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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


DOMENICA XX PER ANNUM (C)
Villaggio Pio XII, 19 agosto 2007


1. "Sono venuto a portare il fuoco sulla terra, e come vorrei che fosse già acceso; c’è un battesimo che devo ricevere e come sono angosciato, finché non sia compiuto". Miei cari fratelli e sorelle, queste parole ci permettono di entrare nel cuore di Gesù. Sono una confidenza che egli fa oggi ai suoi discepoli, dicendoci che cosa desidera più di ogni cosa.

Parla di un "fuoco". Nella S. Scrittura, che Gesù leggeva come ogni pio israelita, non raramente il giorno del Signore, cioè la sua presenza salvifica nel mondo, viene presentato come un grande incendio, un fuoco che consuma.

L’immagine è assai potente. Essa vuole dirci che il Signore Iddio colla sua presenza intende purificare l’umanità dal male, liberarla da ciò che la deturpa e la corrompe: il fuoco purifica.

Gesù ora ci dice che Lui è "venuto a portare il fuoco" della presenza di Dio. Lui è la presenza di Dio fra gli uomini, e toglie il peccato del mondo.

Tuttavia perché questo accada, qualcosa deve avvenire prima in Gesù: Gesù deve ricevere un battesimo.

In realtà Gesù aveva già ricevuto il battesimo da Giovanni nel Giordano. Era un battesimo di penitenza. Con quel gesto Gesù dava inizio alla sua missione: condividere la nostra condizione e liberarci dal peccato.

Ma il battesimo del Giordano era come un gesto profetico: anticipava, prefigurava nel segno il vero battesimo che Gesù avrebbe ricevuto. Egli doveva scendere non nell’acqua, ma nella morte e nel sepolcro; doveva uscire non dal fiume ma dal sepolcro. Egli doveva morire per i nostri peccati e risorgere per la nostra giustificazione.

Se ora mettiamo assieme le due immagini che Gesù usa, - fuoco e battesimo – giungiamo alla seguente conclusione. È Gesù stesso che nella sua morte e risurrezione diventa il fuoco che purifica tutti i nostri peccati.

2. La Chiesa, meditando su queste parole di Gesù, vi ha scoperto un significato anche più profondo: il fuoco che Gesù è venuto a portare è lo Spirito Santo donato ai suoi discepoli. Egli lo ha ricevuto senza misura, e noi lo riceviamo dalla sua pienezza di grazia e di verità. La prima grande effusione che Gesù fa del suo Spirito fu manifestata da lingue di fuoco che si posarono sugli apostoli.

Lo Spirito Santo effuso nel cuore dei discepoli li accende del vero amore. Il fuoco quindi di cui parla Gesù significa anche la grande capacità di amare che viene data all’uomo che crede in Cristo. Gesù desidera che questo fuoco sia acceso nei e fra i credenti.

Queste parole risuonano in modo particolarmente significativo in questo luogo. Il "fuoco dell’amore" è stato acceso dallo Spirito Santo nel cuore di don Mario, e ha prodotto questo frutto, frutto di vera carità, di condivisione, di amicizia nel Signore. E ancor oggi noi possiamo godere del calore di quel fuoco.

Miei cari, preghiamo Gesù che infonda nei nostri cuori il fuoco del suo amore. Il profeta Isaia parla di un fuoco in Sion e di una fornace in Gerusalemme (cf. Is 31, 9). Il fuoco che è nella Chiesa e la fornace nella Gerusalemme cristiana è la S. Eucaristia che stiamo celebrando: avviciniamoci con fede ad essa e saremo "incendiati" dal suo calore.