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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


Dedicazione della Cattedrale
Bologna, 26 ottobre 2006


1. "Ma è proprio vero che Dio abita sulla terra? Ecco, i cieli e i cieli dei cieli non possono contenerti, tanto meno questa casa che io ho costruito". Miei cari fratelli, lo stupore di Salomone di fronte al mistero di un Dio che "abita sulla terra" contagi anche il nostro cuore durante questa celebrazione dei divini Misteri. Lo stupore infatti costituisce il terreno più adatto da cui possono prodursi frutti di lode e di adorazione.

La lode e l’adorazione non nascono di fronte al mistero della pura trascendenza di Dio. La trascendenza di Dio non è infatti reale per noi fino a quando il Signore non viene ad abitare in mezzo a noi, a vivere in noi. Una trascendenza pura nella vita presente progressivamente viene completamente ignorata: il grande peccato dell’Occidente! Salomone vive il mistero della trascendenza divina: "ecco i cieli e i cieli dei cieli non possono contenerti, tanto meno questa casa che io ho costruita!". Ma egli è ugualmente certo che in questa casa c’è il Nome del Signore: "Lì sarà il mio nome".

Ma se Dio ci trascende, e noi abbiamo l’esperienza della sua trascendenza in quanto viene a dimorare in noi, allora la nostra vita è prima di tutto lode di Dio, adorazione della sua Gloria inaccessibile, e trova il suo compimento nel silenzio di quell’adorazione "in spirito e verità" di cui parla Gesù alla Samaritana.

Miei cari fratelli, presi come siamo tutti dalle gravi ed incombenti attività siamo esposti quotidianamente a non rispettare più nella nostra giornata il primato dell’adorazione, in cui alla fine noi riconosciamo il primato di Dio. Solo l’esperienza dell’adorazione può far maturare in noi la conoscenza più vera, aderente e coerente di quel mistero che suscitò nel cuore di Salomone lo stupore di cui è testimone la prima lettura: Dio trascendente e tre volte santo in mezzo al suo popolo. L’adorazione è la sintesi vissuta, sperimentata, di sottomissione e di unione; di riconoscimento dell’alterità di Dio e di alleanza: di servitù e di amicizia. È così che Dio, il suo Regno, la sua Gloria diventa progressivamente la misura della nostra vita e della nostra missione.

2. "Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere … egli parlava del tempio del suo corpo". Lo stupore di Salomone raggiunge nel cuore dei cristiani la sua pienezza, poiché il Vangelo annuncia in che modo "Dio abita sulla terra": "E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di Unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità" [Gv 1,14]. Lo stupore di Salomone nasceva dal confronto fra due luoghi: i cieli dei cieli e la casa da lui costruita. Lo stupore cristiano nasce dal vedere unite il Verbo e la carne, la gloria divina e la sua fragile tenda fra gli uomini, lo splendore della generazione divina e l’umiltà della generazione mariana. La fede della Chiesa ha tradotto questo immenso stupore a Calcedonia in una formulazione insuperabile: "una sola persona in due nature".

Adamo aveva distrutto il tempio di Dio e la sua abitazione fra gli uomini; nella sua risurrezione il nuovo Adamo ricostruisce l’indistruttibile tempio di Dio, poiché l’umanità trafitta e glorificata del Verbo incarnato è il luogo in cui noi andiamo al Padre. In essa ci accostiamo "alla città celeste del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a miriadi di angeli, all’adunanza festosa e all’assemblea dei primogeniti inscritti nei cieli".

Miei cari fratelli, questa vicinanza in Cristo "al Dio giudice di tutti" è il mistero della Chiesa, il corpo mistico di Cristo edificato nella morte e risurrezione del corpo fisico del Verbo fatto carne. "La Chiesa di fatto non ha altra vita, altra santità che quella di Cristo; nell’atto della sua morte essa non solo nasce, ma è: quell’atto letteralmente è tutta la vita degli uomini" [D. Barsotti].

Noi oggi, miei cari fratelli, celebriamo lo splendore del tempio di Dio, che è il corpo di Cristo, la Chiesa; lodiamo pieni di gratitudine il Padre per averci fatti entrare e rimanere nella sua casa che è la Chiesa; proviamo stupore ancora più grande di quello di Salomone nel vedere cogli occhi della fede che la Chiesa è il luogo santo in cui abita colui che "i cieli ed i cieli sei cieli non possono contenere".

Giustamente impegnati quotidianamente nel nostro ministero pastorale, non perdiamo mai la coscienza che la nostra non è opera umana ma co-operazione con Dio di fronte al quale nessuna carne può gloriarsi.

Rapisca il nostro cuore la bellezza della Chiesa; sia essa la nostra dimora poiché è preferibile un giorno solo nel tempio del Signore che mille anni altrove; sia essa il terreno in cui è radicata la nostra esistenza; la sua vita plasmi la nostra coscienza: "lo zelo della tua casa mi divora".