UFFICIO VIGILIARE III DOMENICA DI AVVENTO (B)
Cattedrale, 10 ottobre 2005
1. Poniamoci questa sera alla scuola della parola profetica. Essa è in primo luogo una parola di rimprovero rivolto a chi si avvicina al Signore solo a parole e lo onora solo colle labbra, mantenendo però il cuore lontano da Lui. Carissimi fedeli, il "punto centrale" della nostra esperienza di fede è precisamente questo: la vicinanza del cuore al Signore; la vicinanza della propria persona al Dio dell’alleanza.
Tutti voi avete presente la magnifica scena della creazione dell’uomo dipinta da Michelangelo nella Cappella Sistina: il dito creatore di Dio si allunga fino quasi a toccare il dito proteso di Adamo reclinato. Il vero problema dell’uomo è di colmare quel vuoto. Tutta la storia della salvezza è costituita e dalle mani di Dio che donano e dalle mani dell’uomo alzate: il profeta ci avverte sul rischio che non si tocchino mai, perché l’uomo si avvicina solo a parole. È in Gesù che le due mani, quella divina e quella umana, si stringono e solo se noi viviamo in Lui manteniamo il cuore vicino a Dio.
2. Ma il profeta ci rivolge anche un secondo rimprovero: organizzare la propria vita prescindendo dal Signore. La parola profetica ci conduce a riflessioni profonde sulla nostra interiorità: "guai a quanti vogliono sottrarsi alla vista del Signore", poiché – come insegna la lettera agli Ebrei - "non c’è creatura che possa nascondersi davanti a lui, ma tutto è nudo e scoperto agli occhi suoi e a lui noi dobbiamo rendere conto" [4,13].
È un invito forte, carissimi fratelli e sorelle, a purificare il nostro cuore. Il profeta paragona – come avete sentito – il rapporto dell’uomo a Dio al rapporto di un vaso a chi lo ha plasmato. Mediante il santo battesimo noi siamo già stati formati come creature nuove e ci è stato donato un cuore nuovo. La formazione di un cuore nuovo mediante il dono dello Spirito si è compiuta nel nostro battesimo e perfezionata nella cresima. Ora tocca a ciascuno di noi acconsentire sempre più a quest’opera meravigliosa: divenire ogni giorno più "creature nuove" (cfr. 2Cor 5,17), "ad immagine del nostro Creatore" (cfr. Col 3,10), "nella giustizia e nella santità della verità" [Ef 4,24].
3. Ma il profeta non ci rivolge solo parole di rimprovero. Termina il suo dialogo con noi con parole di consolazione.
Il Signore è sempre nella disposizione misericordiosa di compiere in ciascuno di noi grandi opere. I suoi doni sono riassunti dal profeta colle seguenti parole: "udranno in quel giorno i sordi le parole di un libro; liberati dall’oscurità e dalle tenebre gli occhi dei ciechi vedranno". È il dono dell’ascolto e della visione. Quando vogliamo dire che una persona si chiude sempre più in se stessa, si pone fuori dalla realtà, diciamo: "è come un sordo; è come un cieco". La grazia del Signore ci introduce nella realtà della nostra vocazione; nella consapevolezza della grandezza della nostra speranza. Con quale risultato? "gli umili di rallegreranno di nuovo nel Signore; i più poveri gioiranno nel Santo di Israele". Che questa promessa si compia in ciascuno di noi!
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