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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


DOMENICA III per ANNUM (B)
Dovadola, 25 gennaio 2009


1. Cari fratelli e sorelle, il testo evangelico appena proclamato dal diacono è di particolare importanza. Esso è una sintesi di tutta la predicazione di Gesù in Galilea: "Il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo".

Che cosa dunque Gesù è venuto a dirci? "che il Regno di Dio è vicino". L’espressione "Regno di Dio" connota il definitivo intervento di Dio a favore dell’uomo, la sua decisiva azione salvifica dentro alla storia dell’umanità. Intervento definitivo, azione decisiva attesi da secoli. Nella predicazione di Gesù l’attesa è finita, "il tempo è compiuto", poiché colla sua presenza Dio finalmente prende in mano le sorti dell’uomo; e manifesta la potenza del suo amore: il suo Regno.

Non a caso, l’evangelista Luca ci narra che Gesù trova la più perfetta descrizione della sua missione e della ragione del suo esserci in un testo del profeta Isaia in cui si parla di un profeta venuto ad annunciare e realizzare l’anno di grazia e di misericordia.

Quando, dopo la risurrezione di Gesù, gli apostoli si ricordano della sua predicazione, essi ne compresero il più profondo significato. L’intervento definitivo di Dio a favore dell’uomo, e la sua decisiva azione dentro la storia umana – diciamo: il Regno di Dio – sono costituite dalla morte e dalla risurrezione di Gesù. Lui è la salvezza offerta all’uomo una volta per sempre.

2. La predicazione di Gesù è accompagnata agli inizi da un gesto assai significativo. Egli chiama alcuni pescatori perché, lasciata la loro professione, andassero dietro di lui: vivessero con lui.

È Gesù stesso che spiega la ragione di questa chiamata: "vi farò diventare pescatori di uomini". La loro chiamata è in vista di un compito futuro. Un compito indicato con una metafora singolare: dovranno "pescare gli uomini". Che cosa significa?

La pesca consiste nel prendere i pesci, e tirarli fuori dal loro ambiente vitale, l’acqua. I Padri della Chiesa si chiesero: come mai Gesù immagina la missione degli apostoli come una pesca, dal momento che questa significa in realtà la morte del pesce? L’acqua, il mare cui si riferisce l’immagine di Gesù, è il grande simbolo della morte. Simone, Andrea, Giacomo, Giovanni dovranno far uscire gli uomini dal dominio della morte e del male in cui vivono, come il pescatore toglie il pesce dal mare.

Il Regno di Dio che avviene nella e mediante la morte e la risurrezione di Gesù, deve raggiungere ogni uomo; ogni uomo deve essere "pescato" dal potere delle tenebre e trasferito nel regno di Gesù [cfr. Col. 1,13]. Simone, Andrea, Giacomo, Giovanni sono scelti per questo, per essere "pescatori di uomini".

La figura di Giona e la sua missione a Ninive, di cui parla la prima lettura, è un chiaro anticipo, una profezia della missione degli apostoli. Annuncia la misericordia di Dio perché l’uomo esca dalla sua vita perduta, e Dio si ravveda riguardo al male "che minaccia a chi abbandona la sua Legge.

3. Cari fedeli, stiamo celebrando i divini Misteri facendo speciale memoria di Benedetta Bianchi Porro.

Senza volere minimamente precedere il giudizio della Chiesa, possiamo dire che Benedetta è stata un segno inequivocabile che il regno di Dio è veramente giunto fra noi; che la grazia e la potenza salvifica del Padre si manifestano in mezzo alle nostre vicende umane. In una lettera scritta a sua madre a fine aprile ’59, Benedetta dice: "Io credo all’Amore disceso dal cielo, a Gesù Cristo e alla sua Croce gloriosa". E forse queste parole sono la chiave interpretativa di tutta la sua esperienza di fede.

La sua vita è stata una vita crocefissa, ed ella – faticosamente ed umilmente – ha visto in questo la presenza dell’Amore pieno: la Croce gloriosa! Benedetta vive interamente l’esperienza di un Amore crocefisso, partecipando alla notte stessa del Calvario. Scrive ad una sua amica: "Mi sento sola. Lo chiamo quasi agitata e nella mia testa sento una specie di deserto mentale … Brancolo nel buio … Dentro di me, ho sentito ancora la voce del Padre. Assetata sono corsa a farmi confortare. Era Lui, L’ho ritrovato" [Lettera a Franci, Estate 1963]. Gesù abbandonato rivive il mistero del suo abbandono in Benedetta, e nello stesso tempo in lei rinnova la consegna di Se stesso al Padre.

Cari fratelli e sorelle, questo ci introduce nel mistero forse più profondo di quest’anima eletta: la sua partecipazione al mistero redentivo.

Leggendo il Diario di un curato di campagna di G. Bernanos, Benedetta scoprì il senso della sua sofferenza. Un’amica le aveva ricopiato il brano dove il giovane sacerdote scopre la sua chiamata a rimanere con Cristo nell’Orto degli ulivi. Benedetta a tale lettura dice all’amica: "non dire che è duro: è sublime!". Più tardi alla stessa amica dirà: "mi ritrovo nell’Orto degli ulivi". E sempre nello stesso giorno, il 27 febbraio 1963, andava mormorando le parole di S. Caterina: "la memoria s’è empiuta di sangue".

Cari fratelli e sorelle, nel Getzemani Gesù rimprovera gli apostoli perché dormivano, e non gli tenevano compagnia mentre Egli affrontava il grande scontro redentivo col male. Così avviene ancora nella Chiesa. Benedetta vive l’agonia di Cristo vero la metà degli anni sessanta, quando si stava preparando la più grande contestazione alla proposta cristiana. Forse noi pastori meritammo il rimprovero di Cristo? Ma vicino a Cristo e con Cristo c’era Benedetta, come a S. Giovanni Rotondo c’era Padre Pio, e tanti altri che conosceremo in Paradiso. Essi non dormivano. Essi hanno portato il peso dell’incredulità moderna.

Cari fratelli e sorelle, quale grande dono il Signore ha fatto alla nostra Regione! Voglia Benedetta intercedere per essa, perché non si smarrisca nel deserto devastante di un vivere senza Dio.