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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


XXV DOMENICA PER ANNUM (B)
Monte Sole, 20 settembre 2009


1. La pagina evangelica, cari fratelli e sorelle, ci presenta il contrasto stridente fra due modi di intendere ed esercitare la propria libertà, e di progettare la propria vita: due logiche opposte.

La prima, quella di Gesù, è espressa nel modo seguente: "Il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno". Gesù è colui che "è consegnato" alle mani degli uomini, che lo uccideranno. Egli non si oppone: si dona; egli non intende dominare, ma servire.

La seconda logica, opposta, è quella vissuta e praticata dai discepoli nel modo seguente: "per la via … avevano discusso tra loro chi fosse il più grande". È la logica di chi vuole imporsi sugli altri; di chi preferisce dominare piuttosto che servire.

Nella seconda lettura, l’apostolo Giacomo ci offre un grande aiuto per capire le due logiche suddette sia nei loro dinamismi interni sia nel loro contrasto.

Egli parla di una sapienza – di un modo, cioè, di una capacità di governare la propria vita - "che viene dall’alto", che ha la sua origine ultima in Dio medesimo. Essa ha delle caratteristiche che la rendono inconfondibile; "è anzitutto pura; poi pacifica, mite, arrendevole, piena di misericordia e di buoni frutti, senza parzialità, senza ipocrisia". Non è difficile riconoscere la descrizione del comportamento di Gesù.

Ma l’apostolo parla anche di un altro modo di costruire la convivenza umana. "Bramate e non riuscite a possedere, e uccidete": la cupidigia del possesso porta alla negazione anche omicida dell’altro. L’opposto di Gesù: Egli non possiede, ma si consegna, e quindi non uccide ma è ucciso. "Invidiate e non riuscite ad ottenere": l’altro è visto come il nemico del proprio bene, e quindi va eliminato: "combattete e fate guerra".

Cari fratelli e sorelle, lo scontro fra queste due logiche – in sintesi: del dono o del possesso – avviene certamente in primo luogo nel cuore di ogni persona umana.

Ma non c’è dubbio che esse di scontrano anche sul piano oggettivo, dando origine a convivenze ed istituzioni nelle quali si intrecciano e come si mescolano. Gesù, in una sua parabola, parla di un campo di grano dove però è seminata zizzania di ogni genere. "La sapienza che viene dall’alto" è sostituita da una "sapienza che viene dal basso", che si pone autonomamente come unica fonte della vita associata vera.

2. Cari fratelli e sorelle, la parola di Dio che oggi è data alla nostra meditazione appare in tutta la sua drammatica verità in questo luogo in cui stiamo celebrando i divini misteri. Qui lo scontro fra le due logiche, fra le due opposte forze che tendono ad edificare la città degli uomini e a plasmare la civiltà, ha raggiunto i vertici di una immane tragedia.

Qui si può costatare, qui si fa visibile l’esito a cui porta "la sapienza che viene dal basso": la morte dell’uomo. È una logica omicida, anzi distruttiva, che mira a fare il deserto della morte.

Nel libro dell’Apocalisse, il libro che più di ogni altro ci offre le giuste chiavi interpretative della storia umana, è presentata una scena impressionante. "Vidi sotto l’altare le anime di coloro che furono immolate a causa della parola di Dio e della testimonianza che gli avevano reso. E gridarono a gran voce: fino a quando, Sovrano, tu che sei santo e verace non farai giustizia e non vendicherai il nostro sangue sopra gli abitanti della terra? Allora venne data a ciascuno di essi una veste candida e fu detto loro di pazientare ancora un poco finché fosse completato il numero dei loro compagni di servizio e dei loro fratelli che dovevano essere uccisi come loro".

Cari fratelli, chi è stato ucciso ed (apparentemente) vinto "a causa della parola di Dio", a causa del fatto di aver seguito "la sapienza che viene dall’alto", sembra non ricevere giustizia neppure da Chi è "santo e verace". Sconfitti in ogni senso e da ogni punto di vista: le varie centinaia di inermi massacrati in questo luogo. Così siamo tentati di pensare tutti noi: alla fine, a che cosa è "servito" tanto sangue innocente, se ancora oggi non raramente impera la sopraffazione?

Ma fu data subito a questi innocenti uccisi "una veste candida": la gioia del trionfo. L’atto di amore di don Giovanni Fornasini, don Ubaldo Marchioni, don Ferdinando Casagrande, don Elia Comini e p. Martino Capelli: il fatto che "si siano consegnati nelle mani degli uomini" e fossero uccisi ha posto dentro alla violenza omicida della "sapienza che viene dal basso" quel "frutto di giustizia, che seminato nella pace", viene ora affidato a noi tutti che desideriamo fare opera di pace.

"Fu detto loro di pazientare ancora un poco". Ecco la vera forza della "sapienza che viene dall’alto": la pazienza dei martiri; la pazienza dei discepoli. Che non è passiva rassegnazione, ma è il nome proprio della speranza cristiana, in quanto necessaria e potente risorsa sociale a servizio della vera civiltà.

Cari fratelli e sorelle, custodiamo nella verità la memoria di questo luogo. Nella verità storica e nella verità della fede.

La comunità della Piccola Famiglia dell’Annunziata continui la sua intercessione: porsi nel mezzo dello scontro fra le due sapienze non cessando mai di "gridare a gran voce: fino a quando, Signore?".

Siano piene di gratitudine le preghiere di suffragio che oggi eleviamo per Mons. Gherardi, che fu illuminato custode di questa memoria.

E noi fra poco scenderemo da questo monte. La vita continui nella certezza che "essendosi Cristo consegnato all’uomo", questi è salvo; che la "sapienza che viene dal basso" è già stata sconfitta dalla "sapienza che viene dall’alto".

Ma "fu detto loro di pazientare ancora un poco".