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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


Solennità di S. Vigilio
Trento, 26 giugno 2010


1. "Così dice il Signore: ecco, io stesso cercherò le mie pecore e le passerò in rassegna". La parola profetica ci rivela e ci narra il fatto più sorprendente che accade dentro alla nostra vicenda umana. È il fatto che Dio stesso "cerca le sue pecore e le passa in rassegna", per accertarsi che nessuna si sia persa.

Non è difficile capire che la metafora delle pecore indica l’umanità, non vista come una massa indistinta. Ogni singola persona umana è oggetto della cura di Dio. Ogni singola persona umana è presa in considerazione da questa divina cura: quella perduta è cercata; quella smarrita è ricondotta a casa; quella ferita è fasciata; quella ammalata è curata.

Lo stupore del salmista di fronte a questo evento non può non diventare nostro: "quanti prodigi tu hai fatto, Signore Dio mio, quali disegni in nostro favore. Se li voglio annunziare o proclamare sono troppi per essere contati".

2. "In quel tempo, Gesù disse: io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore". Come potrà Dio prendersi cura di ogni persona umana? non abita Egli una luce inaccessibile? La distanza che ci separa non è forse insuperabile? La risposta a queste domande è Gesù il Cristo. Egli è il Verbo-Dio che facendosi uomo come noi; è divenuto il Dio-con-noi.

"Io sono il buon pastore". Quanto il profeta aveva rivelato e narrato è diventato realtà piena, fatto che è accaduto una volta per sempre. È Gesù che è venuto a cercare chi era perduto; a riportare a casa chi si era smarrito; a fasciare i cuori feriti; a curare gli infermi. L’uomo ha potuto vedere coi propri occhi "quanti prodigi ha fatto il Signore, quali progetti ha concepito a nostro favore".

"Il buon pastore dà la propria vita per le pecore". Questo è semplicemente incredibile! Da che mondo è mondo, è sempre accaduto l’inverso. È il gregge che nutre il pastore, e a questo scopo le pecore sono anche uccise: danno la loro vita per il pastore.

Fuori metafora. Chi esercita un potere, si serve non raramente di coloro su cui lo esercita. È perfino accaduto che mediante le guerre hanno sacrificato la vita dei loro cittadini per i propri progetti politici.

"Il buon pastore dà la propria vita per le pecore". In Gesù avviene che Lui, il pastore, dà la propria vita per noi uomini. Cari fratelli e sorelle, la parola umana viene meno di fronte ad un evento di amore tanto incomprensibile.

3. Quanto il profeta aveva preannunciato; quanto Gesù ha realizzato, è stata come una retta che ha toccato in un punto la circonferenza dentro cui si svolge la tribolata vicenda umana, per allontanarsene però poi all’infinito? Dove e come ora l’uomo perduto, l’uomo smarrito, l’uomo ferito può incontrare il Dio vivente, il Dio fattosi uomo, che lo cerca, lo guida, lo fascia, lo guarisce: cambia il suo lutto in danze di gioia?

Cari fratelli e sorelle, la risposta a queste domande ci introduce nel significato più profondo della nostra celebrazione.

La presenza di Cristo in mezzo a noi è significata efficacemente da coloro che sono i pastori della Chiesa.

Dio si è preso cura di questo nobile popolo trentino mediante l’opera di Vigilio. Terzo Vescovo di Trento, dopo Giovino e Abbondanzio, egli si dedicò interamente alla evangelizzazione del suo popolo, siglando definitivamente in Cristo l’alleanza di Dio col popolo trentino.

Veramente la vita di Vigilio è narrata dalla pagina profetica che abbiamo ascoltato. Egli, nella potenza dello Spirito, andò in cerca della pecora perduta ed ha ricondotto all’ovile quella smarrita.

Desideroso come era di donare la sua vita nel martirio come era accaduto ai tre suoi collaboratori anauniensi, Vigilio scrive a Simpliciano: "intercedi, ti prego, presso di essi, perché io possa toccare il lembo della loro fortunata condizione in ambedue i settori: quello del sacerdozio e quello del martirio".

4. "Ricordatevi che in quel tempo eravate […] senza speranza e senza Dio nel mondo". Cari fratelli e sorelle così – come avete sentito – S. Paolo descrive la condizione di chi non ha accolto il Vangelo.

Notate bene, cari amici. L’apostolo non dice semplicemente "senza Dio", ma "senza Dio in questo mondo". Chi non ha accolto il Vangelo nella fede; chi non ha incontrato Cristo, il Dio-con-noi, vive in un mondo buio e privo di senso, senza futuro: "senza speranza". Che ce ne facciamo infatti di un Dio assente e lontano?

Vigilio ha piantato, colla sua opera di evangelizzazione, la dimora di Dio in mezzo a voi. Questa dimora è stata fedelmente custodita dai suoi successori, dai vostri arcivescovi, fino ad oggi. È a causa di questa successione apostolica che voi non siete "senza speranza e senza Dio nel mondo".

Il Signore vi custodisca sempre radicati nella grande opera di Vigilio. La fede da lui predicata sia da voi fedelmente trasmessa di generazione in generazione. Edificati sopra il fondamento della predicazione di Vigilio, "avendo come pietra d’angolo lo stesso Cristo", siate forti e solidi come le vostre montagne. Questa è stata la vostra gloria nei secoli, e lo sarà in futuro: custodire e vivere la fede predicatavi da Vigilio.