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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


DOMENICA IV DI AVVENTO (A)
Castiglione dei Pepoli, 19 dicembre 2010


1. Cari fratelli e sorelle, la parola di Dio appena ascoltata ci pone di fronte due persone: il re Acaz e Giuseppe, lo sposo di Maria.

Cominciamo dalla prima. Il re Acaz sta attraversando un momento assai difficile del suo regno. Due re suoi confinanti stanno per dichiarargli guerra, qualora non accettasse di allearsi con loro contro l’impero Assiro. Acaz si rende conto che è un’alleanza politicamente folle e militarmente suicida. Ed allora pensa di allearsi col re di Babilonia, Tiglat-Pilezer III.

È in questa situazione che interviene il profeta, che invita Acaz ad affidarsi alla protezione del Signore, a porre la sua fiducia in Lui più che in alleanze umane. Come avete sentito il profeta dice al re: "chiedi un segno dal Signore tuo Dio". Cioè "se non credi alle mie parole, domanda un segno al Signore perché tu decida di fidarti solo di Lui". La risposta di Acaz è stata: "non lo chiederò, non voglio tentare il Signore".

Il re rifiuta di fidarsi solo del Signore. Ma Questi gli dà ugualmente un segno della sua protezione. È un segno singolare. Non di potenza: la nascita di un bambino. Fermiamoci, e passiamo alla seconda figura, quella di Giuseppe.

Anche in questo secondo caso si parla di un bambino, di un bambino ancora nel grembo materno, nel grembo di Maria la sposa di Giuseppe. Poiché egli non ne era il padre, si trovò in una grande angoscia interiore.

Anche a Giuseppe, come al re Acaz, venne detta una parola di rivelazione da parte di Dio "… quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo". Il bambino concepito da Maria ha origine divina. Lui è il segno che Dio è venuto ad abitare con noi. A diversità di Acaz, Giuseppe credette "fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa".

Provate ora a confrontare le due risposte alla parola di Dio: Acaz dice "non lo chiederò"; Giuseppe invece obbedisce: "fece come l’angelo gli aveva ordinato".

Ecco, cari fratelli e sorelle, avete di fronte un incredulo e un credente; la descrizione dell’incredulità e della fede. Vogliate prestarmi attenzione.

Chi è incredulo? in che cosa consiste l’incredulità? Non semplicemente nel negare l’esistenza di Dio, ma nel non ammettere che Dio si prenda cura di ciascuno di noi; nel non ammettere che Egli sia talmente grande da potersi interessare alle nostre vicende quotidiane.

Chi è il credente? in che cosa consiste la fede? nella certezza che Dio è il nostro aiuto, la "roccia della nostra salvezza", colui che condivide con noi la nostra vicenda umana, perché questa non finisca nella disperazione e nella morte.

Avrete notato che sia nell’esperienza di Acaz che di Giuseppe il "segno" di Dio che si prende cura dell’uomo è un bambino. La cosa è molto significativa.

"Il segno di Dio è la semplicità! Il segno di Dio è il bambino. Il segno di Dio è che Egli si fa piccolo per noi. È questo il suo modo di regnare. Egli non viene con potenza e grandiosità esterne" [Benedetto XVI]. Il credente entra in questa "logica di Dio" e ne resta attratto. L’incredulo la rifiuta, e ne resta scandalizzato.

2. Cari fratelli e sorelle, la Chiesa ci presenta queste due figure, Acaz e Giuseppe, nell’imminenza delle feste natalizie.

Possiamo celebrare il S. Natale in tanti modi. Come un rituale trasmessoci dalla tradizione a cui ci adeguiamo. Oppure come un’occasione che ci viene offerta per parlare di solidarietà e di pace. Non è questo il S. Natale. Esso è la celebrazione di un fatto che può essere narrato in poche parole: Dio si è fatto uomo per farsi vedere dall’uomo, perché questi non avesse più dubbi che Dio lo ama.

Il fatto del Natale quindi non è solo un evento passato di cui facciamo memoria: è un evento che accade ora nel senso che Dio nella Chiesa continua la sua presenza in mezzo a noi e ad essere nostro compagno di viaggio.

È la fede che ci fa percepire questa presenza. Solo il credente celebra in verità il S. Natale. Amen.