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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


Saluto al convegno «L’urgenza di un nuovo umanesimo. Verso il superamento dell’individualismo libertario»
Istituto Veritatis Splendor, 29 novembre 2014


Durante questo nostro incontro siamo invitati a riflettere su un’urgenza, cioè su una condizione di potenziale pericolo di vita.

Chi si trova in questa condizione? L’humanum come tale, quindi ogni persona in ciò che la specifica, la caratterizza nell’universo dell’essere.

L’urgenza esige sempre un intervento. Un intervento mirato a che l’humanum non sia tolto dall’universo dell’essere, esiliato da questo mondo.

Con queste semplici parole introduttive direi di avere individuato le due fondamentali linee di riflessione del nostro incontro, che definirei nel modo seguente: la linea "diagnostica" che mira ad individuare le cause dell’urgenza; la linea dell’intervento per mettere al sicuro l’esserci dell’humanum nel mondo.

Naturalmente non possiamo fare una riflessione che astragga dalla condizione in cui oggi versa l’humanum. Come potete constatare dal programma, sono stati scelti alcuni luoghi i cui l’humanum si manifesta, sia nella sua situazione di urgenza, sia nella possibilità di interventi. Essi sono: l’organizzazione giuridica del sociale umano: l’economia; il legame sociale; e più in particolare, il legame intergenerazionale che trova la sua espressione privilegiata nell’educazione.

Siamo consapevoli che restano fuori altri luoghi manifestativi dell’humanum e dell’urgenza in cui versa [si pensi all’amore], ma … ars longa vita brevis, e non è escluso si possa continuare questa riflessione.

Ciò premesso, vorrei tentare ora un’introduzione tematica più precisa, come mi è stato chiesto. E lo farò seguendo le due linee di cui ho parlato: urgenza in cui versa l’humanum; protocollo di intervento.

 

1. L’URGENZA. Procederò nel modo seguente. Formulerò un’ipotesi che ha l’ambizione – spero non vacua – di spiegare radicalmente l’urgenza. Radicalmente significa che essa si pone prima dell’analisi di luoghi dove l’humanum si mostra.

La domanda è: che cosa ha introdotto l’humanum in una condizione di potenziale pericolo di scomparsa? La mia risposta è: l’idea, la promessa e l’esperienza di una libertà sradicata da ogni verità circa il bene dell’humanum, la quale funga da fondamento. Più brevemente: l’idea, la promessa e l’esperienza di una libertà in-fondata. Mi sia consentito di citare un testo di R. Speamann.

"Sì, io penso alle potenzialità autodistruttive del Moderno. Questa idea mi è venuta per la prima volta leggendo Nietzsche. Nietzsche pesa che l’illuminismo abbia in sé una tendenza che conduce all’eliminazione di Dio. Ma aggiunge: se Dio non esiste, allora cade anche il concetto di verità. Perché restano soltanto le prospettive di molti singoli uomini, ma nessuna "vera" prospettiva. Una tale prospettiva dovrebbe essere l’universale prospettiva di Dio; la conoscenza dell’intellectus archetypus, come dice Kant.

Nietzsche suggerisce la conseguenza ulteriore: se noi lasciamo cadere l’idea di verità, siamo costretti a rinunciare anche all’Illuminismo. Il pathos dell’Illuminismo vive della fede nella verità. Senza di essa l’Illuminismo distrugge se stesso. Dove questo finisce si trova il nichilismo. Forse l’uomo trova poi la forza di creare un nuovo mito e di vivere in questa fede autofondata – l’utopia dell’ "oltre-uomo"."

[Dio e il Mondo. Un’autobiografia in forma di dialogo, Cantagalli, Siena 2014, pag. 242]

Mi fermo un momento a spiegare ciò che intendo dire. Ho parlato di "verità circa il bene dell’humanum". E’ un’espressione che indica la verità non solo in senso ontologico [=ciò che x è], ma anche in senso assiologico [=ciò che porta alla pienezza l’humanum].

E’ stata pensata, promessa, e vissuta la libertà come slegata da una tale verità. L’humanum è a totale disposizione della libertà. E’ pura "materia" informe si può plasmare esclusivamente secondo i propri progetti.

Vedo soprattutto, o comunque consentitemi di richiamare la vostra attenzione su cinque sintomi di questa malattia mortale che ha colpito la libertà, la libertà cioè pensata, promessa e realizzata come possibilità di tutte le possibilità [Kierkegaard].

Il primo sintomo è che sembra non esservi più limite all’uso delle possibilità tecniche di cui l’uomo è venuto in possesso nel confronti dell’uomo. Il regime di libertà si trasforma ogni giorno più in un regime di tecnocrazia.

Il secondo sintomo è il profilo capitalista che è andato progressivamente assumendo il mercato. Esso infatti non esiste mai allo stato puro. Esso trae forma dalle configurazioni che lo specificano e lo orientano [Caritas in Veritate 36].

Il terzo sintomo è la grande enfasi che ha assunto la categoria di "diritto soggettivo". Jus non denota il justum, ma il diritto soggettivo a…

Il quarto sintomo è la condizione in cui versano i sistemi e le pratiche educative. L’atto educativo è diventato impraticabile perché è diventato impensabile.

Il quinto sintomo è la separazione del logos dall’eros, riducendo questo a mera emozione, movimento spontaneo.

Non so quanto questa ipotesi diagnostica sia vera, e capace di capire l’urgenza in cui versa l’humanum. La mia è solo un invito a verificarla da parte vostra.

Vorrei ora passare ad un altro punto della mia riflessione, e chiedermi se ciò che ho detto sul concetto e l’esperienza di libertà è veramente la causa che porta l’humanum in…medicina d’urgenza. Se l’esercizio di una tale libertà metta a rischio cioè l’esistenza stessa dell’humanum. Teoricamente mi sento di dire che non esiste una forza più devastante dell’humanum, e l’esperienza lo sta dimostrando. Per tre ragioni.

- Respingere la verità circa il bene colla propria scelta libera, avendo riconosciuto il vero [video meliora proboque, et deteriora sequor], è completamente diverso da quando si dichiara di possedere il potere di stabilire la verità circa il bene.

In questa seconda ipotesi che stiamo considerando, vige solamente un patto con se stesso che può essere rotto, senza violare i diritti di un altro [i colpi che Sancho Panza si dava da solo, direbbe Kierkegaard]. Viene a mancare ogni base sulla quale si possa ancora parlare di "prevaricazione contro se stesso". L’humanum è semplicemente asservito ad una libertà letteralmente impazzita, priva di logos.

- Viene a mancare ogni base per cui si possa parlare di "prevaricazione contro l’altro", se l’altro consente ad essere trattato in quel modo. Consensus facit verum circa bonum. La condizione sufficiente per determinare tutte le regole dell’agire in una data società diventa esclusivamente il patto delle parti coinvolte, e la via per concluderlo, il suffragio. L’humanum è semplicemente a disposizione delle maggioranze.

- La terza ragione è prettamente teologica: l’atto redentivo di Cristo diventa inutile, poiché l’uomo non ha più bisogno di essere redento, dal momento che non ha più senso parlare di peccato.

Sono queste tre le principali ragioni che mi portano a pensare che la vera causa ultima dell’urgenza in cui versa l’humanum è l’esperienza di una libertà che ha divorziato dalla verità circa il bene.

2. L’INTERVENTO. Nel contesto di questo secondo punto della mia riflessione, l’urgenza riguarda la corsa a salvare quell’humanum che ho mostrato di essere in pericolo di scomparire dall’universo dell’essere.

Partiamo da una costatazione: il pericolo di perdersi è insito nella persona umana. Questa condizione di permanente pericolo è descritta da K. Wojtyla in modo molto suggestivo.

"Da tanti anni ormai vivo come un uomo esiliato dal più profondo della mia personalità e nello stesso tempo condannato a indagarla a fondo. In tutti questi anni l’ho penetrata a prezzo di incessanti fatiche, spesso però pensando con sgomento che l’avrei perduta, che, sì, verrà cancellata in mezzo ai processi della storia, in cui decide la quantità o la massa".

[Raggi di paternità, I; in Tutte le opere letterarie, Bompiani, Milano 2001, pag. 887].

 

La condizione in cui versa oggi l’humanum è di urgenza, poiché si è consegnato ad una potenza – una libertà senza verità - che lo sta devastando. Un suicidio ritenuto un’autocreazione.

Ora, rispettando la natura introduttoria della mia riflessione, vorrei rispondere alla seguente domanda: come intervenire in una situazione di questo genere per liberare l’uomo non dal rischio di perdere se stesso – cosa antiumana – ma farlo rientrare dalla regione di perdizione in cui è andato a vivere?

Premetto che la mia è una risposta che ha la presunzione di porsi all’origine di ogni risposta, che poi deve essere data: quale "nuovo umanesimo" in economia, negli ordinamenti giuridici, nel legami sociali.

Consentitemi di elaborare la mia risposta sulla ben nota parabola del figlio prodigo.

Il cammino di rientro dalla regione della suprema perdita di se stesso, pascolare i porci, inizia da un atto della persona che il testo evangelico narra nel modo seguente: "rientrò in sé stesso". Che cosa significa? La perdizione dell’uomo è nell’aver abbandonato se stesso [il divertissement di Pascal]. Un abbandono che è costato un caro prezzo: la mutilazione della propria ragione. La mutilazione della ragione avviene quando la persona mediante la ragione medesima, rendendosi conto della sua condizione transeunte e fallibile, ammette al di sopra di sé, e sperimenta l’esistenza di qualcosa di eterno, assolutamente vero e certo [cfr. Benedetto XVI, Caritas in veritate 34, n. 88]. E’ il cammino paradigmatico di Agostino.

Ma si noti bene che il "rientrare in se stesso" è per così dire impastato di memoria: memoria di una condizione di beatitudine ["pane in abbondanza"], che ha una dimora precisa: la casa del padre ["in casa di mio padre"].

La memoria. La ragione non mutilata diventa capace di ricordarsi della casa dove c’è il "pane in abbondanza", cioè della sua origine: del punto di partenza. Questa origine, di cui l’uomo fa memoria, non è un ricordo qualsiasi; non è neppure un ripiegarsi su se stesso; non è però il ricordo di qualcosa che non gli appartenga in qualche modo: è la casa di "mio" padre. E’ memoria di una relazione originaria e fondante. E’ allora che non posso non chiedermi: da dove vengo? E quindi: dove sono?

L’urgenza di un nuovo umanesimo consiste nell’urgenza di ridare spazio e cittadinanza alla ragione metafisica, ad una ragione cioè che riannodi il matrimonio colla sapienza.

E che cosa questo significa per la costruzione degli ordinamenti giuridici, lo ha spiegato Benedetto XVI nel discorso al Bundesrat a Berlino; [Che cosa significa per l’economia, nell’Enc. Caritas in veritate; che cosa significa per il legame sociale, S. Giovanni Paolo II nell’Es. Ap. Familiaris consortio].

Ritorno dunque all’esperienza del ricordo, della memoria della relazione: la casa di "mio padre". Perché è questo ricordo il dinamismo del ritorno? Perché il giovane della parabola, cioè l’uomo, ogni uomo ha vissuto in negativo ciò che l’Adamo delle origini aveva vissuto.

Adamo – cioè l’uomo - si trova solo quando si vede in compagnia solamente di animali. Per contrarium, Adamo – cioè l’uomo - esperimenta la relazione "creativa" delle persone, quando si trova di fronte la donna. Il contenuto di questa esperienza può essere espressa nel modo seguente: "grazie a te io divento me stesso e grazie a me tu divieni te stesso".

Nella casa di "mio padre", dice l’uomo perduto. Egli non può ritrovare sé stesso se non dentro alla relazione, che è reciproca. Poiché il figlio può illudersi di vivere in una sorta di stadio intermedio ["trattami come un servo"]; ma il padre non può rinunciare alla paternità.

Non solo, ma la paternità è all’interno di un’altra relazione. Il padre diventa padre grazie alla madre, e reciprocamente. Essi si costituiscono mediante una reciprocità creativa.

Abbiamo pertanto raggiunto una conclusione: l’uomo è sempre nel rischio di perdere se stesso, perché è sempre nel rischio della solitudine, del deserto. Il dramma dell’humanum narra la vicenda della relazione, affermata o negata.

L’urgenza di un nuovo umanesimo consiste nell’urgenza di recuperare la relazionalità dell’humanum, in tutte le espressioni del suo essere.

C’è un inno liturgico che rivolgendosi alla SS. Trinità la chiama: "principalis unitas". Principalis mi sembra che abbia due significati. E’ l’unità "quo major cogitari nequit". Ma essa non è l’identità dell’Uno con Se stesso; è Relazione di tre persone. Inoltre questa divina unità è base e archetipo di ogni sociale umano.

"Pensare male la relazione trinitaria (…) significa anche distruggere l’unità e la consistenza della persona umana, e, di conseguenza, minare sia l’ordine ecclesiale che quello politico che, su di essa si fondano".

[L. Lugaresi, Il Logos di Basilio: l’Or. 43 di Gregorio di N. in A. M. Mazzanti (a cura di), Il Logos di Dio e il Logos dell’uomo, VP. Milano 2014, pag. 231]

 

L’urgenza di un nuovo umanesimo consiste nell’annunciare il volto cristiano del Mistero: il Dio di Gesù Cristo.

Concludo. L’urgenza di un nuovo umanesimo nel senso sopra abbozzato si scontra oggi con due fatti, che alla luce di quanto detto mostrano il loro vero volto. L’uomo vuole produrre l’uomo: la produzione emargina – non in senso statistico! - la generazione.

L’uomo elimina la relazione originaria, quella da cui nasce l’alfabeto di ogni sociale umano: la correlazione uomo-donna. L’affermazione secondo la quale il bi-morfismo sessuale è in ordine alla costituzione dell’humanum neutro [teoria del gender], è la sfida più radicale per un vero umanesimo.

E’ la nostra fatica più grande a difesa dell’uomo, "esiliato dal più profondo della sua personalità, e nello stesso tempo obbligato ad indagarla sempre". "Lo mandò a pascolare i porci" - "rientrò in sé stesso" -.