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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


Solennità San Giovanni Battista
Roma- 24 giugno 2007

1. "Diceva Giovanni sul finire della sua missione: io non sono ciò che voi pensate che io sia". Le parole di Giovanni sconcertano, cari fratelli e sorelle. Egli definisce la propria identità, manifesta la coscienza di se stesso in forma negativa. Non dice chi è, ma chi non è. E quando cerca di dichiarare positivamente la propria identità, lo fa ponendosi in relazione ad un altro di cui afferma la suprema grandezza: "ecco, viene dopo di me uno, al quale io non sono degno di sciogliere i sandali".

Tuttavia quando viene chiesto al padre di imporre il nome al bambino, Zaccaria ne impone uno assolutamente nuovo nella genealogia famigliare. Con ciò viene detto che il Precursore è unico nel suo genere; ha un’identità inconfondibile ed inconfrontabile.

Miei cari fedeli, tutto questo ci rivela la paradossale grandezza di Giovanni: egli è grande nel suo essere totalmente in relazione ad un altro.

Esiste un’esperienza umana che può introdurci alla comprensione di questa singolare identità del Precursore: la voce umana, più precisamente la parola umana. Essa dal punto di vista fisico è mero flatus vocis, tuttavia in quanto veicola significati è il vincolo che costruisce la comunione di persone. Tutta la dignità e la preziosità del nostro dire è misurata dalla sua capacità di significare altre realtà. Non a caso Giovanni definì se stesso "una voce". Tutta la sua grandezza consiste nell’indicare un Altro. Quando questa indicazione è avvenuta, Giovanni non ha più ragione di essere: "è necessario che Lui cresca ed io diminuisca".

"Egli venne come testimone" è scritto nel prologo al Vangelo secondo Giovanni "per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui" [1,7]. Il testimone è in relazione ad un fatto. Giovanni per legittimare e giustificare la testimonianza che egli rende alla luce, risale alle sorgenti della sua esperienza personale: "ho visto lo Spirito scendere come una colomba e posarsi su di Lui. Io non lo conoscevo, ma chi mi ha inviato a battezzare con acqua mi aveva detto: l’uomo sul quale vedrai scendere e rimanere lo spirito è colui che battezza in Spirito Santo. E io ho visto e ho reso testimonianza che questi è il Figlio di Dio" [Gv 1,32-34]. Tutta la vita di Giovanni è stata generata da quel "e io ho visto". Un incontro che lo ha fatto uscire da se stesso per essere il puro riflesso della gloria contemplata.

2. Miei cari fedeli, la Chiesa ha custodito con particolare cura e venerazione la memoria di Giovanni. Dopo la Madre di Dio nessuno è venerato nella liturgia cristiana quanto il Precursore.

La sua figura e la ragione ultima della sua grandezza penetrano nel cuore del dramma che l’uomo occidentale sta vivendo oggi.

Questi ha tentato un’impresa che nessuno aveva mai progettato: definire e costruire la persona e la vita umana "come se Dio non ci fosse". Ha progettato e tentato un’esistenza ed una civiltà naturalmente irreligiosa, che trova nell’affermazione dell’assoluta autonomia la sua cifra. Ed ora siamo giunti al capolinea di questo percorso, con esiti che sono sotto gli occhi di tutti.

Immersi come siamo dentro a questo dramma, sempre a rischio di trasformarsi in tragedia, noi oggi posiamo lo sguardo dello spirito su Giovanni il Precursore. E da lui impariamo la verità più profonda circa l’uomo.

La relazione a Cristo è la vera chiave di lettura di tutta l’esperienza umana; è il fondamento della sua grandezza; è il legno aggrappandosi al quale l’uomo può attraversare le tempeste del tempo e giungere alla vita beata.

Vogliamo ricordare oggi il Card. Cesare Baronio che visse in questo luogo. Figura splendida di discepolo di Cristo, generato dal carisma di Filippo. Egli visse all’inizio di quel processo di cui parlavo, e ripeteva baciando i piedi di Pietro "oboedientia et pax".

Questa è la vera inversione di rotta: l’obbedienza della fede, che essendo amica della ragione, genera uomini liberi.