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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


Incontro con le religiose
14 marzo 2004

Ringrazio il Signore per il dono che mi fa di questo incontro. Esso mi offre l’occasione desiderata di esprimervi tutta la gratitudine della Chiesa bolognese in primo luogo per la vostra corrispondenza alla chiamata del Signore, e poi per i servizi tutti assai preziosi che donate alle nostre comunità.

Perché il nostro incontro sia di reciproca edificazione, ho pensato di manifestarvi, di dirvi le ragioni della stima e della venerazione che nutro nei confronti di ciascuna di voi, qualunque sia il carisma fondazionale cui partecipa. E questo sarà il primo punto della mia riflessione.

Ma credo essere anche mio dovere mettervi in guardia dalle insidie che oggi possono mettere a rischio la bellezza delle vostra donazione a Cristo. E questo sarà il secondo punto della mia riflessione.

LE RAGIONI DI UNA STIMA

Esse possono essere espresse sinteticamente nel modo seguente: voi nella vostra consacrazione verginale siete il segno vivente del vincolo nuziale che unisce Cristo e la Chiesa. Vorrei ora esporre analiticamente questa affermazione sintetica.

Partiamo da una domanda: chi è il cristiano? Che cosa lo definisce? È la persona che ha come referente assoluto Gesù Cristo; ciò che definisce il cristiano è il modo radicale con cui si riferisce a Gesù Cristo. Potremmo vedere in atto questa definizione di cristiano in innumerevoli narrazioni evangeliche. Mi limito ad una: l’incontro di Tommaso con Gesù Risorto. Quando l’apostolo diventa "credente"? non precisamente nel momento in cui tocca il corpo del Risorto, ma nel momento in cui toccando quel corpo egli riconosce in Gesù il suo Signore e il suo Dio. Notate bene: non Dio o il Signore; ma il suo Signore ed il suo Dio. Colui cioè che domina interamente la sua persona e la sua vita; colui che lo fa essere completamene. Cristo aveva detto: "io sono la Verità". Il credente quindi dice: "tu sei la mia Verità"; cioè "tu sei colui che decide in modo inappellabile ed incontrovertibile". Per chi crede, il rapporto con Cristo non è uno fra gli altri rapporti che configurano la nostra vita: è quello che fonda e configura ogni altra relazione. È in base; è in ragione; è a misura del mio rapporto con Cristo che mi pongo in rapporto con ogni altra realtà. Anche con Dio, poiché è con il Dio di Gesù Cristo che entro in rapporto.

Di conseguenza il rapporto con Cristo è unico, nel senso che nessuno può prendere il suo posto o porsi al suo stesso livello esistenziale ["Non avrai altri dei di fronte a me"]. È per questo che essendo Cristo colui nel quale tutto sussiste, chi crede ha un certo possesso di tutto: "tutto è vostro, ma voi siete di Cristo, e Cristo è di Dio".

Il rapporto con Cristo che definisce il cristiano non può non essere che di contemporaneità perché è con una presenza: con una persona presente. È questo un punto fondamentale, sul quale vi prego di riflettere lungamente. Devo per ragioni di tempo essere breve.

Gesù Cristo è contemporaneo a ciascuno di noi in ragione del fatto che nella sua risurrezione-ascensione, Gesù di Nazareth figlio di Maria è entrato nella eternità. E l’eternità è presente ad ogni istante del nostro tempo. "Se si comprende questo, si comprendono l’Eucarestia e tutti i sacramenti. La Pasqua dl Signore è avvenuta una volta sola e per sempre, e non si può ripetere, ma l’Eucarestia fa in modo che noi siamo presenti a quell’avvenimento. L’Eucarestia non è solo la presenza reale di Gesù, è la presenza reale della Pasqua del Signore e la possibilità per noi di esservi presenti" [G. Moioli, Temi cristiani maggiori, Glossa ed., Milano 1992, pag. 116).

È questa presenza di Cristo che rende possibile quel rapporto con Lui che definisce il cristiano.

Ho parlato di un "vincolo nuziale che unisce Cristo e la Chiesa". Fino ad ora ho spiegato, ho cercato di spiegare questa espressione. Ciò che ho detto infatti vale di ogni cristiano poiché è la definizione stessa della Chiesa: la Chiesa è questo riferimento radicale, fondante ed esclusivo a [la presenza di] Cristo suo Signore e suo Dio. È il suo capo, dice l’Apostolo con un termine di cui non riusciremo mai a cogliere tutta la forza ed il realismo. Fino ad ora ho parlato dunque di voi in quanto cristiani.

Ciò che vi realizza nella Chiesa è il fatto che la vostra scelta verginale vi fa vivere in un modo propriamente vostro l’affermazione di Tommaso: "mio Signore e mio Dio". Cioè: "tu sei il fondamento e il riferimento assoluto della mia vita". Fate bene attenzione: ho detto "vi fa vivere". Ora parlo del vostro vissuto verginale. Se non temessi di essere gravemente equivocato, avrei detto la vostra psicologia verginale. Sto ora parlando del modo propriamente vostro di attualizzare nella vostra vita, di vivere appunto la definizione obiettiva della Chiesa e del cristiano.

Se volessimo esprimere il vissuto verginale con una formulazione di preghiera, potremmo penso farlo nel modo seguente: "tu sei l’unico fondamento ed il riferimento assoluto della mia vita, non avendo per questo niente altro che Te". Mi spiego.

Il vissuto verginale mette in risalto l’unicità e l’esclusività del Referente fondante in quanto visibilmente la vergine cristiana mostra di non averne altri. La verginità infatti è la scelta per un amore [Cristo appunto], a preferenza di un altro possibile; la vergine può essere amica, sorella, ed altro: non può essere sposa di nessuno, perché lo è di Cristo. Il vissuto verginale è dominato da questa auto-donazione all’unico Signore. Il matrimonio rimanda alla nuzialità della Chiesa nel segno sacramentale; la verginità rimanda immediatamente.

Voi siete un dono della Chiesa, non in primo luogo per ciò che fate ma per ciò che siete. Tutta la mia stima, la stima del Vescovo per il carisma della verginità consacrata trova la sua origine nella natura stessa della vostra dedicazione a Cristo: essendo voi stesse, voi evangelizzate la Chiesa. Annunciate cioè alla Chiesa la Presenza del Signore che deve essere amato con tutto il cuore e con tutte le forze.

Questa identità della dedicazione verginale a Cristo voi la vivete secondo il carisma fondazionale proprio di ciascun Istituto, al quale dovete essere molto fedeli. Non solo. Ma voi lo vivete in un quotidiano servizio all’uomo. Che cosa grande è questo servizio! Esso infatti è un servizio in Cristo fatto all’uomo.

LE INSIDIE AL CARISMA.

Vorrei ora rendervi vigilanti nei confronti di alcune insidie che possono offuscare lo splendore del vostro carisma.

La prima è in un certo senso la più subdola. Comincio col dirvi che la consapevolezza della presenza di Cristo, e dentro a questa consapevolezza [= fede] la costruzione del nostro rapporto con Lui sono cose tutt’altro che scontate. L’apertura della nostra persona al farsi presente di Qualcuno che ogni giorno più diventa il referente ultimo ed assoluto della propria vita, non può essere data per scontata.

A questo rapporto può sostituirsi – ecco la prima grave insidia al vostro carisma verginale – la memoria di un fatto passato, di una persona non più presente ora e qui. E così gradualmente la persona di Cristo viene sostituita col suo "insegnamento" e con la vostra "azione cristiana". La sua persona diventa lo stimolo per un impegno che nell’orizzonte della vita, acquista importanza fondamentale.

A ciò poi si aggiunge la preoccupazione di legittimarsi si fronte al mondo, di giustificare la propria scelta di fronte al mondo. Questa preoccupazione nel proprio vissuto esistenziale porta a privilegiare quell’agire che il mondo può anche richiedere ed apprezzare. "Anche il mondo laico può accettare che non è possibile fare la storia della civiltà europea senza l’apporto delle idee cristiane: siamo però qui lontanissimi dall’accettare la priorità del vincolo con Gesù Cristo" [G. Moioli, Temi cristiani … cit. pag. 119]. Ma è questo vincolo che definisce l’identità della vostra consacrazione verginale.

La seconda insidia consiste nell’accettare l’errata coincidenza, fatta largamente nella cultura contemporanea, fra bene e benessere (psicologico) della persona. Incapace ormai di affermare l’esistenza di un bene puramente intelligibile quale è il bene morale, ad esso si è sostituito il bene psicologicamente e fisicamente inteso. In che senso e in che modo questa coincidenza può insidiare il vostro carisma verginale?

Ho già detto molte volte che è il vincolo nuziale con Cristo a definire il vostro carisma, e che questo vincolo va costruito giorno per giorno. Questa costruzione implica però anche una lunga ascesi che acquista anche il volto dell’autorinnegamento. Noi infatti nasciamo in Adamo, nel primo Adamo. Il battesimo ci ha rigenerati nel nuovo Adamo, Gesù Cristo. Leggendo Fil 2,1-8 ci rendiamo conto che la piena realizzazione del sacramento comporta che noi abbiamo "gli stessi sentimenti che furono in Gesù", e non quelli che furono nel primo Adamo. E quali furono i "sentimenti" di Gesù? Di non vivere nell’affermazione di sé ma nell’auto-donazione. Non sta scritto da nessuna parte nella S. Scrittura che dobbiamo realizzarci; che la propria auto-realizzazione è il nostro bene. A dire il vero, è scritto, ma il Vangelo fa coincidere il "guadagno della vita" nel perderla.

CONCLUSIONE

L’inno, stupendo, con cui Metodio d’Olimpo conclude il Simposio delle dieci vergini alla strofa settima dice: "dischiuse le porte, o magnifica regina/ dentro il tuo talamo anche noi ricevi/ sposa dal corpo intatto, fragrante e vittoriosa,/ ugualmente vestite davanti a Cristo noi stiamo/ felici le tue nozze cantando, o germoglio" [cfr. CN ed. Roma 2000, pag. 166]. È la sintesi di quanto vi ho detto.

La "magnifica regina" di cui parla Metodio è la Chiesa; la vergine è ricevuta dentro al Suo talamo perché il vostro carisma manifesta in grado eminente il suo legane con Cristo. Voi state "davanti a Cristo", e non davanti ad una dottrina ed ancor meno davanti al mondo. Come? Cantando. Cioè esprimendo nella vostra vita le nozze della Chiesa, che è il germoglio del Regno dentro alla storia degli uomini.

Semplicemente volevo oggi ringraziarvi di stare davanti a Cristo cantando felici le nozze della Chiesa.