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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


S. Messa di inizio dell’Anno Accademico 2007-2008 dell’Università degli Studi di Bologna
Basilica di S. Petronio, 24 ottobre 2007


1. La pagina paolina che abbiamo ascoltato nella prima lettura parla con rara profondità della vicenda umana nel suo insieme e di ciascuno di noi singolarmente presi.

Il male – il peccato, dice l’Apostolo – è qui presentato sia nella sua dimensione interiore, soggettiva, come scelta della libertà di ciascuno, sia nella sua dimensione oggettiva, esteriore. È presentato come una sorta di potenza – la potenza del male, dell’ingiustizia – che regna sulle e nelle singole persone.

Penso che non sia difficile riscontrare in questa visione dell’Apostolo la condizione del mondo in cui viviamo e di ciascuno di noi: lo scandalo di inique distribuzioni di beni umani fondamentali; l’ingiusta oppressione dei più deboli; la fatica di dare origine a convivenze a misura della dignità della persona. E dentro al dominio del peccato ciascuno di noi avverte in se stesso la misteriosa difficoltà, la fatica a fare quel bene che la nostra ragione ci mostra. Difficoltà e fatica che faceva dire al poeta pagano: "vedo il bene e lo approvo, e poi faccio il male".

Miei cari amici, l’Apostolo scrive ai cristiani di Roma, uomini e donne come noi, e ricorda loro un avvenimento accaduto nella loro vita: "voi eravate schiavi del peccato, ma avete obbedito di cuore a quell’insegnamento che vi è stato trasmesso e così, liberati dal peccato, siete diventati servi della giustizia". È la narrazione sintetica di un fatto i cui particolari devono essere attentamente considerati.

È stato trasmesso a quelle persone un "insegnamento". Era una nuova dottrina filosofica o religiosa? Era un complesso di regole di vita? No, miei cari amici. Era la notificazione che Dio era presente nel mondo per prendersi cura dell’uomo, fino al punto da condividere, Lui Dio, la sua condizione di miseria e di morte, e così liberare l’uomo dal dominio devastante del male. Era la notificazione che questo Dio è Gesù Cristo.

"Avete obbedito di cuore a quell’insegnamento", dice l’Apostolo. Fate bene attenzione. Ad una filosofia si dà o si nega il proprio assenso: se ne discutono principi e conclusioni. Di una religione si osservano o non si osservano i riti. Ma di fronte alla notizia di un fatto semplicemente si dice: ci credo/ non ci credo. Ma dato il contenuto della narrazione questa parola "credo" acquista una profondità sconvolgente: è una "obbedienza del cuore". È il cuore della ragazza che dice sì quando un ragazzo le dice di amarla: è un’obbedienza del cuore. Analogamente, l’uomo dice sì o si rifiuta all’amore di Dio in Cristo. L’Apostolo esprime questo dicendo che l’uomo è "sotto la grazia".

Che accade nell’uomo che col cuore obbedisce a quella bella notizia? "voi eravate schiavi del peccato … e così liberati dal peccato, siete diventati servi della giustizia"; poco prima lo stesso avvenimento era descritto in maniera più impressionante: "come vivi, tornati dai morti".

Ecco che cosa accade nella persona che crede col cuore all’annuncio evangelico: diventa libero da schiavo che era; rivive da morto che era. Il cristianesimo è un evento di liberazione; è un evento di risurrezione. Esso è la sconfitta del dominio del male.

Certamente chi ha creduto, si trova dentro ancora un serio combattimento per custodire quella dignità che gli è stata donata dalla fede. L’Apostolo ci esorta: "non regni più il peccato nel vostro corpo mortale, si dà sottomettervi ai suoi desideri; non offrite le vostre membra come strumenti di ingiustizia al peccato, ma offrite voi stessi a Dio come vivi, tornati dai morti, e le vostre membra come strumenti di giustizia per Dio".

2. Carissimi giovani, siete all’inizio di un nuovo anno accademico; ogni anno accademico costituisce un momento fondamentale nella costruzione della vostra persona e della vostra vita.

Conosco le vostre difficoltà e so che non raramente guardate al vostro futuro più con paura che con speranza. Carissimi, se prestate "l’obbedienza del cuore" al Vangelo, incontrerete Cristo.

La vera novità accaduta nel mondo è Lui, e continua ad essere la sua Presenza in mezzo a noi. Chi lo incontra diventa capace – secondo la responsabilità propria – di rinnovare il mondo, perché vive nella verità il suo rapporto con gli altri, studia con passione, sa essere vicino col cuore e colle mani a chi soffre e ha bisogno. In una parola: "offre se stesso a Dio, come vivo, tornato dai morti, e le sue membra come strumenti di giustizia per Dio".

Miei cari giovani, non vi sto esortando ad avere speranza: la speranza non la si può chiedere come fosse il risultato di un impegno etico della persona. Questa idea ha generato le pseudo-rivoluzioni e le false utopie. Come scrive un grande credente del secolo scorso: "per sperare bisogna aver ricevuto una grande grazia".

L’apostolo Paolo questa sera dice a tutti noi che mediante la predicazione del Vangelo ci è dato di incontrare nella nostra vita di ogni giorno "qualcosa" che ci dona la capacità di vivere nella speranza. Chi vive così è capace veramente di trasformare la realtà riportandola alla sua bellezza originaria.