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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


Battesimo del Signore
Cattedrale, 10 gennaio 2010


1. L’Anno Liturgico, cari fedeli, che si snoda domenica dopo domenica, è il tempo in cui noi ricordiamo e viviamo tutti i misteri della vita di Gesù, il cui vertice è la sua morte e risurrezione.

Oggi noi ricordiamo l’inizio della missione redentiva del Signore: il suo battesimo nel Giordano. Non è solo, il nostro, il ricordo di un fatto passato. Ma mediante questa celebrazione il battesimo di Gesù diventa sorgente di grazia [sacramentum] per ciascuno di noi oggi. Ed anche esempio da imitare [exemplum]. Mettiamoci dunque in ascolto umile della pagina evangelica.

Ogni religione ha riti cosiddetti di abluzione, che consistono nel lavare con acqua parti del nostro corpo. L’abluzione in un contesto rituale religioso significa il bisogno e la volontà dell’uomo di purificarsi spiritualmente per essere meno indegno di presentarsi a Dio. Giovanni Battista, da cui Gesù riceve il battesimo, chiamava il rito "battesimo di penitenza".

Siamo in grado di capire il primo significato del gesto che Gesù compie. Non per purificare se stesso, Lui che è il Santo, ma ricevendo il battesimo egli mostra di condividere la nostra condizione e liberarci dalla nostra ingiustizia. Colla decisione di farsi battezzare con un battesimo di penitenza, Gesù si autoproclama come Colui che è venuto "per riscattarci da ogni iniquità e formarsi un popolo puro che gli appartenga".

L’evangelista Luca mette quindi in risalto due fatti che avvengono durante il battesimo.

Il primo è narrato nel modo seguente: "il cielo si aprì e scese su di lui lo Spirito Santo in apparenza corporea, come di colomba". Gesù viene abilitato alla sua missione redentiva dal dono della pienezza dello Spirito Santo. Ed infatti poco tempo dopo, Gesù ritornato a Nazareth, dirà di se stesso: "Lo Spirito del Signore è sopra di me, per questo mi ha consacrato con l’unzione, e mi ha mandato" [Lc 4,18].

Il secondo è narrato nel modo seguente: "e vi fu una voce dal cielo: tu sei il mio figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto". "Voce dal cielo" nel linguaggio biblico significa parola e rivelazione di Dio. Essa ci svela la vera identità di Gesù. Gesù è venuto a " riscattarci da ogni iniquità e formarsi un popolo puro" come Figlio amato, scelto ed inviato per un compito unico.

2. Cari fratelli e sorelle, il "popolo puro, zelante nelle opere buone" che Gesù è venuto a formarsi, siamo noi. Ed infatti, ci insegna l’Apostolo, la nostra nascita spirituale e l’ingresso a far parte del "popolo puro" è stato un atto di pura grazia: "mediante un lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito Santo".

Ma questo dono è un compito. Siamo stati giustificati "non in virtù di opere di giustizia da noi compiute", ma non potremmo salvarci senza essere "zelanti nelle opere buone". Per questo i misteri di Gesù sono sacramenti di salvezza e comandamenti di vita.

Un particolare della narrazione evangelica è al riguardo assai istruttivo: tutto accade "mentre Gesù … stava in preghiera". Cari fedeli, non c’è esistenza cristiana senza preghiera, poiché l’agire cristiano ha la sua radice nella preghiera.

3. Cari fratelli e sorelle, durante questa celebrazione alcuni fratelli saranno pubblicamente ammessi al cammino formativo che, se così vorrà il Signore e la sua Chiesa, si concluderà col sacramento del Diaconato.

Come gli altri due ministeri ordinati, anche se in grado minore, il Diaconato partecipa di quella missione messianica di cui Gesù è stato pubblicamente investivo durante il battesimo nel Giordano.

Cari diaconandi, il servizio ecclesiale cui vi preparate non è un incarico datovi dalla comunità, ma è una effusione dello Spirito Santo che vi consacra colla sua potenza. Non sarete eletti dalla comunità, ma da una "voce dal cielo", che risuona nella voce della Chiesa.

La vostra persona, tutto il vostro pensare, desiderare, e sentire sia conformato a Cristo. Vivete in Lui, per prepararvi ad essere i servi del suo popolo.