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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


XIV DOMENICA PER ANNUM
Lido di Spina - Lido delle Nazioni - Mottatonda
6 luglio 1997

 La pagina del Vangelo ci introduce oggi nel centro stesso della nostra fede, ci dice che cosa in verità definisce la nostra esistenza. Data l’importanza, prego il Signore che voglia illuminare Lui stesso la vostra mente, attraverso le mie parole.

1. Dunque, di che cosa si parla? Si parla di un incontro fra Gesù e i suoi compaesani: “Gesù andò nella sua patria...”. che cosa succede in questo incontro? nei concittadini di Gesù due cose: stupore in primo luogo. Lo stupore nasce nel cuore dell’uomo, quando ci troviamo di fronte a qualcosa di imprevisto e di inspiegabile: ciò che è già previsto in anticipo non stupisce nessuno; ciò che si riesce a spiegare, a riportare cioè dentro la normalità non stupisce più. “Molti ascoltandolo rimanevano stupiti”. Che cosa sta all’origine di questo stupore? “Donde, gli vengono ...”. Cioè: nella persona di Gesù sono presenti in un modo splendente le due caratteristiche, le due proprietà che appartengono a Dio stesso, la sapienza e i prodigi. Perché questo fatto stupisce? Perché è inspiegabile: la sapienza, il più alto attributo di Dio, come può dimorare in costui, povera carne come noi? E i prodigi di Dio, come possono essere operati dalle sue mani di carpentiere? “Non è costui...”.
 E siamo al “momento” drammatico, decisivo dell’incontro, al momento in cui la libertà dei compaesani di Gesù si trova di fronte a due strade che portano in due direzioni diverse: lo “scandalo” o la “fede”.
 La prima scelta: non è possibile che Dio (la sua sapienza - la sua energia) sia questo uomo, questo povero (un carpentiere) uomo. Non è possibile, perché Dio - come lo pensiamo noi - può essere solo grande, potente: come può essere Dio, questi che noi vediamo non essere né grande né potente.
Ed allora? “E si scandalizzano di lui”. Lo scandalo consiste nel fatto che questi uomini non credono possibile che la sapienza e la potenza di Dio parli e operi nella follia e nell’impotenza di un amore fatto carne, che sposa tutti i nostri limiti, fino alla miseria estrema della morte.
 La seconda scelta: “impose le mani a pochi ammalati e li guarì”. Qualcuno non si scandalizzò, ma credette. Che cosa hanno visto questi pochi ammalati in Gesù? In Lui, in tutto simile a noi, hanno visto che abitava corporalmente tutta la pienezza della divinità. In Gesù hanno visto il punto di arrivo di una lunga storia di amore di un Dio che ha deciso di venire a condividere la nostra stessa natura e condizione umana. Ma era necessario giungere fino a questo? Questo è il mistero della sua follia di amore.

2. Ciò che è successo quella volta (“in quel tempo”) nella sinagoga di Nazareth, si ripete tale e quale ogni volta che una persona umana incontra Gesù Cristo, o - se volete, più semplicemente - si interroga seriamente sulla sua identità.
 Davanti a ciascuno di noi di riaprono le due strade che si aprirono davanti agli abitanti di Nazareth.
 La prima strada è della negazione che questo uomo sia Dio: che egli sia Dio fatto uomo. E’ una negazione che nasce sempre dalla segreta convinzione interiore che Dio ... non può essere così. Cioè: così compartecipe del nostro destino umano, così interessato a ciascuno di noi, da scendere fino a condividere la nostra stessa miseria. E’ lo “scandalo” che nasce da una segreta disperazione: “ma che ho di tanto interessante da essere amato in questo modo da Dio”. E’ lo scandalo che nasce da un profondo disprezzodi se stessi quale oggi si esprime nell’indifferenza: “ma che bisogno ho di essere amato così da Dio, dal momento che non sono che un poco di terra destinato a scomparire per sempre, come non fossi mai esistito”. Certamente si copre questa negazione, esaltando poi la dottrina di Gesù.
 La seconda strada è la fede: Gesù è Dio fatto uomo, “il Verbo si fece carne” la sua “carne” è il centro della fede cristiana: riconoscerla o meno come la carne di Dio, equivale ad essere o non essere cristiani. “Nella sua umanità, in ciò che si fa o dice ... Dio si rivela e si dona definitivamente: in essa tocca ogni uomo” (S. Fausti). Il vero, permanente rischio della nostra fede è quella di minimizzare, trascurare o negare l’umanità di Gesù, che nella sua debolezza e stoltezza crocefissa è salvezza, l’unica salvezza di tutti.

“Non soltanto conosciamo Dio unicamente per mezzo di Gesù Cristo, ma conosciamo noi stessi unicamente per mezzo di Gesù Cristo”. In Gesù, Dio fattosi uomo, l’uomo si scopre così prezioso da essere amato fino alla morte da Dio stesso: chi è capace di stupirsi di fronte a questo, questi è cristiano.