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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


Domenica Dodicesima per Annum (C)
Pieve di Cento, 23 giugno 2013


1. Come avete sentito Gesù fa due domande, ambedue rivolte ai discepoli: "chi sono io secondo la gente?", "ma voi chi dite che io sia?". Le due domande, in fondo, nascono dalla stessa preoccupazione di Gesù: Egli, dopo alcuni anni di attività pubblica, vuole sapere se la gente comune e i suoi discepoli hanno capito la sua missione, la ragione vera della sua presenza; o comunque come stanno reagendo, cosa stanno pensando. E’ come se Gesù dicesse: "la gente che cosa ha capito di me? Voi, che cosa avete capito?".

Cari fratelli e sorelle, non posso a questo punto non fermarmi ad una considerazione. Tutti noi, penso, siamo stati battezzati da bambini; abbiamo frequentato il catechismo; ci sentiamo appartenenti alla fede cristiana. Ma proviamo, dentro di noi, a ripeterci la domanda di Gesù come rivolta a ciascuno di noi: "chi dico che Gesù sia? che cosa penso di Lui?". Conosciamo veramente Gesù? Siamo convinti che se non abbiamo un rapporto personale con Lui, la nostra fede è vacua?

La preoccupazione di Gesù – di sapere che cosa la gente pensa di Lui, e che cosa i suoi discepoli – nasce in Lui da una certezza intima che Egli si è fatta, nel suo rapporto col Padre. Non vi sfugga il particolare che il dialogo di Gesù coi discepoli nasce "mentre Gesù si trovava in un luogo appartato a pregare".

Nel suo incontro col Padre, Gesù è giunto ad una certezza, che ora per la prima volta manifesta: "il Figlio dell’uomo deve soffrire molto, essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, essere messo a morte e risorgere". Se questa era la modalità con cui Gesù doveva realizzare la sua missione salvifica, Egli sapeva bene che si sarebbe scontrato con ciò che la gente ed i discepoli pensavano.

Cari amici, fermiamoci un momento ed entriamo, se riusciamo nella coscienza, nel cuore di Gesù. Egli si pone nell’obbedienza al disegno del Padre: "fatto obbediente fino alla morte e alla morte di croce", scriveva S. Paolo [Fil 2, 8]. Egli sperimenta subito la totale incomprensione di Pietro [cfr. Mt 16, 21-23]. E’ da questa obbedienza di Gesù che è scaturita la nostra salvezza.

La vostra comunità riconosce nel suo Crocefisso, nella devozione al Crocefisso, il segno della propria identità. E’ stata commovente la fede colla quale l’avete salvato dalla furia del sisma.

Continuate a coltivare questa devozione; trasmettetela ai vostri figli. Chi rimane davanti al Crocefisso, sa dare la risposta giusta alla domanda di Gesù: "voi chi dite che io sia?" - "tu sei il mio salvatore, morto sulla croce per mostrare il vero senso della gloria di Dio, e risorto per donarmi una vita vera".

2. L’apostolo Paolo nella seconda lettura ci dice: "quanti siete stati battezzati, vi siete rivestiti di Cristo". Dunque, parla di un vestito di cui siamo stati rivestisti nel giorno del battesimo. Ed afferma che questo vestito è Cristo. Ovviamente è una metafora; che cosa significa? Che nel battesimo Cristo ha preso possesso della nostra persona, per renderla sempre più simile a Lui.

Se nella S. Scrittura c’è una cosa chiara, è che sono possibili solo due modi di vivere: quello pagano, estraneo al pensiero di Dio; e quello di chi segue il Signore Gesù. E’ un dualismo veramente inconciliabile: quello di un uomo che cammina nella vanità della propria mente [cfr Ef 4, 17], e di chi ha rivestito Cristo, "ha imparato Cristo" [Ef 4, 20].

Questa profonda dottrina morale di S. Paolo ci fa capire le ultime parole che oggi Gesù ci dice: "Se qualcuno vuol venire dietro di me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua".

Il cammino sofferente di Gesù diventa forma di vita del discepolo. Non abbiamo paura: la via di Gesù porta alla Risurrezione.