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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


MEMORIA DEI MARTIRI
Cattedrale 24 marzo 2000

La memoria dei martiri deve accompagnare il nostro cammino giubilare. Inondati infatti dalla grazia giubilare, "potremo" dice il S. Padre "con maggior forza innalzare l’inno di ringraziamento al Padre e cantare: Te martyrum candidatus laudat exercitus … per questo la Chiesa in ogni parte della terra dovrà restare ancorata alla loro testimonianza e difendere gelosamente la loro memoria" [Incarnationis mysterium 13,3].

Perché la Chiesa deve "restare ancorata" alla testimonianza dei martiri, soprattutto dei martiri missionari, di cui questa sera vogliamo fare speciale memoria? La parola di Dio, appena annunciata, ci dona la risposta.

1. La parabola evangelica dei vignaioli infedeli narra la vicenda di Gesù e preannuncia il suo sacrifico sulla Croce. La Chiesa è nata da quel sacrificio e rimane in primo luogo ancorata ad esso facendone continua memoria nella celebrazione eucaristica. E’ partecipando all’Eucarestia che ogni battezzato viene introdotto nella Chiesa al "martirio di Cristo" in modo perfetto.

Nella tradizione cristiana troviamo infatti due affermazioni che a prima vista sembrano contrarie. Da una parte, come ha insegnato anche il Vaticano II, è la celebrazione dell’Eucarestia il "culmine" di tutta la vita cristiana [Cost. Sacrosanctum Concilium 10,1], dall’altra si afferma però che solo nel martirio il cristiano raggiunge la sua perfezione: "lasciate che io raggiunga la pura luce, giunto là, sarò veramente uomo", dice S. Ignazio di Antiochia [ad Romanos VI, 3].

In realtà, fra le due affermazioni esiste un’armonia profonda. Solo chi riesce a cogliere quest’armonia resta veramente ancorato, con tutta la Chiesa, alla testimonianza dei martiri.

Cristo ha redento l’uomo con la sua passione, morte e risurrezione. Col battesimo la persona umana entra nel martirio di Cristo: nella sua morte e risurrezione. La Croce di Cristo diventa sua e tutti i suoi peccati sono rimessi. La morte di Cristo entra nella vita dell’uomo e la salva: "O non sapete" scrive S. Paolo " che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte?" (Rom 6,3). Questa partecipazione al Corpo offerto ed al Sangue effuso di Cristo raggiunge sul piano reale-sacramentale la sua perfezione nell’Eucarestia. Ma questa stessa partecipazione deve informare e orientare tutta la vita del cristiano: da sacramentale deve divenire esistenziale. Quest’esigenza, che riguarda tutti i cristiani, raggiunge la sua perfezione nel martire: i martiri sono la perfetta manifestazione di ciò che accade quando celebriamo l’Eucarestia e di essa ne sono il frutto più prezioso.

E’ una verità essenziale della nostra fede che le opere del cristiano non si aggiungono in nessun modo a quelle di Cristo ed il loro merito davanti al Padre non è altro che quello della morte di Cristo. Ma le opere del cristiano valorizzano davanti al Padre chi le compie, dal momento che è nella libertà dei suoi martiri (e di ogni fedele) che continua il dono di Cristo sulla Croce: "preziosa agli occhi del Signore è la morte dei suoi fedeli". La Chiesa resta sempre ancorata alla celebrazione dell’Eucarestia rimanendo sempre ancorata alla memoria dei suoi martiri e reciprocamente celebrando i suoi martiri altro non fa che celebrare l’Eucarestia. La sintesi di questo "ancoraggio" della Chiesa nell’Eucarestia e nella testimonianza dei martiri è espressa stupendamente da S. Agostino: "tutta la città redenta … viene offerta a Dio come sacrificio universale per la mediazione del sacerdote grande che nella passione offrì anche se stesso … perché fossimo il corpo di un capo così grande … La Chiesa celebra questo mistero col sacramento dell’altare …perché in esso le si riveli che nella cosa che offre, essa stessa è offerta" [La Città di Dio X,6; NBA V/1, pag. 697].

2. Ma questa sera noi vogliamo celebrare i martiri missionari: coloro cioè che diedero la vita e furono uccisi a causa della predicazione del Vangelo "alle genti". Questa caratteristica di un martirio ci aiuta a prendere coscienza di una particolare dimensione del martirio cristiano. Ad essa ci introduce la prima lettura.

Un figlio di Israele, innocente, viene venduto dai suoi fratelli a causa della "unicità dell’elezione" di cui era fatto oggetto da parte del padre, per invidia. E viene gettato in Egitto. Ma proprio a causa della sua fedeltà, egli diviene salvatore non solo dei suoi fratelli, ma di tutto l’Egitto. Come non vedere prefigurata profeticamente la vicenda messianica di Gesù ed in Lui di ogni martire missionario?

Questi nel suo sacrifico diviene "seme di cristiani", porta cioè la salvezza a coloro che lo avevano ucciso: la più alta fecondità la Chiesa la trova nel sacrifico dei suoi martiri, poiché – come ho già detto – è in essi che la Chiesa è massimamente congiunta al suo Sposo.

Prima di iniziare la grande preghiera eucaristica, pregheremo nel modo seguente: "la tua misericordia, o Dio ci prepari a celebrare i santi misteri e a viverli con la fede e con le opere". Ecco l’intero della vita cristiana: celebrazione sacramentale ed esistenziale dei santi misteri, della morte e risurrezione di Cristo. Questa che è la misura intera della vita cristiana, risplende in modo unico nei martiri.