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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


Beata Vergine Addolorata
Budrio, 15 settembre 2013


Carissimi fedeli, la vostra comunità oggi interrompe il corso liturgico delle domeniche e celebra la solennità della Beata Vergine Addolorata. In ascolto della Parola di Dio cerchiamo di comprendere, per quanto ci è possibile, questo mistero mariano.

1. "Completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa".

Cari fratelli e sorelle, queste parole dell’Apostolo racchiudono un grande mistero della nostra fede. Quando ciascuno di noi è colpito da una grande sofferenza, è portato a chiudersi in sé stesso e spesso anche a cadere in gravi depressioni psichiche. Alla base di questa drammatica reazione sta la convinzione che ciascuno porta la propria sofferenza: "a chi la tocca, la tocca" diceva un vecchio proverbio popolare.

La Parola di Dio, come sempre, ci schioda dalle nostre convinzioni, anche le più profonde. La propria sofferenza è la sofferenza di Cristo in noi. Prestatemi bene attenzione.

L’apostolo Pietro scrive ai suoi fedeli che stanno vivendo una grave sofferenza: "nella misura in cui partecipate alle sofferenze di Cristo, rallegratevi perché anche nella rivelazione della sua gloria possiate rallegrarvi ed esultare" [1 Pt 4, 13].

La nostra sofferenza, o fisica o psicologia o spirituale, è la partecipazione alle sofferenze di Cristo. Essa, dunque, non ci imprigiona dentro noi stessi, ma nella fede ci introduce dentro alle sofferenze di Cristo.

Nella professione di fede fra poco noi diremo "fu crocefisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto". Cristo ha sofferto "per noi"; perché noi fossimo liberati dai nostri peccati e formassimo con Lui un solo corpo, la sua Chiesa.

Il cristiano nella sua sofferenza partecipa alle sofferenze di Cristo e quindi colla sua sofferenza contribuisce all’edificazione della Chiesa. Pensate, cari fedeli. Noi vediamo spesso l’esterno dell’edificazione delle nostre comunità, ma una delle forze più costruttive della Chiesa è la sofferenza di tanti nostri fratelli e sorelle in Cristo, che noi non conosciamo tante volte neppure.

Non conformiamoci alla mentalità di questo mondo, esaltando solo chi è in vista, chi è in alto. Ci sono persone che nessuno prende in considerazione, magari avanti negli anni, forse anche con gravi problemi di salute. Per noi non hanno un gran peso, ma ne hanno uno molto grande davanti a Dio. Sono il cuore della Chiesa; sono le sue radici, perché partecipano alle sofferenze di Cristo.

Proviamo ora a riascoltare le parole dell’Apostolo, e vi saranno più chiare. "Completo nella mia carne ciò che manca ai patimenti di Cristo": vedete, nella nostra sofferenza è presente la sofferenza di Cristo. In vista di che cosa? "a favore del suo corpo che è la Chiesa". La sofferenza non è priva di senso, come non lo fu la sofferenza di Cristo.

2. "Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Cleofa, e Maria Maddalena". Ciò che l’apostolo Paolo ci ha detto sulla sofferenza di ciascuno di noi è vero in modo singolare della Madre di Gesù ai piedi della Croce.

Sentite che cosa ci insegna il Concilio Vaticano II. "Soffrendo profondamente col suo Unigenito e associandosi con animo materno al sacrificio di lui, amorosamente consenziente all’immolazione della vittima da lei generata, Ella restò unita fedelmente al suo Figlio" [Cost. dogm. Lumen gentium 58; EV1/432].

La sofferenza di Maria ai piedi della croce, di cui oggi facciamo solenne memoria, è il consenso che Ella dà, nel suo cuore materno, alla morte del suo unigenito. Di nessuno si può dire come di Maria ai piedi della croce, che ha partecipato colla sua sofferenza alla sofferenza di Gesù.

"Gesù, allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse a sua madre: donna, ecco tuo figlio. Poi disse al discepolo: ecco la tua madre". Come l’apostolo ci ha appena insegnato, la nostra sofferenza è costruttiva della Chiesa. La sofferenza di Maria la costituisce – come avete sentito – madre di ogni discepolo nell’ordine della grazia. E si comporta in grado eminente, in tale ordine, come ogni madre si comporta col proprio figlio.

Ella si prende cura di ciascuno di noi, che siamo pellegrini verso la patria celeste, ed in mezzo a difficoltà di ogni genere. Cari fedeli, abbiamo profonda fiducia. Gesù oggi dice a ciascuno di noi: ecco la tua madre.

3. Vorrei terminare con un pensiero che deve suscitare in voi lode profonda alla bontà del nostro Creatore.

Egli nell’opera della creazione e nell’opera della redenzione non aveva bisogno di nessuna cooperazione da parte delle creature. Ma il Signore non è invidioso. Non dice: "vedete come sono grande? Faccio tutto da solo". Egli mostra la sua gloria, diffondendo la sua bontà sulle creature, associandole alla sua opera.

All’opera della creazione. Egli non ci ha fatti esistere senza la cooperazione dei nostri genitori. All’opera della redenzione. Il nostro redentore associa a Sé in modo eminente la sua Madre, ed in grado minore ma reale ogni sofferente. "L’unica mediazione del Redentore non esclude, ma suscita nelle creature una vera cooperazione, che è partecipazione all’unica fonte" [Cost. cit., 62; EV1/437].

Cari fratelli e sorelle, sono giorni tristi quelli che stiamo vivendo. Tuttavia non dobbiamo nutrire pensieri cupi. Cristo ci ha redento. Cristo ci ha donato come madre sua madre stessa. E’ lei il nostro sostegno ed il nostro conforto.