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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


Celebrazione della Pasqua di Risurrezione del Signore
Cattedrale di S. Pietro, 23 marzo 2008


1. "Non abbiate paura, voi! So che cercate Gesù il crocefisso. Non è qui. È risorto, come aveva detto; venite a vedere il luogo dove era deposto". Le parole che le donne ascoltano, narrano semplicemente il fatto che noi oggi celebriamo: Gesù crocefisso e sepolto non può essere trovato in un sepolcro perché è risorto.

Prima di ogni altra considerazione, quanto la Chiesa oggi celebra è prima di tutto un fatto realmente accaduto. Le testimonianze circa la risurrezione di Gesù sono talmente numerose, alcune arrivate a noi in forma diretta e personale da parte dei protagonisti, che nessun fatto dell’antichità è certificato con tanta attendibilità. Come abbiamo sentito nella prima lettura, l’inizio della predicazione cristiana coincise colla narrazione-testimonianza di questo fatto da parte di Pietro. Pietro e gli altri apostoli erano uomini tutt’altro che predisposti a visioni e ad evasioni mistiche. Era gente sana, robusta, realistica ed allergica ad ogni allucinazione. Semplicemente si arresero all’evidenza di un fatto: "abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua resurrezione dai morti". Come vedete, l’apostolo non ricorda sublimi esperienze religiose, ma il fatto più banale e materiale: "abbiamo mangiato e bevuto con lui".

Messo in chiaro questo, possiamo ora e dobbiamo chiederci: in che cosa è consistita la risurrezione di Gesù? Che cosa è realmente accaduto in quel sepolcro? Qualcosa di unico, di incomparabilmente singolare: il corpo umano di Gesù, il suo cadavere viene investito, permeato, vivificato dalla stessa vita di Dio. L’apostolo Paolo usa una espressione che ad un lettore assiduo della Sacra Scrittura suonava assai significativa: "Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre" [Rom 8,4]. L’ingresso della natura umana di Cristo nella vita di Dio non è un evento a disposizione delle forze umane, ma è il frutto di un intervento della forza e dello splendore di Dio, che trasfigura la condizione mortale in condizione immortale. Perché ho parlato di "novità assoluta"? perché quanto è accaduto nel sepolcro non è il ritorno da parte di Gesù alla vita umana di prima insidiata comunque dalla morte, ma l’ingresso della condizione umana di Cristo nella vita e nella gloria di Dio. La risurrezione di Gesù è un fatto storico, realmente accaduto, ma che introduce Gesù, la sua umanità fatta di carne e di spirito, in una dimensione di vita profondamente nuova, in un ordine decisamente diverso.

2. Nell’ascolto meditato della parola di Dio, che stiamo vivendo, a questo punto sorge la domanda decisiva per il nostro destino: questo fatto della risurrezione di Gesù che cosa significa per ciascuno di noi? Che cosa significa per il mondo e per la storia nel suo insieme? In che modo mi può riguardare?

Come avrete notato, la prima parola che le donne si sentono dire davanti al sepolcro vuoto, è la seguente: "non abbiate paura, voi!".

Ci possono essere tante paure e timori nel cuore di una persona umana: paura di perdere e non trovare lavoro; paura di essere colpito da una malattia inguaribile; paura di perdere persone care. E così via. Ma se guardiamo più in profondità dentro al nostro vissuto quotidiano, vediamo che portiamo nel cuore una paura ben più profonda: la paura che alla fine tutto il nostro grande agitarsi e tribolare e lavorare non abbia un senso definitivo ed indistruttibile; che alla fine il capolinea definitivo al nostro correre sia il nulla eterno.

È vero che l’uomo ha cercato di anestetizzarsi da questa paura. Gli è stato detto che la scienza guarirà l’uomo anche da questa paura esistenziale. Si cerca di convincerlo con quella possente organizzazione della menzogna circa l’uomo che è la cultura in cui viviamo, che non deve ritenersi né diverso né superiore alla materia dalla quale per caso è emerso e nella quale scomparirà. Si oppone il rifiuto di rispondere alla domanda dei giovani che desiderano sapere se la realtà in cui entrano è amica o dominata dal "brutto poter che, ascoso, a comun danno impera", come dice il poeta, creando con tale rifiuto una voragine educativa che non ha precedenti.

"Non abbiate paura, voi! " si sentono dire le donne davanti al sepolcro vuoto. Perché possiamo non avere più paura?

La nuova realtà , la vita nuova che prende dimora in Cristo risorto, non si rinchiude in Lui. Essa penetra continuamente nella nostra persona e nel nostro mondo, trasformandoli, trasfigurandoli perché li attira a sé.

Ciò avviene mediante la vita, la testimonianza, la predicazione della Chiesa. Se l’uomo crede a questa parola e riceve i santi sacramenti, diventa, come ci ha detto l’apostolo, "pasta nuova".

Cari fratelli e sorelle, un grandissimo poeta greco aveva forse preavvertito tutto questo: la paura esistenziale di cui parlavo; l’insostenibile inconsistenza del nostro esserci; il desiderio di un dono divino che renda dolce il vivere. "Viviamo un giorno, cosa siamo mai? Cosa non siamo mai? Sogno di un’ombra,/ un uomo. Ma quando un bagliore, che è dono divino, ci giunga,/ lucente fulgore sovrasta noi uomini, e dolce è la vita" [Pindaro, Pitica 8,95-97; trad. C. Neri]. La risurrezione di Gesù è stata come un’esplosione di amore che ci libera dalla morte: "ci ha aperto il passaggio alla vita eterna" [Liturgia pasquale].

La risurrezione di Gesù è la sconfitta del nulla eterno, e perciò l’alternativa ad essa alla fine sarebbe una sola: il niente.