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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


QUINTA VEGLIA DI QUARESIMA
Cattedrale S. Pietro
27 marzo 2004

1. "Pregare significa intrattenersi a dialogo col Signore dell’universo. Quale fortuna è più invidiabile di colui che ha l’onore di poter conversare, senza restrizione di sorta, con il Signore?". Carissimi catecumeni, questa sera la santa Chiesa vi consegna la "preghiera del Signore". Attraverso questa consegna essa dice a voi e ricorda a noi che il battesimo ci dona la possibilità di pregare. Come ci ha appena ora insegnato S. Giovanni Crisostomo, ci dona "l’onore di conversare con Dio". Sì, è necessario che questa sera ci lasciamo completamente possedere, fedeli e catecumeni, dalla convinzione che la preghiera è l’atto più grande che l’uomo possa compiere. Pregare infatti è "conversare, senza restrizioni di sorta, con il Signore". Quale evento descrivono queste semplici parole! È possibile "conversare col Signore"? come possiamo essere sicuri che la nostra povera parola sia ascoltata da Dio, che il nostro grido di invocazione giunga fino a Lui? Non è possibile, poiché infinita è la distanza che separa Dio dalla creatura.

Ma ciò che era impossibile all’uomo, Dio lo ha reso possibile inviando il suo Figlio unigenito nella nostra natura umana. Attraverso il battesimo noi diventiamo partecipi della stessa figliazione divina di Gesù, figlio unigenito del Padre, che diviene così anche nostro Padre. Intimamente trasformati, elevati alla dignità sublime di figli, noi possiamo rivolgere la nostra parola al Padre del Signore nostro Gesù Cristo come al Padre nostro. In Gesù e con Gesù noi siamo introdotti nella stessa famigliarità che egli ha col Padre, nella sua vita di intimità col Padre. L’invocazione che egli rivolge al Padre come ci attestano i Vangeli, si continua oggi in noi quando preghiamo, mossi come siamo dallo Spirito Santo che abita nei nostri cuori e grida con noi. Padre [cfr. Gal 4,6]. È lo Spirito Santo che produce in noi lo spirito filiale e ci associa alla preghiera di Gesù. Uniti a Gesù, noi continuiamo la sua invocazione al Padre.

Siamo allora consapevoli che la preghiera è l’atto più grande che l’uomo possa compiere? Vedete quanto è bella la nostra Cattedrale! Eppure la sua costruzione è stato un atto meno importante della preghiera che un bambino battezzato può recitare in essa. La preghiera del bambino raggiunge Dio. La Cattedrale è stata costruita per questo. Tutto il governo della Chiesa, l’attività della Chiesa è interamente finalizzata alla preghiera dei fedeli. Se infatti non introduce l’uomo nella preghiera, non lo introduce nel rapporto con Dio, cioè nella vita eterna.

2. Fra pochi istanti compirò su voi catecumeni un gesto assai significativo. Toccando col pollice l’orecchio destro e sinistro e la vostra bocca chiusa dirò: "apriti", apriti all’ascolto ed apriti alla professione di fede e alla preghiera.

Questo gesto ci introduce ad una comprensione più profonda della preghiera. La preghiera è "conversare, senza restrizione di sorta, col Signore". Chi ha l’iniziativa di questa conversazione? Chi comincia? È il Signore che ci rivolge la sua parola e noi rispondiamo: ecco il mirabile evento della preghiera, parola che Dio rivolge all’uomo e risposta dell’uomo alla parola di Dio.

Perché dunque l’uomo possa fare sua la preghiera di Cristo deve possedere due qualità: ascoltare, parlare. La Chiesa questa sera, carissimi catecumeni, vi apre le orecchie perché ascoltiate la voce del Signore; vi apre la bocca perché sappiate rispondere al Signore.

La nostra preghiera nasce dall’ascolto della Parola; nasce dalla sua lettura meditata. Chi non sa ascoltare non sa pregare.

Ma nella sua condiscendenza il Signore ci ha anche insegnato la risposta alla sua parola: "Voi dunque pregate così: Padre nostro…". Ce lo ha insegnato perché fossimo ascoltati con più facilità dal Padre usando le stesse parole del suo Figlio.

"Perciò, fratelli carissimi" concludo con le parole del Vescovo S. Cipriano "preghiamo così come Dio, nostro maestro, ci ha insegnato. Invocare Dio per mezzo di suo Figlio e far giungere alle sue orecchie la preghiera di Cristo. È un’orazione amichevole e familiare per il Padre celeste. Il Padre riconosce le parole di suo Figlio, quando preghiamo; Cristo, che abita all’interno del nostro cuore, sia presente nella nostra voce" [Trattati. La preghiera del Signore 3; CN ed., Roma 2004 pag. 146].

Così sia sempre nella nostra preghiera.