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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


Trentaduesima Domenica per Annum (C)
Villa Fontana, 10 novembre 2013


Alcuni giorni orsono avete ricordato nella preghiera i vostri defunti. E nella pietà del popolo cristiano il mese di novembre è dedicato al suffragio per i nostri fratelli e sorelle defunti.

La pagina evangelica appena ascoltata "ci ha dato…una consolazione eterna e una buona speranza", perché in essa Gesù ci rivela quale è la sorte dei nostri morti.

1. Al tempo di Gesù, esisteva a Gerusalemme e in Palestina una corrente di pensiero – oggi diremmo un partito – che sosteneva non esserci nessuna vita dopo la morte; che tutto, ma proprio tutto, finiva colla morte. Si chiamavano Sadducei. Essi chiedono a Gesù che cosa pensa al riguardo.

Per dimostrare come sia assurda, impensabile la convinzione che dopo la morte esista la vita, propongono a Gesù un "caso". Essi in fondo dicono: "vedi, Gesù, come è assurdo pensare che con la morte non finisca tutto? Nel rispetto della legge di Mosè, potrebbe darsi il caso di una donna regolarmente sposata con sette mariti!".

Che cosa risponde Gesù? Ecco, ora dobbiamo fare molta attenzione, perché è il nostro divino Maestro che ci istruisce.

Il primo punto della sua risposta è il seguente: la vita dopo la morte non è il prolungamento della vita terrena, della vita prima della morte. Esiste una radicale diversità fra la vita che viviamo ora e la vita che Dio dona ai suoi eletti dopo la morte. Gesù lo dice nel modo seguente: "i figli di questo mondo prendono moglie e marito, ma quelli che sono giudicati degni dell’altro mondo e della resurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito".

Cari amici, Gesù ci dice una cosa molto importante e ci libera da un grave errore. Sentiamo parlare di "vita eterna" e la pensiamo come un prolungamento senza termine di questa vita. E sinceramente non è una prospettiva affascinante. "L’immortalità" scrive S. Ambrogio "è un peso piuttosto che un vantaggio, se non la illumina la grazia" [In morte del fratello Satiro II, 6].

Il secondo punto della risposta di Gesù riguarda precisamente il nostro modo di vivere dopo la morte. Lo esprime colle seguenti parole: "sono uguali agli angeli ed, essendo figli della risurrezione, sono figli di Dio". Che cosa vuol dirci Gesù? Coloro che muoiono nella grazia di Dio, partecipano della stessa vita di Dio: vivono la stessa vita che Dio vive. In forza di questa intima comunione con Dio, sono strappati per sempre dalla morte. La vita eterna dunque, cari amici, è come un immergersi dentro l’amore e la vita del Padre, dove non esiste più un prima ed un dopo. E’ la pienezza in un istante che resta per sempre.

Da ciò Gesù deduce una conseguenza. Se i grandi Patriarchi del popolo ebreo, Abramo, Isacco, Giacobbe, colla loro morte fossero finiti nel nulla, quando diciamo "Dio di Abramo…", diremmo " Dio dei morti". Gesù, in sostanza, vuole dirci: Dio è più forte della morte, e non permetterà mai che i suoi amici finiscano nel niente.

Cari fratelli e sorelle, lasciamoci penetrare dall’insegnamento di Gesù. Veramente, colle parole dell’Apostolo, vi dico: "lo stesso Signore nostro Gesù Cristo e Dio Padre nostro, che ci ha amati e ci ha dato, per sua grazia una consolazione eterna e una buon speranza, conforti i vostri cuori".

2. Vorrei ora richiamare brevemente la vostra attenzione sulla prima lettura, troppo importante per essere completamente tralasciata.

Come avete sentito si narra il martirio di alcuni giovani che non vollero accettare le imposizioni del re, in quanto contrarie alla loro fede. Abbiamo dunque lo scontro fra un tiranno ed un innocente; fra la prevaricazione di chi ha il potere e la debolezza di chi non ha potere.

Uno di loro dice: "è bello morire a causa degli uomini, per attendere da Dio l’adempimento delle speranze di essere da lui di nuovo resuscitati; ma per te la risurrezione non sarà per la vita".

Cari amici, la parola di Gesù nel Vangelo ci ha assicurato che colla morte entriamo nella vita eterna. Nelle parole del giovane abbiamo la ragione più profonda e convincente di ciò che Gesù ci ha detto.

Esiste la vita dopo la morte perché esiste una giustizia. Chi perseguita e chi è perseguitato, chi uccide e chi è ucciso, chi commette ingiustizia e chi la subisce, non possono finire allo stesso modo. La morte non può essere una spugna che cancella tutto, senza una riparazione che ristabilisca il diritto. Nella storia l’ultima parola non deve averla l’ingiustizia. Esiste un giudizio di Dio, e ci sarà una risurrezione per la vita e una risurrezione per la morte.

Sentite allora come sono belle le parole del Salmo: "sulle tue vie tieni saldi i miei passi… Proteggimi all’ombra delle tue ali, io per la giustizia contemplerò il tuo volto".