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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


XXIX Domenica per ANNUM (B)
San Camillo de Lellis, 18 ottobre 2009


1. Cari fratelli e sorelle, il nucleo centrale della pagina evangelica appena proclamata è la parola che Gesù dice di se stesso: "Il Figlio dell’uomo … non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti". Questa parola ci consente di entrare nell’intimo del cuore di Gesù; di sapere come Egli vede se stesso e la sua missione.

Per aiutarci, la Chiesa ci ha fatto ascoltare, nella prima lettura, un brano del profeta Isaia. In esso, il profeta preannuncia un "servo del Signore", che "offrirà se stesso in espiazione", e che, in conseguenza del sacrificio di sé, "giustificherà molti" e quindi "vedrà una discendenza".

Gesù, che conosceva questa pagina, vede in essa la perfetta espressione della sua missione: si rispecchia in essa. Egli si identifica con il "servo del Signore" sofferente e morente, e – cosa davvero straordinaria – vede solo in questo la via e la modalità del suo regno.

Il servire, fino al dono di sé nella morte, è il vero modo divino di governare: questo è il modo di Gesù di essere il Signore. Il suo trono è una croce.

È un modo di governare, di regnare, quello di Gesù, che è completamente diverso da quello mondano: "voi sapete che coloro che sono ritenuti capi delle nazioni le dominano, e i loro grandi esercitano su di esse il potere".

Nella sua passione e nella sua morte Gesù diventa veramente colui che è per – gli – altri, e questo dono lo rende salvatore e redentore di una moltitudine.

2. Cari fratelli e sorelle, Gesù nella pagina del Vangelo non parla solo di sé. Egli ci dice che il modo suo di vivere, deve essere fatto proprio da chi lo segue: "chi vuol essere grande fra voi si farà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà il servo di tutti".

Questa parola Gesù intende rivolgerla in primo luogo a me Vescovo e ai sacerdoti: a chi ha responsabilità di governo nella comunità cristiana. Egli indica quale è la natura profonda dell’autorità nella Chiesa: ha un carattere di vero e proprio servizio. Quanto più cresce l’autorità, tanto più dobbiamo custodire la coscienza di essere servi, al punto che "chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti". È un vero e proprio rovesciamento dello stile di vita: fossi "il primo" nella comunità cristiana, dovresti ritenerti ed essere "il servo di tutti".

Ma la parola di Gesù è rivolta anche a tutti voi, carissimi fedeli. Essa ci dice quale è la forma della comunità cristiana: la forma della carità. Che cosa questo significhi lo insegna l’apostolo Paolo quando scrive ai fedeli di Roma: "amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda" [Rm 12,10]. E ai cristiani di Filippi: "non fate nulla per spirito di rivalità o per vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso, senza cercare il proprio interesse, ma anche quello degli altri" [Fil 2,3-4].

3. Cari fedeli, state celebrando il 25° anniversario della fondazione della vostra comunità parrocchiale. Questa celebrazione sia l’occasione per conoscere e vivere più profondamente il mistero della Chiesa. E la parola evangelica oggi ci aiuta grandemente.

La carità, il servizio reciproco, non è prima di tutto un comandamento che ci viene imposto. Ci è fatto il dono di amarci come Gesù ci ha amato mediante la partecipazione all’Eucaristia. Partecipando ad essa, noi siamo attirati dentro all’atto oblativo di Gesù, e diveniamo partecipi della dinamica di esso. La carità cristiana ha il suo principio e fondamento nell’Eucaristia.

La parrocchia è la presenza in mezzo a voi della Chiesa. E’ nella Chiesa che Gesù è presente eucaristicamente, e diventa la sorgente della carità.

Gesù ci ordina la carità ed il servizio reciproco perché ci sono donati: l’amore è comandato perché è donato. Che la vostra comunità sia sempre più il luogo in cui la carità donata da Cristo diventa carità praticata.