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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


XXVI DOMENICA PER ANNUM (B)
Giubileo dei commercianti
1 ottobre 2000

La parola di Dio proclamata nella seconda lettura ci richiama tutti ad un tema assai importante: quella della produzione, del possesso e dell’uso delle ricchezze.

Il testo biblico è molto accurato perché descrive il presente di chi possiede le ricchezze, il passato in cui le ha acquistate ed il futuro che lo aspetta.

Il presente: "le vostre ricchezze sono imputridite … ". Attraverso queste espressioni, la parola di Dio vuole insegnarci una verità di cui noi tutti siamo difficilmente convinti: la fragilità inconsistente di ogni ricchezza umana. Siamo cioè continuamente insidiati dall’errore di ritenere come realtà definitive realtà passeggere, eterne realtà che durano poco. La parola di Dio ci richiama quindi alla visione giusta delle cose, al rispetto della gerarchia dei valori.

Il passato: "Ecco, il salario da voi defraudato ai lavoratori…". Ci sono tanti modi per produrre ricchezze e/o venirne in possesso. Ma al Signore interessa solo un modo: quello che rispetta la giustizia nei rapporti commerciali cogli altri. C’è un modo giusto ed un modo ingiusto di diventare ricchi: ciascuno sarà giudicato in ordine alle ricchezze che possiede, in base a questo criterio. Non gli sarà chiesto se è stato abile o non, fortunato o non: se è stato giusto. Ed in che cosa consiste la giustizia? Nel rispetto dei diritti di ogni persona con cui l’attività economica-commerciale ci mette in rapporto. Ma consiste anche nell’uso che si fa della ricchezza: "avete gozzovigliato sulla terra…" cioè: nel caso che la ricchezza sia stata ingiustamente acquisita, essa non ci appartiene e nei modi dovuti deve essere riparata l’ingiustizia fatta. Ma anche quando la ricchezza sia stata giustamente acquisita, non possiamo farne uso come se fossimo padroni assoluti. Lo spreco della ricchezza, l’esibizione sfrontata di lusso irrazionale sono peccati contro la giustizia: il nostro superfluo deve essere dato in opere di carità. Il superfluo non è nostro; è dei poveri.

Il futuro: saremo giudicati su tutto questo. "La loro ruggine si leverà a testimonianza…".

Carissimi fratelli e sorelle, avete come patrono S. Francesco. Egli non ha mai consentito ai suoi frati di disprezzare i ricchi. Egli ben sapeva che la Chiesa non ha mai condannato la ricchezza, ma solo la sua ingiusta acquisizione ed uso. Cristo non solo non ha disdegnato la compagnia dei ricchi, ma stava spesso a tavola con loro. Ciò che condannava era l’idolatria della ricchezza, il porre cioè nella ricchezza il fondamento e la ragione della salvezza e del valore della propria vita. Poiché, come ci insegna anche il Vangelo di oggi, l’avere che l’uomo possiede [fossero anche le sue mani, i suoi piedi, i suoi occhi] vale mano che il suo essere. La nostra più grande ricchezza è la nostra umanità in quanto creata in Cristo ad immagine e somiglianza di Dio.