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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


GIOVEDI’ SANTO 1997
MESSA "IN COENA DOMINI"
27 marzo 1997

 Fratelli e sorelle: è questa una sera di incomparabile grandezza. Con essa noi diamo inizio al santo triduo della passione e risurrezione del Signore. Esso costituisce il momento più intenso nello scorrere dei nostri giorni, poiché l’opera della nostra salvezza accade in essi. Ognuno di questi tre giorni ha una sua propria fisionomia: questa sera pone il loro inizio con la memoria dell’istituzione dell’Eucarestia.

1. “Il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane...”. Così l’apostolo Paolo, fedele ad una tradizione ricevuta dal Signore stesso, racconta che cosa è successo in quella sera di cui questa è il ricordo. Prima “di passare da questo mondo al Padre”, celebrando la cena pasquale, Gesù istituisce l’Eucarestia: consegna definitivamente ai suoi discepoli il suo corpo offerto, il suo sangue effuso. Lo consegna perché se ne nutrano, suggellando così la nuova ed eterna Alleanza.
 Quale è il senso di questa decisione, il significato di questa istituzione? Esso ci è svelato questa sera in due modi: attraverso la sua prefigurazione profetica dell’agnello di cui parla la prima lettura; attraverso la sua raffigurazione simbolica della lavanda dei piedi di cui parla il Vangelo. Ma prima dobbiamo fermarci ancora a meditare profondamente le parole dell’Apostolo, poiché esse ci dicono che cosa è l’Eucarestia.
 Gesù nell’ultima cena istituisce il “sacramento” del suo sacrificio pasquale, mettendo a disposizione di ogni uomo, tramite il ministero apostolico, il suo Corpo offerto in sacrifico ed il suo Sangue sparso. E così, mediante questo santo sacramento, Gesù ci rende misteriosamente ma realmente partecipi della sua morte redentrice, cioè dell’infinito amore che in essa si è per sempre realizzato, per introdurci nella sua stessa vita divina. L’Eucarestia, quindi, non si riduce ad essere un semplice ricordo o una preghiera fatta per ricuperare nella nostra memoria un avvenimento insuperabilmente racchiuso nel suo passato. Al contrario. In virtù della potenza trasformante dello Spirito Santo, il pane ed il vino, presentati sull’altare, diventano realmente, veramente, sostanzialmente, il Corpo ed il Sangue del Signore. E’ così data a chi crede, la possibilità di nutrirsi della stessa umanità del Signore. Nell’Eucarestia tu mangi - per così dire - la sua stessa morte, nel senso che essa si inscrive nelle profondità stesse della tua esistenza: ne diventi veramente partecipe. Ecco che cosa è l’Eucarestia: E’ Cristo stesso che, attraverso il ministero del sacerdote, ti consegna il suo proprio Corpo da mangiare ed il suo proprio Sangue da bere, per renderti partecipe di quell’avvenimento di salvezza definitivo che è la sua morte gloriosa. “E’ con somma certezza di fede, quindi, che partecipiamo al Corpo e al Sangue di Cristo. Sotto le specie del pane ti è dato il suo corpo e sotto le specie del vino ti è dato il suo sangue, perché partecipando al corpo e al sangue di Cristo tu diventi un solo corpo e un solo sangue con Lui. Noi diventiamo portatori del Cristo. Mentre il suo corpo e il suo sangue si espandono per le nostre membra, diveniamo quel che dice S. Pietro, partecipi della natura divina” (S. Cirillo di Gerusalemme, Le catechesi, XXII, ed. Città Nuova, Roma 1993, pag. 456).

2.  “Preso un po’ del suo sangue, lo porrete sui due stipiti”. La lettura profetica che ci parla dell’immolazione dell’agnello fatta dai figli di Israele, ci svela già il significato del mistero eucaristico. “In quella notte io passerò...”. Dunque, il sangue dell’agnello messo sulla  loro casa, libera i figli di Israele dalla devastazione, e dopo quella notte essi potranno lasciare l’Egitto della loro schiavitù. Tutto questo è stato scritto per la nostra fede e la nostra santificazione.
 E’ il sacrificio di Cristo sulla Croce che ci redime; è il suo sangue che ci libera: in quel sacrificio giunge a conclusione il disegno misericordioso del Padre.
 L’Eucarestia è stata istituita perché ciascuno di noi potesse prendere parte a quel sacrificio. Il sangue dell’agnello posto sugli stipiti delle porte impediva la distruzione di chi era dentro la casa. Quando le tue labbra sono bagnate dal sangue di Cristo, tu sei salvo.

3. Ma il gesto simbolico compiuto dal Cristo e narrato dal Vangelo, la lavanda dei piedi, ci dice quale è stata l’intenzione più profonda che ha mosso il Cristo ad istituire l’Eucarestia. Attraverso essa, ogni credente assume, partecipa allo stesso atto di amore che ha spinto Cristo a donare la sua vita. “Vi ho dato l’esempio...”. Non si tratta solo dell’imitazione di un modello a noi estraneo; non si tratta in primo luogo di un impegno morale nostro. Sedendo alla mensa del Signore, il credente assimila la carità di Cristo, che si è consegnato a tutti gli uomini, svuotandosi di sé” (Fil 2,7), e in essa attinge quella grazia che lo rende capace di amare come Cristo ha amato. Ed in questo l’Eucarestia raggiunge lo scopo ultimo per cui è stata voluta: farci dimorare e vivere sempre in quella carità che spinse il Cristo a lavare i piedi ai suoi discepoli, cioè a dare la vita per noi. Quando accade questo, l’Eucarestia è perfettamente riuscita.
 Ecco, fratelli e sorelle: questa sera noi celebriamo l’istituzione mirabile di questo sacramento. Esso dunque “ha un triplice significato. Uno rispetto al passato, in quanto è memoria della passione del Signore, che fu vero sacrificio; ... un secondo significato riguarda il presente, cioè la carità ecclesiale in cui tutti gli uomini sono inseriti in virtù di questo sacramento; ... un terzo significato riguarda il futuro: esso prefigura la fruizione di Dio, che avverrà in patria” (S. Tommaso, 3,q.73,4c).