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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


XXIX  DOMENICA - C
S. Benedetto – Ferrara  18 ottobre 1998


1. “Carissimo, rimani saldo in quello che hai imparato … sapendo da chi l’hai appreso e che fin dall’infanzia conosci le Scritture”.
 L’apostolo Paolo, giunto ormai al termine della sua vita, rivolge queste parole al suo discepolo Timoteo, carico della responsabilità di governare una comunità cristiana in momenti di particolare difficoltà. Queste difficoltà consistono in un grave disordine dottrinale che stava investendo la Chiesa a causa di maestri non fedeli alla sana dottrina, appassionati ad inutili ricerche e vacui dibattiti (cfr. 1Tim 6,3; 1,3; Tit 3,9).
 In questa situazione, l’apostolo fa un richiamo e rivolge un’esortazione singolare a Timoteo: quella di ricordarsi, per rimanervi fedele, dell’educazione ricevuta fin dall’infanzia. Anzi, qualche riga precedente diceva: “Mi ricordo della tua fede schietta, fede che fu prima della tua nonna Loide, poi in tua madre Eunice e ora, ne sono certo, anche in te” (1,5). Testo davvero mirabile! Esso descrive semplicemente l’atto educativo. Esso consiste nella trasmissione che l’adulto (in questo caso la nonna e la madre) fa al ragazzo e al giovane, di una “visione della vita, di un interpretazione dell’esistenza” che egli ritiene vera, perché chi è educato possa gradualmente assimilarla e verificarne la consistenza. Timoteo è stato educato fin dall’infanzia nella S. Scrittura, nella fede cioè: rimani saldo in quello che hai imparato, gli dice l’Apostolo, e di cui sei convinto.
 Carissimi fratelli e sorelle: stiamo celebrando l’Eucarestia perché il Padre ci doni un nuovo luogo in cui sia offerta ai ragazzi della nostra città la possibilità di essere educati nella fede. Ringrazio il Sig. Ispettore don Cereda che ci ha onorato della sua presenza e con lui tutti i suoi fratelli salesiani a me carissimi, in primo luogo don Aldo Rivoltella: è il dono più grande che potevate fare alla nostra comunità. La presenza dei tre vicari della città, che ringrazio sentitamente, dimostra che l’opera oggi iniziata ha un significato per tutta la città: è considerata un dono fatto dal Signore a tutta la città.
 Rimani saldo in quello che hai imparato e di cui sei convinto. L’opera educativa si propone di costruire personalità salde in quello che hanno imparato e di cui sono convinti. Sarebbe un vero tradimento alla causa dell’uomo ed una negazione della sua verità, il pensare e l’attuare l’opera educativa come costruzione di personalità incapaci di stare salde nella verità, in nome di una libertà vacua ed annoiata. La vera tragedia dei giovani oggi è di aver imparato da noi adulti che ogni scelta ed il contrario di ogni scelta ha lo stesso valore; che non esiste una vera e propria differenza fra giusto ed ingiusto non riconducibile ad utile e dannoso; che l’affermazione di una verità ultimamente fondante è la principale nemica della libertà.
 “Annunzia la parola … con ogni magnanimità e dottrina”. L’esortazione rivolta da Paolo a Timoteo risuona questa mattina per ciascuno di noi. Poniamo l’inizio di un’opera che sia luogo in cui sia annunziata la parola, con ogni magnanimità e dottrina.

2. “Il santo Vangelo vuole proprio richiamarci a questa fondamentale attitudine della nostra esperienza di credenti. L’apostolo la chiama «magnanimità»: grandezza d’animo nelle difficoltà. Il Vangelo la descrive come la fede che, nelle difficoltà e nelle persecuzioni, diventa perseverante fedeltà e coraggio nel testimoniare davanti agli uomini.
 La prima lettura parla di una situazione di grave difficoltà nella quale il popolo di Dio rischia di essere distrutto dagli amaleciti; nel santo Vangelo la vedova significa la situazione dei discepoli che vivono in una stato di persecuzione, mentre si fa attendere l’intervento liberatore di Dio.
 Non dobbiamo illuderci, carissimi fratelli e sorelle: la sequela di Cristo esige magnanime perseveranza, perché o prima o poi ci pone contro ai potenti di questo mondo. Uno degli ambiti in cui oggi questo scontro è più evidente, è l’ambito dell’educazione della persona. Due accenni solamente.
 La supposta neutralità della proposta educativa nella scuola statale sta portando ad una vera e propria emarginazione dell’insegnamento della religione equiparata nella scelta al niente.
 Non si vuole riconoscere alle famiglie una vera e propria libertà nella scelta educativa, poiché non si riconosce una vera e propria equiparazione economica fra scuola statale e non.
 La creazione del luogo di cui oggi benediciamo gli inizi è un segno della nostra «passione educativa», nella convinzione che l’educazione è il bene primario dovuto ad ogni persona umana.
 Ma la magnanimità, la perseveranza si esprime e si alimenta in primo luogo nella preghiera costante e insistente: una preghiera che non conosce depressione e scoraggiamento. La vedova, Mosè sono il modello di questa preghiera. Preghiera per che cosa? “fammi giustizia”, dice la vedova.
 Perché sia fatta giustizia! Giustizia ai nostri ragazzi e ai nostri giovani, assicurando loro ciò a cui hanno semplicemente diritto. Diritto ad una famiglia unita e serena, capace di educare; diritto ad una scuola che non estenui mai in loro la passione per la ricerca della verità ultima e fondante; diritto ad una città che abbia il senso vero del bene della persona e della gerarchia dei suoi bisogni; diritto ad una Chiesa che sia per loro luogo in cui si sentono guardati ed amati da Cristo.
 “E Dio non farà giustizia ai suoi eletti che gridano giorno e notte verso di Lui? Li farà a lungo aspettare? Vi dico che farà loro giustizia prontamente”. Vacilla chi non ha l’animo retto; il giusto vive di fede.