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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


MEMORIA DI B. ESCRIVÁ DE BALAGUER
Bologna 26 giugno 1997

 I santi sono il “quinto vangelo”: essi colla loro vita danno la giusta interpretazione dei primi quattro. Se uno spartito musicale non viene eseguito ma è lasciato solo agli studi dei musicologi, esso non raggiungerà mai lo scopo per cui il compositore lo ha scritto, e non potremmo mai gustarne la bellezza. Fino a quando la Scrittura composta dallo Spirito Santo non viene “eseguita”, non ne goderemo mai l’intima bellezza, poiché essa non raggiunge lo scopo per cui fu scritta. L’esecuzione è la vita dei santi.
 Tutto ciò è vero di ogni santo. Ma lo è in modo particolare di quei santi ai quali fu donato, come al beato Escrivà, un “carisma fondazionale”. Questi, infatti, sono investiti dallo Spirito di una missione di profondo rinnovamento della Chiesa. Ed il rinnovamento della Chiesa, non è in primo luogo un fatto istituzionale. E’ un avvenimento che accade nel cuore della Chiesa, poiché il santo-fondatore la richiama alla Sua origine stessa, la risposta di fede al suo Evento fondatore. Diversi certo sono i “richiami al fondamento”: Francesco non è Ignazio, Benedetto non è Giovanni Bosco. Ma ad ognuno di loro è stato concesso la grazia di riportarci nel centro.
 Quale è stato il “carisma fondazionale” del B. Escrivà, quel carisma per il quale oggi la Chiesa ringrazia la Trinità Santa, e che ormai fa parte del suo tesoro di grazia? La Parola di Dio ce lo rivela chiaramente.

1. “Quelli che egli da sempre ha conosciuto li ha anche predestinati ad essere conformi all’immagine del Figlio suo”. Queste parole dell’apostolo ci svelano ciò che sta all’origine di ogni esistenza umana: la decisione del Padre di renderci “conformi all’immagine del Figlio suo”. Ciascuno di noi è stato creato in vista della sua partecipazione alla vita stessa del Padre, nel Figlio. E’ questa la definizione stessa della santità cristiana, in forza della quale Paolo
si rivolgeva ai cristiani chiamandoli semplicemente “i santi”. La chiamata dunque alla santità, intesa nel modo con cui la Parola di Dio l’intende, cioè come partecipazione alla stessa vita trinitaria, non si aggiunge alla nostra chiamata all’esistenza. Siamo chiamati alla santità per il puro e semplice fatto che siamo chiamati all’esistenza, dal momento che non esiste uomo che non sia stato predestinato ad essere conforme all’immagine del Figlio. Questa riscoperta dell’universale chiamata alla santità, è stato il grande dono che lo Spirito Santo ha fatto alla Chiesa suscitando in essa il b. José Maria. Egli ha così riportato la Chiesa al suo essere più profondo.
 Come accade sempre ai santi fondatori, anche il b. José Maria ci ha educati a guardare tutto l’essere con “occhi semplici”: quello sguardo semplice di cui oggi nella Chiesa sentiamo tanto il bisogno. L’avere riscoperto l’universale chiamata alla santità ci aiuta infatti a superare contrapposizioni che spezzano l’unità della vita, finendo col distruggerla, dal momento che l’essere è uno.
 Non si può più allora contrapporre umanesimo e cristianesimo, poiché la pienezza dell’umano è la santità cristiana, e solo il santo è l’uomo pienamente realizzato.
 Non si può più allora legare la santità cristiana ad un particolare stato di vita, e quindi la distinzione fra essi (stati di vita) è solo la forma che assume l’identica vocazione di tutti.
 Non si può più allora separare la vita quotidiana dalla vita cristiana: il tuo lavoro di ogni giorno è la tua santificazione. Ben pochi, credo, nella Tradizione della Chiesa hanno capito così profondamente come il b. José Maria la pagina genesiaca in cui viene affidato all’uomo il compito di lavorare.
 La distinzione stessa gerarchica, voluta da Cristo e fondata sul sacramento dell’ordine, non separa chierici e laici, ponendo i primi in un posizione “privilegiata”. Essa è “funzionale” alla chiamata universale di tutti i fedeli alla santità: i ministri di Cristo sono al servizio dei loro fratelli perché questi possano essere conformi all’immagine del Figlio. I sacerdoti esistono per “prendersi cura” della  suprema dignità dei fedeli: divenire figli nel Figlio.

2. “Prendi il largo e calate le reti per la pesca”. Prendi il largo! Questa parola di Cristo sembra risuonare con particolare forza nel nostro cuore, quando veneriamo il b. José Maria. Prendi il largo: finisca il vacuo chiacchierare che tanto tempo oggi fa perdere alla Chiesa; finisca il continuo progettare che solo dall’illuso può essere scambiato per vitalità; diminuisca il burocraticismo ecclesiastico che ci allontana sempre più dall’essenziale; finisca il clericalismo che tende a ridurre i laici ad essere “servi” delle varie sagrestie. “Prendi il largo e calate le reti perla pesca”: questo ci ha insegnato il b. Escrivà. L’essere semplicemente nella quotidiana fatica del vivere umano come “dei predestinati ad essere conformi all’immagine del Figlio suo”. Cioè: come dei santi. Il resto è nulla!