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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


XXXII DOMENICA PER ANNUM (C)
Montecalvo, 7 novembre 2010


1. Cari fratelli e sorelle, la professione della nostra fede nel grande Credo, che faremo fra poco, termina nel modo seguente: "Credo … la risurrezione della carne e la vita eterna. Amen". Oggi la parola di Dio ci illumina proprio sul contenuto e sul significato di questa professione.

Iniziamo dal Vangelo, dove Gesù affronta esplicitamente il grande tema della risurrezione dei morti, contro una corrente religiosa del suo tempo che la negava, i Sadducei.

Fermiamoci a meditare sul "centro" della risposta di Gesù: "che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando chiama il Signore: Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi, perché tutti vivono per lui".

Quando Mosè parla di Dio chiamandolo in quel modo, Abramo, Isacco e Giacobbe sono già morti da molto tempo. Ma Gesù fa un’aggiunta assai importante: "Dio non è Dio dei morti ma dei vivi". I tre patriarchi, sebbene secondo i criteri umani siano da ritenersi morti, essi invece sono per Dio persone viventi. Dio è colui che fa vivere e nella sua potenza non è vincolato dalla legge della morte, che domina invece incontrastabile la vicenda umana. Chi crede nel vero Dio, deve ammettere la realtà di una vita a cui la morte non pone fine: la realtà di una vita eterna. Chi è stato in un rapporto vero con Dio, "vive per lui" sempre, anche quando secondo le misure umane deve essere annoverato fra i morti.

Il significato pieno delle parole che diciamo nel Credo, cari fratelli e sorelle, potrebbe essere espresso nel modo seguente, quindi. Il Signore Iddio – Colui che vive, la Vita stessa – è la fonte inesauribile dell’esistenza e della vita. Benché a causa del peccato la morte sia entrata nel mondo [cfr. Rom 5,12], il Dio della vita, stringendo la sua Alleanza con uomini [Abramo e i patriarchi, Mosè, Israele] impedisce loro di essere ghermiti dalla morte e sono resi partecipi della stessa vita di Dio: "vivono per Lui".

Tutto questo si compie definitivamente nella morte e risurrezione di Gesù, "poiché se a causa di un uomo venne la morte a causa di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti; e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo" [1Cor 15,21].

È questa dunque la grande prospettiva che oggi la parola di Dio apre davanti a noi. Non ci attende, come destino finale, la morte ed un nulla eterno, ma la Vita eterna. Dio, il nostro Dio che con noi si è alleato in Cristo Gesù, non vuole essere alla fine il Dio dei morti ma dei viventi.

2. Ma la parola di Dio oggi ci dice un’altra cosa, troppo importante per non essere sia pure brevemente meditata.

Avete sentito la prima lettura. Vi si narra del solito tiranno di turno che negando il diritto di libertà religiosa, impone ad alcuni giovani un atto di culto contrario alla loro coscienza.

Essi rifiutano, pagando colla vita il loro rifiuto, richiamandosi precisamente al fatto che Dio risusciterà a vita nuova ed eterna i suoi fedeli.

Cari fedeli, questa parola di Dio dunque ci dice che la prospettiva della futura risurrezione e vita eterna non ci fa guardare solo avanti. Essa ci guida già ora nella nostra vita quotidiana donandoci una libertà interiore che nessun potere di questo mondo potrà distruggere. L’uomo diventa consapevole che il suo destino sporge sopra le fugaci vicende della storia umana.

3. Il Signore ha voluto dirvi questa Parola in occasione della Sacra Visita pastorale.

In fondo il Vescovo è venuto in mezzo a voi per confermarvi nella beata speranza che Gesù risorgendo dai morti, ci ha aperto il passaggio alla vita eterna. Per assicurarvi che "Dio vi ha amati e vi ha dato, per mezzo di Gesù, una consolazione eterna".

Rimanete saldi in questa speranza, per vivere la vostra vita quotidiana secondo la parola di Dio e l’insegnamento della Chiesa.

Ed "il Signore diriga i vostri cuori nell’amore di Dio e nella pazienza di Cristo".