logica del dono.
Siamo così giunti alla conclusione del nostro interrogarci sul
«mistero» della persona umana, considerata nella sua interezza,
concretezza ed unità spirituale-corporale di soggetto capace di
pensiero e di amore, e quindi capace a causa del suo di-morfismo sessuale,
di porre in essere una comunione interpersonale fondata sulla reciproca
donazione ordinata al dono della vita ad una nuova persona.
1.5 La conclusione sconcerta. Siamo partiti dalla persona umana e siamo
giunti alla definizione di matrimonio e famiglia. Che cosa è il
matrimonio se non la comunione inter-personale uomo-donna nella quale essi
mutuamente si donano e si ricevono, in ordine al dono della vita? Che cosa
è la famiglia se non questa intima comunione costituita dalla coniugalità,
paternità-maternità, figliazione, fraternità?
Il fatto che partendo dalla considerazione della persona si giunga
alla definizione di matrimonio-famiglia, ci fa pensare.
Da questo possiamo capire che il matrimonio è una vocazione
naturale della persona umana. Naturale significa che esso esprime, è
in grado di esprimere la verità della persona umana. Esso, il matrimonio,
non è il risultato di istinti biologici semplicemente, nè
una pura creazione di convenzioni umane: ha le sue radici nella struttura
stessa della persona umana.
Ed ora siamo in grado di rispondere alla domanda da cui eravamo partiti:
nel matrimonio la persona umana può realizzare se stessa oppure
chiedere questo al matrimonio è chiedere troppo? La persona umana,
come abbiamo già detto, si realizza nella comunione del dono di
sé, e pertanto la vita coniugale è una delle forme fondamentali
in cui la persona può esprimere se stessa.
1.6 Giunti a questo punto, possiamo capire il significato profondo dell’
affermazione secondo la quale, matrimonio e famiglia sono «dono e
responsabilità».
Matrimonio e famiglia sono dono, perché e nel senso che la persona
umana nel suo essere uomo/donna è un dono che il Creatore ha fatto
ad essa stessa e ad ogni persona. Tocchiamo una delle verità più
profonde sull’uomo, e più difficili oggi da pensare ed accettare.
Ogni persona uomo/donna è un dono. Che cosa significa? Che ogni
persona ha avuto origine da un atto creativo di Dio: da una sua libera
decisione. Egli ci fa essere non perché abbia bisogno di noi, ma
gratuitamente: per puro amore. Nessuno ha diritto ad esistere di fronte
a Dio. In questo senso profondo ogni persona è un dono. Fatto a
chi? In primo luogo a se stessa: tu sei donato a te stesso! Non pensate
che siano astruse elucubrazioni. Ascoltiamo un testo biblico: “Egli in
principio creò l’uomo e lo lasciò in mano del suo proprio
volere… Egli ti ha posto davanti il fuoco e l’acqua, là dove tu
vuoi stenderai la tua mano. Davanti agli uomini stanno la vita e la morte,
a ognuno sarà dato ciò che a lui piacerà” (Sir. 15,14.16-17).
La tua persona, che è ciò che abbiamo detto, è
affidata alla tua libertà, nel senso che ciascuno di noi non è
già «completamente fatto», ma deve costruirsi e realizzarsi:
è un patrimonio da amministrare e fruttificare. E una delle ricchezze
umane è anche il matrimonio e la famiglia.
Ma ogni persona è donata ad ogni persona. Dalla realizzazione
vera di ciascuno dipende la ricchezza spirituale di tutta la comunità
umana. Pensiamo quale ricchezza sono stati i santi, cioè le persone
perfettamente realizzate: di essi noi ci nutriamo spiritualmente in continuità.
Ed in questo senso profondo, il matrimonio e la famiglia sono un dono fatto
all’umanità: in essi si vive in modo originario la comunione fra
le persone; ed è la comunione interpersonale che costituisce il
legame più profondo nella stessa umanità.
Senza quasi accorgercene parlando del dono, abbiamo già parlato
di responsabilità, perché abbiamo parlato di libertà.
Ogni uomo è responsabile di se stesso e quindi è responsabile
del matrimonio e della famiglia: il «se stesso» è un
“capitale” che non può essere dilapidato. Uno dei beni di questo
capitale è il matrimonio e la famiglia: dilapidare questo bene significa
dilapidare il patrimonio che è l’uomo.
2. Invenzione umana e desideri individuali
Richiamo in sintesi le affermazioni fondamentali del numero precedente.
Prima: il matrimonio, inteso come comunione fondata sull’auto-donazione
reciprocamente fatta ed accettata di un uomo e di una donna, è radicato
nella struttura stessa della persona umana [= il matrimonio è «naturale»].
Seconda: la famiglia, intesa come comunità di genitori-figli, trova
la sua origine ed il suo fondamento nel matrimonio. Terza: poiché
il matrimonio è radicato nella persona e la famiglia nel matrimonio,
dal momento che la persona è un dono di cui ciascuno è responsabile,
coll’esistenza della persona è donato anche il matrimonio e la famiglia,
di cui siamo responsabili.
Fino ad un certo punto, questa concezione fu uno dei pilastri della
nostra civiltà: anche la nostra Costituzione l’ha fatta propria.
Oggi essa è stata, per così dire, completamente «smontata».
Vorrei ora brevemente mostrarvi questo processo di «smontatura».
Parole come «matrimonio», «sposi», «paternità-maternità-figliazione»
non hanno più un significato univoco.
Nel luglio del 1978 viene al mondo la prima persona umana concepita
non mediante un rapporto sessuale, ma mediante un procedimento tecnico
di fecondazione in vitro. Questo fatto costituisce la vera svolta. Dimostrando
possibile il concepimento umano senza alcuna relazione sessuale, la fecondazione
in vitro separava per ciò stesso in linea di principio almeno, la
paternità/maternità dalla sponsalità/coniugalità
. In un duplice senso. Nel senso che l’attività responsabile del
concepimento non è più un rapporto inter-personale carico
di per sé di un significato di amore e di dono, appunto coniugale,
ma è un’attività produttiva-tecnica. E nel senso che
le cellule germinali non necessariamente provengono dal corpo dei due sposi:
come poi di fatto si cominciò a fare. E qui il primo pezzo della
costruzione è stato smontato: la paternità/maternità
non implica di per sé una relazione biologicamente fondata. Per
essere padre/madre non è necessario esserlo anche biologicamente.
E’ vero che la dipendenza biologica del figlio dalla madre è
ben più consistente di quella dal padre: la gestazione è
della madre. Tuttavia, una volta posto il principio della non essenzialità
della dimensione biologica, si può di fatto anche chiedere ad un’altra
donna di compiere la gestazione: una sorta di presta-utero, che, se ricompensata,
acquista il carattere di un vero e proprio «affitto di utero».
Ciò che è puntualmente accaduto, introducendo un’ulteriore
precisazione: non solo maternità non implica necessariamente discendenza
biologica, ma neppure gestazione. Pertanto, madre non è necessariamente
né chi ti ha generato, né chi ti ha portato in utero.
Ma c’è qualcos’altro ben più profondo. Il distacco fra
generazione biologica e paternità/maternità ha portato alla
fine a non escludere neppure la separazione radicale della stessa dal matrimonio
come tale. A questo punto noi incontriamo un fenomeno culturale di portata
immensa che, collegandosi colle nuove possibilità tecniche, ha condotto
a termine la separazione della paternità-maternità del matrimonio
e – soprattutto – ha interamente cambiato la definizione stessa di matrimonio.
Si tratta della interpretazione della sessualità umana come
non avente in sé e per sé un suo proprio significato. Sono
costretto a presentare un fenomeno culturale assai complesso in tempo breve,
e quindi in modo assai scarno. Il dimorfismo sessuale, l’essere uomo –
l’essere donna, non è più interpretato in termini di reciprocità,
come abbiamo fatto nella prima parte della nostra relazione.
Nel momento in cui questa interpretazione del dimorfismo sessuale umano
cessa, la sessualità umana perde il suo significato proprio: viene
cioè negato che ne possegga qualcuno originario. Ha quel significato
che la persona vuole attribuirgli. E pertanto, la convivenza omosessuale
è della stessa natura (si fa per dire) della convivenza eterosessuale.
Si giunge cioè alla equiparazione etica dei due modelli di comportamento
sessuale.
In che senso questa equiparazione influisce sul processo di smontatura
del concetto di paternità/maternità e del concetto di matrimonio?
Nel senso che non si vede più perché non si debba dare un
figlio anche alle coppie omosessuali da una parte, e dall’altra il concetto
di maternità non è più correlativo a quello di paternità
e viceversa. E’ da ritenersi pienamente legittimato che una persona abbia
«socialmente» due madri senza un padre o due padri senza una
madre.
E’ facile vedere come tutte e tre le affermazioni di cui sopra sono
state negate. Prima: il matrimonio è un fatto puramente convenzionale,
fondato sulla ricerca della propria felicità individuale, che può
esistere anche fra persone dello stesso sesso. Seconda: la famiglia non
trova necessariamente la sua radice nel matrimonio, poiché può
costruirsi di convivenza in modelli contrari fra loro. Terza: matrimonio
e famiglia sono realtà che dipendono esclusivamente dai «desideri»
o «bisogni» dei singoli.
Oggi siamo precisamente a questo punto: nel momento in cui queste due
visioni di paternità/maternità si scontrano.
A dire il vero, c’è ancora un «punto di contatto»
fra le due: in ogni caso per concepire un bambino, ci vuole un uomo e una
donna! Ma anche questo ultimo punto sta per essere annullato attraverso
la clonazione. Essa infatti, in quanto riproduzione artificiale, è
ottenuta senza l’apporto dei due gameti e quindi trattasi di una riproduzione
asessuale ed agamica. Non si hanno notizie sicure di clonazioni umane,
ma si hanno buone ragioni per ritenere che è una possibilità
non a lungo termine. In questo processo le relazioni fondamentali della
persona umana, la figliazione e la genitorialità sono esplose: una
donna può essere sorella gemella di sua madre, mancare del padre
biologico ed essere figlia di suo nonno.
Questa è la situazione spirituale: una situazione senza precedenti,
poiché sono le fondamenta stesse dell’umano ad essere messe in questione.
3. Orientamenti pratici
Devo ormai ridurmi a pure enunciazioni: avremo altre occasioni per riprendere
questi temi, che esigono riflessioni profonde, accurate e prolungate.
In situazioni come queste, le reazioni emotive sono le meno indicate.
Tre sono le sfide fondamentali.
Trattasi di una sfida alla nostra ragione, intesa come capacità
di conoscere la verità. E’ una crisi di verità in primo luogo:
non sappiamo più chiaramente come stanno le cose.
Trattasi di una sfida alla nostra libertà, intesa come capacità
di sottomettersi solo alla verità conosciuta e non semplicemente
ai propri desideri: non crediamo più alla nostra libertà.
Trattasi di una sfida alla nostra capacità di educare , intesa
come capacità di portare i giovani alla vera ed intera pienezza
della loro umanità: abbiamo rinunciato all’educazione per accontentarci
dell’informazione.
Abbiamo bisogno di maestri, di santi, di padri: maestri che ci aiutino
a pensare, santi che ci facciano sentire il fascino della libertà,
padri che sappiano generare in umanità.
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