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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


SACRA FAMIGLIA
26 dicembre 1999

1. "Il Signore visitò Sara, come aveva detto, e fece a Sara come aveva promesso. Sara concepì e partorì ad Abramo un figlio nella vecchiaia, nel tempo che Dio aveva fissato". Nella luce del Verbo che si fa uomo e viene ad abitare in mezzo a noi, siamo oggi invitati a meditare sulla famiglia. Esiste infatti uno stretto legame fra il mistero della nascita del Verbo-Dio nella nostra natura umana e la famiglia. Egli infatti è entrato a far parte della nostra umanità nel modo comune a noi tutti: attraverso e dentro ad una famiglia. Se, con la sua incarnazione Cristo svela pienamente all’uomo la verità sull’uomo, lo fa a cominciare dallo svelare la verità della famiglia. Questa rivelazione è dunque una dimensione essenziale del mistero natalizio.

E quale è la verità della famiglia? Quale è il suo intimo valore? Rileggiamo attentamente la prima e la seconda lettura: esse si riferiscono allo stesso fatto, carico di grandi misteri. Parlano di due sposi, Abramo e Sara, che non hanno potuto avere figli ed ora, data l’età avanzata, avevano perduto ogni speranza. Essi ricevono una promessa: nonostante la loro età tarda, avranno un figlio. Abramo "credette al Signore, che glielo accreditò come giustizia"; "per fede anche Sara, sebbene fuori dell’età, ricevette la possibilità di diventare madre, perché ritenne fedele colui che glielo aveva promesso".

Siamo portati all’origine stessa della famiglia, al momento in cui essa si costituisce: nel momento in cui nella e dalla comunione di amore che unisce gli sposi, viene concepita una nuova persona umana, prima attesa per nove mesi e poi "manifestata" ai genitori, ai fratelli e sorelle, al mondo intero. E’ in questo modo, mediante cioè l’inserimento di un nuovo "tu" umano dentro al "noi" degli sposi, che la comunità coniugale diventa comunità familiare: lo sposo diventa padre, la sposa diventa madre, i coniugi diventano genitori.

Come deve essere pensata questa intima trasformazione della comunità coniugale nella comunità famigliare? Quale è la sua verità? Abramo e Sara sono incapaci di generare un figlio; diventano padre e madre per pura grazia di Dio: il figlio è un puro dono che viene fatto loro. E’ questo vero solo di Abramo e Sara oppure di ogni sposo e sposa? Ogni figlio è un puro dono che viene fatto da Dio creatore? Carissimi fratelli e sorelle, qui entriamo nel "grande mistero" dell’amore coniugale, in ciò che ne misura la dignità e la preziosità.

La venuta al mondo di ogni nuova persona umana si radica certo nei processi biologici della fertilità umana, ed è risultato di essa. Ma questo non spiega ultimamente la venuta all’esistenza di una nuova persona umana. Nel concepimento di ogni persona umana è implicata l’attività creatrice di Dio. La genesi dell’uomo non è il risultato soltanto di processi biologici, ma è il termine diretto ed immediato della volontà creatrice di Dio. Dio ha voluto "fin dal principio" l’uomo, e Dio lo vuole in ogni concepimento umano. Lo vuole come un essere fatto "a sua immagine e somiglianza", lo vuole cioè come persona, e quindi lo vuole per se stesso e non in vista di qualcosa d’altro. Gli sposi, davanti alla nuova persona umana, hanno o dovrebbero avere piena consapevolezza di essere stati, come Sara, "visitati dal Signore": piena consapevolezza che Dio ha voluto quest’uomo "per se stesso". La S. Scrittura ha custodito la memoria delle parole dette dalla prima donna quando si rese conto per la prima volta di essere incinta: "ho acquistato un uomo dal Signore" (Gen. 4,1), disse. Il figlio, ogni figlio, è un dono fatto da Dio creatore. "Il processo del concepimento e dello sviluppo nel grembo materno, del parto, della nascita serve a creare quasi uno spazio adatto perché la nuova creatura possa manifestarsi come "dono" … Potrebbe forse qualificarsi diversamente questo essere fragile ed indifeso, in tutto dipendente dai suoi genitori e completamente affidato a loro? Il neonato si dona ai genitori per il fatto stesso di venire all’esistenza. Il suo esistere è già un dono, il primo dono del Creatore alla creatura" [Giovanni Paolo II, Lettera alle famiglie 11,3].

2. La verità che oggi la parola di Dio ci rivela, a riguardo della venuta all’esistenza di una nuova persona umana, ci libera da due errori che oggi insidiano la famiglia nel suo momento originario. Due errori riguardanti l’attitudine degli sposi verso il concepimento del figlio.

Se il figlio è un dono, il fatto che dall’intima unione dei due sposi possa essere concepita una nuova vita, non deve essere e non può mai essere ritenuto uno "spiacevole inconveniente" da cui liberarsi attraverso la contraccezione o perfino la sterilizzazione. La potenzialità procreativa costituisce, al contrario, un bene che comporta una particolare responsabilità dell’uomo e della donna: la responsabilità procreativa, che deve divenire effettiva, quando non ci siano ragioni proporzionatamente gravi ed impedirlo.

Se, ancora, il figlio è un dono, nessuno possiede il diritto ad avere un figlio, a qualunque costo ed in qualunque modo. Si ha diritto ad avere "qualcosa", mai ad avere "qualcuno". "Un figlio non può essere una sorta di peluche che riempie i vuoti affettivi, che scavalca fittiziamente i limiti imposti dalla natura, che spezza solitudini senza prospettive di soluzione. L’arbitrio sulla vita altrui è nemico della democrazia e della libertà" (B. Fasani). E’ questa la ragione profonda per cui il ricorso alla fecondazione in vitro, in qualunque forma avvenga, è gravemente lesiva della dignità dell’uomo.

Carissimi fratelli e sorelle: il recupero della consapevolezza della verità circa la nascita di nuove persone, dettaci oggi dalla parola di Dio, è particolarmente necessaria alla nostra città. La Santa Famiglia di Nazareth, icona e modello di ogni famiglia umana, aiuti ogni famiglia a camminare nel suo spirito. Aiuti gli sposi e i genitori ad approfondire ed a vivere la verità del loro amore: Maria, madre del bell’amore, Giuseppe, il custode del Redentore, li accompagnino sempre nel compimento della loro sublime missione. E che ogni bambino sia sempre accolto, fon dal momento del suo concepimento, dagli sposi della nostra città come un dono.