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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


Solennità di S. Clelia Barbieri, patrona dei catechisti dell’Emilia Romagna
Santuario di S. Maria delle Budrie (S. Giovanni in Persiceto), 13 luglio 2011


1. "Mettimi, come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio". Sono le ultime parole, le parole definitive e conclusive che la sposa dice allo sposo. La Chiesa, rispettosa interprete della fede di Clelia, le mette sulle sue labbra: è Clelia che dice a Gesù, "mettimi, come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio".

Non è difficile avvertire in queste parole il richiamo al nucleo centrale dell’esperienza di fede di Clelia e nostra: essa [la fede] istituisce un’alleanza d’amore fra la creatura ed il suo Creatore. Ed in particolare l’immagine del sigillo sul cuore e sul braccio richiama quello che Gesù stesso ha detto essere il primo comandamento della Legge e dei profeti: "Ascolta, Israele, il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze. Questi precetti che oggi ti do ti stiano fissi nel cuore. Te li legherai alla mano come un segno".

L’esperienza della fede coinvolge e commuove le radici stesse del nostro io – del "cuore" preferisce dire la Scrittura – come dimostra l’unico scritto lasciatoci da Clelia. Ella infatti dice: "Signore, aprite il vostro cuore e buttate fuora una quantità di fiamme d’amore e con queste fiamme accendete il mio; fate che io bruci d’amore". Queste parole dimostrano come quanto dice la Scrittura si è realizzato in Clelia. I due, il Signore Gesù e l’umile ragazza de Le Budrie, sono ormai identificati. L’apostolo Paolo scrive: "Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me" [Gal 2, 20]. Clelia, in fondo, non ha avuto bisogno di intermediari pur essendo poco più che analfabeta, come tutte le ragazze del popolo del suo tempo. Certamente, ella si affida sempre al discernimento della Chiesa nella persona del suo parroco. Ma sarà Cristo stesso il suo maestro interiore, la sua guida quotidiana.

2. "Forte come la morte è l’amore … le sue vampe sono vampe di fuoco, una fiamma del Signore". Messo come un bracciale, come un sigillo sul braccio del Signore, il credente diventa partecipe della forza stessa del Signore medesimo.

Cari amici, provate a pensare i due termini anagrafici della vita di Clelia. Ella nasce il 13 febbraio 1847 e muore il 13 luglio 1870. Dunque, 1847-1870: quanto potenti furono gli attacchi contro la Chiesa, il Papa e i Vescovi durante quegli anni! Non penso, in questo momento, ai fatti politici. Penso al fatto che in Italia prese corpo, iniziò quell’attacco sul piano culturale contro la fede del suo popolo; prese corpo il tentativo, tutt’altro che dismesso, di privare il popolo italiano della sua vera carta d’identità, della sua "cifra" di riconoscimento: la fede cattolica.

Clelia era come un sigillo messo sul braccio del suo Sposo Gesù, e divenne potente – lei umile e povera ragazza di queste campagne - della potenza stessa del Signore. Ella trasmise la fede entrando appena quattordicenne nel gruppo dei catechisti. Ella fu depositaria di un grande carisma di educazione, di condivisione della vita del nostro popolo, che ha preso corpo in un istituto religioso e continua ad essere vissuto con esemplare fedeltà dalle sue figlie.

Tutto questo perché "forte come la morte è l’amore". Anzi, in Cristo noi vediamo che è più forte della morte. "Dov’è, o morte, la tua vittoria?" scrive S. Paolo "Siano rese grazie a Dio, che ci dà la vittoria per mezzo del Signore Nostro Gesù Cristo" [1Cor 15, 55.57].

Nei momenti più difficile la Chiesa trova la sua forza nei suoi santi. Anche la Chiesa di Dio in Bologna trovò la sua forza nei suoi santi: Clelia, Ferdinando Maria Baccilieri, Elia Facchini.

Ora comprendiamo a fondo le parole della Scrittura. Esse sono il grido che la Chiesa stessa rivolge al suo sposo, il Cristo: "mettimi, come sigillo sul tuo cuore, come sigillo sul tuo braccio". "Il tuo amore" implora la Chiesa "e la forza del tuo braccio mi faranno superare tutto i tentativi che le porte degli inferi faranno per distruggermi".

E noi, cari amici, che cosa diremo? come potremo fare nostra questa implorazione della Chiesa? Membra come siamo del Corpo di Cristo, ciascuno può dire col Salmo: "Solo in Dio riposa l’anima mia; da Lui la mia speranza; Lui solo è mia rupe e mia salvezza, mia roccia di difesa: non potrò vacillare" [Sal 62 (61), 6-7]. "Non temere, dunque, piccolo gregge: a te al Signore è piaciuto di donare il Regno".