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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


Incontro di presentazione del volume Ubi fides ibi libertas. Scritti in onore del Card. Giacomo Biffi
Bologna, sala dello Stabat Mater dell’Archiginnasio, 14 giugno 2016


Eccellenza carissima, egregio dottor Francia, carissimi amici tutti,

sento in primo luogo il bisogno, ancor più che il dovere, di esprimere la mia più profonda gratitudine ad alcune persone per questa memoria di un grande, indimenticato arcivescovo di Bologna, che stiamo facendo.

In primo luogo a chi siede ora sulla cattedra di san Petronio, l’arcivescovo Matteo Zuppi. Avvertito del progetto, egli lo ha entusiasticamente accolto, anzi ha desiderato e chiesto che fosse sotto il patrocinio della Chiesa bolognese. Grazie, Eccellenza!

Devo poi ringraziare i carissimi don Samuele e Dario, i quali con affetto di figli spirituali hanno curato la pubblicazione di Ubi fides ibi libertas con sapienza e amore. Infine, ma non da meno, il più caloroso ringraziamento al dottor Francia, che ha accettato di seguire questa iniziativa con la sua competenza ed ha amabilmente accettato di presiedere questa tavola rotonda.

 

* * *

 

“Ricordatevi dei vostri capi — dice la Scrittura — i quali vi hanno annunciato la Parola di Dio. Considerando attentamente l’esito del loro tenore di vita, imitatene la fede!”. Queste parole della Scrittura (Lettera agli Ebrei) dicono l’intenzione più profonda che ha mosso don Samuele e Dario a preparare l’opera che stiamo presentando, e dicono anche la ragione per cui ci troviamo ora in questo luogo. Stiamo compiendo un comando divino: ricordare chi è stato capo della comunità cristiana ma anche riferimento solido per la società civile, come è stato appena detto, non solo quella bolognese.

Ma la stessa Parola sopra citata ci dice anche le ragioni dalle quali deriva l’imperativo del ricordo.

La prima. “[…] i quali — dice la Scrittura — vi hanno annunciato la Parola di Dio”. Questo è stato, a mio avviso, il più grande lascito del Cardinale Biffi: l’annuncio della Parola di Dio. Un tesoro di dottrina che lo colloca sicuramente tra i più grandi Pastori della Chiesa italiana del XX secolo. Per il libro che stiamo presentando è stato chiesto a filosofi e teologi di illustrare questa dottrina. Ci auguriamo però che negli anni futuri sia fatto oggetto di ricerche accurate.

Per quanto mi riguarda desidero accennare solo ad una riflessione. Stiamo assistendo, nella Chiesa contemporanea, ad una progressiva delegittimazione della cultura in nome di un impegno, supposto più intenso, pastorale. Sono convinto che una Chiesa più povera, povera di dottrina, non è una Chiesa più pastorale, è semplicemente una Chiesa più ignorante. E quindi meno immunizzata contro il pericolo di prostituirsi col potente di turno.

Ubi fides ibi libertas è il titolo del libro che stiamo presentando, scelto perché questo era anche il logo del vescovo Biffi. L’impegno suo precipuo fu di annunciare a tutti, musulmani compresi, una fede splendida, splendida per lo splendore di una verità pensata e, quando era necessario, anche difesa. Proprio per questo egli fu anche, come è stato già detto or ora, egli fu un grande difensore della ragione. Amava ripetere: “Non è che l’Occidente abbia perso la fede; ha perso la ragione”. E una fede senza la ragione è impossibile, perché l’atto di fede è un atto ragionevole. Quando dico ragionevole non intendo una qualità propria di chi ha studiato, di chi ha letto tanti libri; non è questo.

E qui non posso non raccontarvi un piccolo episodio occorsomi durante i miei anni di ministero episcopale in questa santa Chiesa di Bologna. Durante una visita pastorale in una delle parrocchie più piccole della nostra montagna,  visitai una persona molto anziana, una anziana contadina che ormai non si muoveva più da qualche anno da casa sua, in un luogo molto sperduto (non ci si poteva arrivare neanche con la macchina; ci siamo andati a piedi, col parroco). Ho parlato a lungo con questa anziana persona, e mi ha detto cose che non dimenticherò mai più per la loro profondità. Mentre tornavamo a casa ho detto al parroco: “Ma questa donna non fa che leggere la Sacra Scrittura!”. Era come se parlasse la Scrittura. “Eminenza — mi disse — non si meravigli, quella donna è pressoché analfabeta; a malapena sa leggere e scrivere”.

Questa è la ragionevolezza della fede! La fede che diventa spiegazione del vivere umano. Non un’emozione.

 

Ma la parola che abbiamo citato all’inizio dice anche una seconda ragione per cui dobbiamo custodire la memoria di questo grande Arcivescovo. Dice la Scrittura: “Considerando attentamente l’esito del loro tenore di vita, imitatene la fede!”. Credo che la lettura del libro in questa prospettiva possa farci del bene. Il tenore di vita di cui parla il testo biblico era caratterizzato, nel Cardinale Biffi, da una grande libertà interiore. Ubi fides ibi libertas.

Egli disse — in una breve intervista con il giornalista Sergio Zavoli, pubblicata proprio in queste settimane — “Secondo me stiamo un po’ censurando l’Evangelo su questo punto — sta parlando della ricerca del consenso — perché certe frasi non le ripetiamo più spesso. Per esempio ‘guai a voi quando tutti gli uomini parleranno bene di voi’. Che però — continuava il Cardinale — non significa che dobbiamo essere antipatici”.

Leggendo il libro vi renderete conto di questo “tenore di vita”.

Ho voluto soffermarmi su questo aspetto fra i tanti che si potevano riprendere, perché mi sembra di particolare attualità. Chi crede non è mai solo, e quindi anche in tempi così nebulosi come i nostri non può non avere speranza. Chi non crede prenda stimolo ed esempio dalla memoria dei grandi; e Biffi fu tale!

Concludo. È stato detto che il Cardinale Biffi era un uomo lontano dalla vita, astratto, e via di questo passo su questa strada. Nulla di più falso, ed è per questo che termino citando un suo testo ancora, che dice: “Il problema umano è sempre un problema sintetico, perché l’uomo ha sempre di fronte ciò che c’è di più sintetico, che è il suo vivere nella storia. Allora egli ad un certo punto si deve domandare quale sia la scelta che lui deve fare su alcuni interrogativi che sono di tutti, non solo di quelli che hanno studiato, ma anche dei semplici. Questa è la democrazia della verità. Per esempio: ‘Che cosa c’è dopo la morte?’”.

Una delle strutture portanti della Chiesa, per divina volontà del suo Fondatore, è quel fatto mirabile, unico nella storia umana, della successione apostolica. Nella comunità cristiana ciascun successore degli Apostoli, cioè in questo caso ciascun Arcivescovo di questa Chiesa di Bologna, ha il suo dono speciale, che viene come depositato in quella che il catechismo chiama “la Tradizione” e che un grande poeta del secolo scorso, Thomas Eliot, chiamava “il momento presente del passato”. Una ricchezza, questa, che si tramanda di generazione in generazione, e questo libro vuole aiutarci a considerare attentamente un anello di questa santa catena, di questo straordinario “momento presente del passato”.

Grazie.