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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


Ordinazione di otto diaconi permanenti
Cattedrale di S. Pietro, 7 febbraio 2010


1. Come abbiamo sentito nel Vangelo appena proclamato, "la folla gli faceva ressa intorno per ascoltare la parola di Dio". Ma in mezzo a questa folla anonima, Gesù sceglie alcune persone perché condividano con Lui la sua missione: "d’ora in poi sarai pescatore di uomini", dice a Pietro.

Cari fratelli e sorelle, la Parola di Dio oggi ci chiede di meditare su questo grande mistero: alcuni sono chiamati a partecipare alla stessa missione di Gesù.

Se prendiamo in considerazione il contesto in cui avviene questa chiamata, comprendiamo come essa sia prima di tutto un evento di grazia.

La chiamata avviene all’interno di una pesca miracolosa. Pietro ed i suoi compagni di lavoro dicono: "Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla". Tutta l’abilità umana era stata messa in atto, ma inutilmente. È sulla "parola del Signore" che Pietro ed i suoi amici possono lavorare, pescare, con frutto.

La base su cui viene costruita la relazione fra Gesù e l’apostolo è il riconoscimento della propria indegnità: "Signore, allontanati da me che sono un peccatore". Ma nello stesso tempo, il riconoscimento della propria miseria è accompagnato dalla fiducia piena nella Parola del Signore: "sulla tua parola getterò le reti".

La eco più nitida di questa pagina evangelica è S. Paolo che, come abbiamo sentito nella seconda lettura, parla del suo apostolato nel modo seguente. "Non sono degno" dice "neppure di essere chiamato apostolo": ecco l’umile confessione della propria indegnità. Però aggiunge subito: "per grazia di Dio però sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana": ecco l’atto di fiducia piena nella chiamata del Signore.

A quale missione sono chiamati gli apostoli? È detto da Gesù con una metafora un po’ strana: "sarai pescatore di uomini". Ma la pesca non toglie il pesce dal suo ambiente vitale? Non è, da questo punto di vista, un’attività che causa morte?

Cari fratelli e sorelle, ciò da cui l’apostolo deve tirar fuori l’uomo, è l’ambiente mortifero del mondo, il mare salato dell’egoismo e dell’errore. L’apostolo fa passare l’uomo dalla morte alla vita.

Possiamo infine anche chiederci per quale ragione il Signore ha voluto condividere con altri la sua missione.

In primo luogo, è una legge generale del governo provvidenziale divino di associarsi la libera attività dell’uomo. Dio non dimostra la pienezza della sua potenza "facendo tutto da solo", ma, al contrario, "facendosi aiutare dall’uomo": chiamando questi a partecipare in molti modi alla sua divina attività.

Ma nel caso dell’apostolo c’è una ragione ancora più profonda. Gesù non ci salva mediante la sua dottrina, ma la sua presenza stessa: è Lui la via, la verità, la vita. La presenza di Gesù in mezzo alla sua Chiesa è assicurata in vari modi. Uno, e fondamentale, è mediante la persona dell’apostolo. Anche mediante il suo apostolo Gesù continua ad essere presente. Chi ascolta l’apostolo, ascolta Cristo: chi disprezza l’apostolo, disprezza Cristo.

2. Cari fratelli e sorelle, quanto la narrazione evangelica ci ha appena detto, diventa ora evento: fatto che accade sotto i vostri occhi.

Mediante la mia voce, sarà Cristo stesso che chiamerà questi otto battezzati a partecipare alla sua missione di salvezza, nel grado e nella forma propri del Diaconato.

Siano in questi otto fratelli gli stessi sentimenti di Pietro: l’umile riconoscimento della propria miseria; la fiducia piena nella grazia del Signore; l’indefessa attività apostolica.

Cari diaconi, con l’apostolo Paolo vi dico: "il nostro Dio vi renda degni della sua chiamata e porti a compimento, con la sua potenza, ogni vostra volontà di bene e l’opera della vostra fede" [2Ts 1,12-14]. Così sia.