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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE
Santuario del Crocefisso
14 settembre 2001

1. "Chiunque, dopo essere stato morso, lo guarderà, resterà in vita". Le celebrazione dei divini Mistero che stiamo compiendo, è risposta umile e docile a questo invito che già il Signore aveva rivolto a Mosè: chiunque guarderà, resterà in vita. Ma all’uomo lasciato alle sue sole forze spirituali è impossibile riuscire a tenete davanti agli occhi, e tanto meno a comprendere l’insondabile abisso della Croce di Cristo: lasciamoci dunque guidare dalla parola di Dio.

Ascoltando l’Apostolo Paolo nella seconda lettura e le parole di Gesù a Nicodemo nel Vangelo, noi vediamo che la Croce, la morte di Cristo sulla Croce, è il punto centrale, il punto d’incrocio dei due movimenti fondamentali che narrano la vicenda umano-divina del Verbo eterno del Padre.

Egli è il Verbo unigenito che vive nel seno del Padre [Gv 1,14]; colui che vive eternamente nell’uguaglianza con Dio essendo di natura divina. Da questa condizione egli discende "per noi uomini e per la nostra salvezza", non considerando la sua uguaglianza con Dio un tesoro da conservare gelosamente. Paolo e Giovanni narrano questo mistero insondabile della discesa divina. Giovanni: il Verbo discende per compiere la volontà del Padre (6,38); per essere il Pane della vita anche per l’uomo (6,33), in primo luogo col dono della sua Luce che conduce alla salvezza. Paolo: il Verbo discende dentro alla nostra condizione umana, fino al fondo, cioè fino a morire.

Ma è proprio nel momento, nell’avvenimento della Croce, della sua morte dulla Croce che il Verbo incarnato viene esaltato, ascende al cielo. "Per questo" ci ha appena detto S. Paolo "Dio lo ha esaltato e gli ha dato un nome che è al di sopra di ogni altro nome". Ed il Vangelo: "come Mosè innalzò … così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo".

Il centro della narrazione che avete ascoltato nella prima lettura è il legno e la contemplazione del legno. Il legno issato, esaltato, posto in alto così che sia visibile da tutti. Allo stesso modo, secondo il Disegno divino, il Figlio dell’uomo "bisogna che sia innalzato": il che avviene sul legno medicinale della Croce, in alto sopra l’immane sofferenza degli uomini, sopra la loro malattia mortale. Più tardi, il Signore dirà: "quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora saprete che io sono" [Gv 8,28]. Cioè: è proprio sulla Croce che il Verbo incarnato è innalzato, manifesta la sua Gloria. In questo Dio ha manifestato la sua Gloria: assumendosi come propria ogni miseria umana per liberare interamente l’uomo. La Gloria di Dio è nel suo amore verso l’uomo.

L’esaltazione del Verbo incarnato sulla Croce ha un fine: "perché chiunque crede in Lui abbia la vita eterna". Il fine è che l’uomo entri in possesso di una vita che sia qualitativamente eterna. La condizione indispensabile per venirne in possesso è credere: aderire con tutta la propria persona a Cristo.

2. "Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in Lui non muoia, ma abbia la vita eterna". Queste parole ci portano al fondo del mistero della Croce che oggi celebriamo. La vita eterna che viene all’uomo mediante la fede in Cristo, viene gratuitamente donata dal Padre. La Croce rivela l’intima natura di Dio; toglie il velo dal suo mistero: il Padre ama questo mondo. Ama questo mondo di peccatori senza speranza; che da solo non può avere che un destino di morte.

Egli lo ha amato fino al punto "da dare il suo Figlio unigenito". Lo ha consegnato alla morte.

E’ un amore che precede ogni merito, ogni corrispondenza umana. Amore che è solo misericordia; che è assoluta gratuità. Uno dei testo più sublimi, di insondabile profondità, è la pagina di S. Paolo: "Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi" [Rom 5,8]. La contemplazione della Croce ci convince che non siamo un frammento di realtà dentro ad un universo governato dal caso: siamo chiamati alla vita vera da un Dio che ci ama perdutamente.

Ed è questa la certezza che fonda la coscienza della nostra dignità e ci libera dalla paura del male. "Vuoi che ti mostri ancora di più, sulla base delle scritture divine, come Dio ha maggior cura della salvezza degli uomini che non il diavolo della loro perdizione? Non sarebbe bastata la diligenza degli angeli contro le insidie dei demoni e contro coloro che trascinano gli uomini a peccare? Proprio l’Unigenito, proprio il Figlio di Dio, dico, assiste; lui difende, lui custodisce, lui ci attrae a sé… E non gli basta di essere con noi, ma in un certo modo ci fa violenza per attirarci alla salvezza; dice infatti in un altro passo: quando sarò esaltato, attirerò tutti a me" [Origene, Omelie sui Numeri XX,3; CN ed., Roma 1988, pag. 288].

Il Crocefisso che oggi rideponiamo nella sua Chiesa restituito alla sua originaria bellezza, sia il "punto" su cui la nostra città diriga i suoi sguardi: perché non muoia, ma viva in Cristo.