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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


Domenica III di Avvento (Anno B)
San Luca Evangelista (Bologna), 11 dicembre 2011


Cari fratelli e sorelle, la liturgia di oggi è veramente singolare: è la celebrazione della gioia propria del credente. Non c’è dubbio che stiamo attraversando giorni tristi e perfino cupi, coperti dall’oscurità di gravi incertezze sul futuro. Come può la Chiesa far risuonare nel nostro cuore la parola dell’Apostolo: "fratelli, state sempre lieti"? É solo un momento di evasione che ci viene offerto? O comunque solo una parentesi dentro le nostre tribolate faccende feriali? Poniamoci dunque in vero ascolto della parola di Dio.

1. "Io gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio, perché mi ha rivestito delle vesti di salvezza". La gioia a cui oggi siamo invitati nasce da un’esperienza di salvezza, che ha per origine l’amore misericordioso di Dio verso l’uomo. Anche nel cantico della Madonna, che oggi la Chiesa ci fa cantare come risposta alla parola di Dio, si dice la stessa cosa. "Il mio spirito esulta in Dio mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva". Prendere coscienza del fatto che Dio si prende cura di ciascuno di noi, "guarda la povertà dei suoi servi", è la sorgente della vera gioia. Questa non è un’esperienza puramente umana; è, come insegna san Paolo, il frutto della presenza in noi dello Spirito Santo. Egli ci è donato come principio e causa della vera gioia.

Possiamo allora comprendere l’invito che ci ha fatto l’Apostolo: "fratelli, state sempre lieti, pregate incessantemente, in ogni cosa rendete grazie". Anche scrivendo ai cristiani di Filippi, l’Apostolo fa lo stesso invito: "rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi" [Fil 4, 4].

Sant'Agostino notando che l’Apostolo non dice solamente: "rallegratevi", ma aggiunge "nel Signore", si chiede che cosa significa "rallegrarsi nel Signore" e non nel mondo: "rallegratevi cioè nella verità, non nella falsità; rallegratevi nella speranza dell’eternità, non nel bagliore della vanità" [Discorso 171, 5; NBA XXXI/2, 827]. Mentre, continua sempre il santo Dottore, "quale è il gaudio del mondo? Godere dell’ingiustizia, godere di ciò che è turpe, godere di ciò che disonora, di ciò che è infame. Il mondo gode di tutte queste cose" [ibid., 4; 825]. E conclude: "Questi due modi di godere sono assai diversi tra loro, e sono addirittura in contrasto … predomini il rallegrarsi nel Signore finché si spenga il rallegrarsi nel mondo" [ibid. 1; 821].

Avrete poi notato che nella seconda lettura l’Apostolo unisce all’invito di rallegrarsi l’invito di "pregare incessantemente". Cari fratelli e sorelle, la cosa è assai importante.

La proposta cristiana della gioia non è un calmante per i nostri quotidiani dolori, né ancor meno nasce dalla scarsa consapevolezza della durezza del mestiere di vivere.

L’apostolo Pietro scrivendo ad una comunità cristiana, perseguitata e tribolata da ogni genere di prove, dice: "umiliatevi sotto la potente mano di Dio… gettando in Lui ogni vostra preoccupazione, perché egli ha cura di voi" [1Pt 5, 6-7]. La certezza di fede che Dio si prende cura di noi, conferisce alla nostra vita una base così solida, che nessuna tempesta potrà farla crollare nella disperazione. La preghiera di cui parla Paolo è la custode della nostra gioia nel Signore poiché preghiamo gettando in Lui ogni nostra preoccupazione: Egli si prende cura di noi.

Ma - qualcuno potrebbe pensare – come posso credere che Dio si prende cura di me, Lui che è tanto lontano, tanto estraneo a noi uomini, quanto l’immortale dai mortali, il giusto dagli ingiusti, l’onnipotente dai deboli? Essendo Egli immortale, giusto ed onnipotente, si abbassa fino a noi per diventare nostro prossimo ed esserci vicino. È la testimonianza che Giovanni ha reso e continua a rendere: "in mezzo a voi sta uno … al quale non sono degno di sciogliere il legaccio del sandalo". La vera sorgente della nostra gioia è la fede nell’incarnazione di Dio.

2. Cari fratelli e sorelle, la Sacra Visita Pastorale vi aiuti a prendere coscienza del fatto che partecipando alla vita della vostra comunità, voi partecipate alla vita della Chiesa. È nella Chiesa che riceviamo le ragioni della vera gioia: "beato il popolo il cui Dio è il Signore" [Sal 144 (145), 15]. Poiché è in essa, concretamente nella vostra parrocchia, che vi è predicata la fede nel Signore che si prende cura di voi; che vengono celebrati i Sacramenti, mediante i quali voi incontrate realmente l’autore della vostra gioia, il Signore risorto.