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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


Terza Veglia di Avvento
Cattedrale, 16 dicembre 2006


1. La parola dell’Apostolo questa sera ci guida a meditare il Mistero cristiano nel suo cuore. Il Mistero cristiano è Dio che manda il suo Figlio "perché ricevessimo l’adozione a figli". È Dio che nel suo Figlio comunica a noi la sua stessa vita "rivestendoci di Cristo" e così ci introduce nella sua stessa divina famiglia.

L’Apostolo vuole renderci consapevoli dell’assoluta novità di questo evento. Esso spezza in due parti la storia: "prima che venisse la fede" [cioè che accadesse quel fatto che solo la fede mi fa riconoscere] - quando "eravamo come schiavi degli elementi del mondo".

Ma quell’evento soprattutto cambia radicalmente la condizione di ciascuno di noi: prima "schiavi" ora "liberi"; prima "schiavi" ora "figli". Non solo la condizione di ciascuno di noi singolarmente preso, ma anche l’assetto oggettivo della comunità umana: "Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo e donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù".

Il Mistero opera questa trasformazione in quanto si comunica all’uomo ed in quanto l’uomo entra in esso: "quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo"; "che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbá-Padre". Ecco, vedete? Quando il Mistero si comunica [= lo Spirito mandato nei nostri cuori]; quando l’uomo vi entra [= battesimo in Cristo], tutta la sua condizione è trasformata. Comunicandosi, il Mistero ci trasforma.

Questa trasformazione è un cammino poiché Dio si comunica a noi in Cristo progressivamente, e lo Spirito mandato nel nostro cuore prende progressivamente dimora in esso. Il Signore cioè viene, desidera venir continuamente nella nostra persona: il suo avvento è sempre imminente. Ciascuno di noi può applicare a sé la seconda antifona: "rallegrati, esulta, santa città di Dio: a te viene il tuo Re. Non temere: la tua salvezza è vicina".

2. La Chiesa in questo Ufficio vigilare ci mette accanto Maria come Colei che ci insegna a vivere l’avvento del Signore, ad accogliere il Mistero che trasforma la nostra persona.

Il responsorio della seconda lettura parlava di un "gran nugolo di testimoni", in particolare di Abramo e di Sara. Ma è soprattutto Maria che sa guidarci.

Il Signore non si fa conoscere che a chi lo attende; e si rivela loro progressivamente. E la condizione necessaria è la fede: "A Dio che si rivela è dovuta "l’obbedienza della fede", per la quale l’uomo si abbandona a Dio tutto intero liberamente, come insegna il Concilio. Questa descrizione della fede trovò una perfetta realizzazione in Maria". In Lei il Mistero prese dimora perché ella si abbandonò a Dio tutta intera liberamente, ed attraverso di lei il Mistero iniziò a vivere nel nostro mondo.

La preghiera con cui termineremo questo Ufficio vigilare dice sinteticamente tutto: "guarda, o Padre, il tuo popolo che attende con fede il Natale del Signore". L’attesa è la fede; è attesa non di un fatto passato ma di una trasformazione della nostra persona in Cristo: Cristo nasce in noi.