Settima catechesi dei giovani
15-3-97
DIO MANDO’ IL SUO FIGLIO NATO DA DONNA
Lc 1,26-38
Riprendiamo il contenuto essenziale della catechesi precedente. Gli
Apostoli ci hanno trasmesso una notizia sconcertante: Gesù di Nazareth,
uomo in tutto simile a noi, è il Figlio di Dio, morto a causa dei
nostri peccati e risorto per la nostra salvezza. Questa notizia è
ragionevolmente credibile. Cioè: se decidi di credere che questa
notizia è vera, non fai una scelta irragionevole. Al contrario:
è più irragionevole il rifiuto di credere a quella testimonianza.
Questo è stato il contenuto della precedente catechesi.
Questa sera voglio riflettere su un “particolare” di quel racconto
apostolico, di quella notizia sconcertante. Questo: Dio si è fatto
uomo nello stesso modo in cui ciascuno di noi viene al mondo, cioè
concepito-partorito da una donna di nome Maria. E’ di questa donna che
questa sera voglio “balbettarvi” qualcosa, di lei in quanto è vera
madre di Dio. Nel parlare di Maria, come avete appena ascoltato, il Vangelo
mette in risalto senza possibilità di equivoci i due elementi essenziali
che costituiscono la maternità: “ecco concepirai” un figlio, lo
darai alla luce”. Perché ho detto di voler “balbettare” qualcosa
a riguardo? Perché ci troviamo di fronte a uno dei paradossi più
sconcertanti del cristianesimo. Lo stupore che i credenti provano di fronte
a questo avvenimento, è senza fine: di fronte alla dignità
incomparabile di questa donna.
1. Partiamo da una constatazione molto semplice, ma assai importante:
quando noi diciamo che Maria è la madre di Dio, noi costatiamo un
fatto di cui è protagonista più Gesù che Maria, che
parla più di Gesù che di Maria.
Vi ricordate come abbiamo terminato la catechesi scorsa? Abbiamo terminato
leggendo e commentando brevemente una pagina di S. Paolo (Fil. 2,6-11).
Veramente Gesù è Dio fattosi uomo: non si tratta di un mito
(il mito cristiano!); non si tratta di una creazione della fantasia di
alcuni esaltati, né della bugia di uomini disonesti. E’ un fatto
veramente accaduto. Ma ha veramente condiviso in tutto la nostra vicenda
umana? In tutto, anche in ciò che sembra essere il momento più
umile, più debole, più fragile in quella vicenda: l’essere
concepito nel corpo di una donna, il rimanervi nove mesi, l’essere partorito.
Alla reazione di uno che diceva di rabbrividire al pensare a un Dio “coagulato
nell’utero, partorito tra dolori, lavato, fasciato”, uno scrittore della
Chiesa antica rispondeva: “E’ che Cristo ha amato l’uomo, e insieme con
l’uomo ha amato anche il suo modo di venire al mondo” (Tertulliano, Sulla
carne di Cristo 4,3). Dunque, vedete che quando noi diciamo che Maria è
la madre di Dio, noi diciamo con una forza unica che Dio si è fatto
veramente uomo, poiché madre vuol dire concepire - portare in grembo
nove mesi - partorire.
Ma non solo. Dicendo che Maria è la madre di Dio, diciamo
che Gesù è veramente Dio. Se Gesù è visto -
come avviene purtroppo così spesso anche ai nostri giorni - come
il più grande maestro di vita mai esistito, come un grande profeta
che illumina l’uomo colla sua dottrina religiosa e così via, non
puoi più dire: Maria è la madre di Dio. Il dirlo sarebbe
una orrenda bestemmia. E’ proprio vero di lei ciò che è vero
di ogni madre! Ella è la più ... implacabile custode della
identità del suo figlio. Fermiamoci un momento a riflettere su questo
punto.
Gesù di Nazareth (uomo concepito e partorito da Maria)
è Dio stesso: è questa la notizia che gli apostoli ci hanno
tramandato. Ora questa notizia sarebbe falsa, se non dicessi che veramente
Maria è madre di Dio. Dire questo significa che Gesù concepito
e generato da Maria non è altri dal Figlio di Dio, non è
una persona diversa dalla persona del Figlio di Dio. E’ la stessa persona
divina che è stata concepita e generata nella nostra natura umana,
da Maria. “Il titolo di Madre di Dio è anche una specie di baluardo
che si oppone sia alla ideologizzazione di Gesù che fa di lui un’idea
o un personaggio più che una vera persona, sia alla separazione,
in lui, dell’umanità dalla divinità che metterebbe in pericolo
la nostra salvezza. Maria è colei che ha ancorato Dio alla terra
e all’umanità; colei che, con la sua divina e umanissima maternità,
ha fatto per sempre di Dio l’Emmanuele, il Dio-con-noi. Ha fatto di Cristo
il nostro fratello.” (R. Cantalamessa, Maria uno specchio per la Chiesa,
Editrice Ancora, Milano 1992, pag. 75-76).
La conseguenza allora è che la nostra attitudine nei confronti
di Maria deve essere di una gratitudine senza limiti e senza tempo: è
la Madre di Dio fattosi uomo. Dunque, palare di Maria significa parlare
... di Gesù Dio fattosi uomo.
2. Vorrei ora richiamare la vostra attenzione sulle ultime cose che
abbiamo detto, per riscoprire chi è veramente questa donna che chiamiamo
Madre di Dio. Lo voglio fare nel modo più semplice possibile.
Fino ad ora parlando di Maria in riferimento a Gesù, abbiamo
insistito per così dire sulla dimensione fisica della sua maternità:
è accaduto ciò che accade quando una donna diventa madre,
cioè concepisce - gestisce nove mesi - partorisce. E dovete dare
a queste parole tutto il loro peso fisico, senza false spiritualizzazioni.
Ma se ci fermiamo a questo, noi non avremmo veramente capito che cosa significa
“divenire madre”. Non significa concepire e generare un corpo, ma una persona.
Ciascuno di noi dice: io sono stato concepito-partorito da mia madre! La
maternità di Maria non deve essere vista solo in riferimento alla
natura umana di Cristo. Essa deve essere vista anche e soprattutto in riferimento
alla persona che viene concepita e generata nella natura umana: è
la persona del Figlio di Dio. E quindi Maria concepisce e partorisce una
persona divina e quindi è detta, ed è veramente Madre di
Dio, anche se ha dato a questa Persona solo l’umanità, anche se
l’ha concepita e generata solo nella nostra natura umana. Ella è
quindi in un rapporto unico con una Persona divina: è suo Figlio!
La conseguenza è che la persona di Maria gode di una dignità
assolutamente singolare. La nostra attitudine nei suoi confronti deve essere
di una lode senza limiti.
3. Ma è necessario un terzo ed ultimo passo: la maternità
essendo una relazione ad una persona, è anche e soprattutto una
comunione fra le due persone. La più profonda, quella che esiste
fra figlio e madre. Il Vangelo ha degli accenni molto fugaci: la fede di
Maria; la sua discrezione; la sua premura; il suo coraggio.
La conseguenza è che dobbiamo avere nei confronti di Maria
un’attitudine di sconfinata confidenza: ricorrere a Lei perché sostenga
la nostra preghiera.
Conclusioni
- La maternità di Maria ci tiene nella “carnalità” della
nostra fede: è fede in un storia reale, non in un mito, non una
dottrina in primo luogo. Non si è cristiani, se non si è
mariani.
- La maternità di Maria ci svela definitivamente la dignità
della donna: è la donna stessa, ogni donna, che è stata elevata
in Lei.
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